macron zelensky draghi scholz kiev

IL TOCCO DI DRAGHI - NEL VIAGGIO IN TRENO VERSO KIEV HA CONVINTO MACRON E SCHOLZ A DIRE SÌ ALL’INGRESSO DELL’UCRAINA NELL’UNIONE EUROPEA - AI FOTOGRAFI NON E’ SFUGGITA LA STRETTA DI MANO PIÙ INTENSA CHE ZELENSKY HA RISERVATO A DRAGHI NÉ LA COMPLICITÀ CON CUI LO HA ACCOLTO AL PALAZZO MARIINSKIJ E LO HA POSTO AL SUO FIANCO DURANTE LA FOTO DI GRUPPO E POI NELLA SCELTA DEI PODI IN CONFERENZA STAMPA. UN TEMPO CI SAREBBE STATA LA GERMANIA DA UN LATO E LA FRANCIA DALL'ALTRO. ORA SCHOLZ È RELEGATO NELLA PERIFERIA DELLA FIDUCIA DI KIEV. L'ASSE FRANCO-TEDESCO QUI IN UCRAINA NON HA RETTO…

Ilario Lombardo per “la Stampa”

MACRON - DRAGHI - SCHOLZ A KIEV

 

Il grano è il vero banco di prova. Soltanto una via d'uscita per sbloccare i porti del Mar Nero potrebbe misurare le possibilità di un negoziato. Al momento gli ucraini pongono come condizione la propria integrità territoriale. Alle orecchie di Vladimir Putin è come non dire nulla. Per Mario Draghi la strada per avvicinarli è il grano. E si capirà se davvero è percorribile nelle prossime settimane. Ma non potrà essere un Paese da solo, secondo il premier, a offrire certezze sull'esito. Non l'Italia, o la Francia, o la Turchia.

 

IOANNIS - DRAGHI - ZELENSKY - MACRON - SCHOLZ

«Chiaramente dobbiamo muoverci sotto l'egida dell'Onu, in modo che tutte le parti si sentano garantite». Draghi si riferisce ai russi. Vladimir Putin teme che sulle navi possano arrivare le armi. La comunità globale deve rassicurarlo che una volta tolto l'embargo le rotte si riapriranno solo per trasportare il frumento fermo sulle coste minate dell'Ucraina del Sud-ovest. Il premier racconta di una bozza di risoluzione delle Nazioni Unite che era già stata preparata: «Ma la Russia l'ha respinta». Anche in queste ore, rivela, «ci sono incontri dell'Onu a Mosca», che servono a capire a quali condizioni Putin potrebbe dare l'ok.

 

ZELENSKY - DRAGHI - SCHOLZ - MACRON

Durante il vertice a cinque ieri, con il francese Emmanuel Macron, il tedesco Olaf Scholz e il romeno Klaus Iohannis, Volodymyr Zelensky ha spiegato a Draghi che potrebbero servire almeno due settimane per lo sminamento. Il tempo scarseggia. Vanno svuotati i silos ancora carichi, per tenerli pronti quando arriverà il raccolto di settembre. Ma serve un piano più preciso. E una nuova risoluzione dell'Onu su cui lavorare. Il presidente del Consiglio intende parlarne con il segretario generale la prossima settimana, durante il G7 in Germania. «È un modo - aggiunge - anche per riscoprire il ruolo delle Nazioni Unite, che è stato dimenticato nei momenti più cruciali».

 

DRAGHI E MACRON A KIEV

Il dramma di una carestia globale è un rischio concreto che va spazzato via con una dose di diplomazia in più. Ma bisogna anche avere realismo, secondo Draghi. C'è una distanza che è evidente sin nei gesti, nella percezione che Zelensky ha dei tre leader arrivati a Kiev. Ai fotografi non sfugge la stretta di mano più intensa che il presidente ucraino riserva Draghi. La complicità con cui lo accoglie al Palazzo Mariinskij e lo pone al suo fianco durante la foto di gruppo e poi nella scelta dei podi in conferenza stampa. Un tempo ci sarebbe stata la Germania da un lato e la Francia dall'altro.

mario draghi olaf scholz emmanuel macron 2

 

Ora Scholz è relegato nella periferia della fiducia di Kiev. L'asse franco-tedesco qui in Ucraina non ha retto. Draghi lo ha spezzato. Così voleva Zelensky, così - spiegano fonti diplomatiche - chiedevano gli alleati americani. Il governo italiano è stato il più convinto sull'ingresso dell'Ucraina all'Europa. Analizzate con il termometro delle simpatie ucraine, invece Berlino paga l'atteggiamento prudente del cancelliere. E Parigi l'iniziativa troppo individuale di Macron. Meno di dieci giorni fa, lo status di candidato-membro dell'Ue era ancora una parentesi incerta. Troppa impreparata l'Ucraina, per Scholz.

LA STRETTA DI MANO TRA DRAGHI E ZELENSKY

 

Troppo lontana, per il presidente francese, dal suo ambizioso progetto di Comunità politica europea allargata a Kiev ma autonoma rispetto l'Unione. Draghi ha convinto prima Macron a Parigi, poi Scholz durante il vertice a tre improvvisato sul treno partito nella notte dal confine polacco e durato fino alle due del mattino.

 

Adesso, al Consiglio europeo della prossima settimana, Draghi deve finalizzare l'accordo, e blindarlo. Andranno convinti tutti Paesi, senza trascinare il dossier troppo in là, perché si rischierebbe di smarrire lo spirito di Kiev. Al vertice di Bruxelles, il premier, poi, arriverà ancora più convinto dalla necessità di intervenire sul prezzo del gas. Tornerà a insistere sul tetto, ancora di più dopo quelle che definisce «le bugie della Russia» sui motivi dei tagli alle forniture dell'altro ieri e «l'uso politico del gas».

KLAUS IOHANNIS MARIO DRAGHI VOLODYMYR ZELENSKY EMMANUEL MACRON OLAF SCHOLZ

 

Per Draghi è una strategia di pura e semplice ritorsione contro le sanzioni inflitte dall'Ue a Mosca. Misure punitive che Zelensky chiede ai leader europei di inasprire. Il presidente ucraino sarà pronto a sedersi con Putin solo se il Cremlino non cercherà l'umiliazione territoriale nel Donbass. Nell'incontro di Palazzo Mariinskij non si parla invece di armi. Forse per non imbarazzare Scholz.

 

IOANNIS - DRAGHI - ZELENSKY - MACRON - SCHOLZ

Per il cancelliere però è impossibile sfuggire alla domanda dei giornalisti. Se la cava con una risposta secca, che ha quando gli ricordano che gli ucraini ancora aspettano i mezzi militari promessi. Zelensky però le armi le vuole. Gli servono per non capitolare a Est. E durante la conferenza dei donatori per l'Ucraina, coordinata dalla Nato, si è deciso di inviare nuove forniture. L'Italia non si sottrarrà. Ma è una questione che Draghi vuole risolvere quando avrà le mani più libere, dopo che il 21 giugno, in Parlamento, si sarà confrontato con il muro dei 5 Stelle e della Lega, contrari a nuovi invii.

OLAF SCHOLZ - EMMANUEL MACRON - VOLODYMYR ZELENSKY - MARIO DRAGHI

Ultimi Dagoreport

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…