1. “ANDREOTTI ERA A LIVELLO MONDIALE. BERLUSCONI INVECE È UN CERCAMUTANDE CHE SI È BUTTATO NELLA POLITICA CON I SOLDI CHE AVEVA”. “QUANDO L’HO SENTITO ALLA TELEVISIONE: IL GENERALE DALLA CHIESA PROMOSSO NUOVO PREFETTO DI PALERMO, HO DETTO: ‘PREPARIAMOCI, METTIAMOCI TUTTI I FERRAMENTI A POSTO…” 2. NELLE SUE AGGHIACCIANTI CONVERSAZIONI ALL’”ARIA” DEL PENITENZIARIO MILANESE DI OPERA CON IL SUO COMPAGNO DI “PASSEGGIO” E DI “SOCIALITÀ”, IL PUGLIESE DELLA SACRA CORONA UNITA ALBERTO LORUSSO, DEPOSITATE AL PROCESSO DI PALERMO, RIINA NON MANIFESTA SOLO IL SUO EGO IPERTROFICO MA UCCIDE DI NUOVO FALCONE 3. “SONO FERITI LUI E LA MOGLIE. MINCHIA FERITI! POI IL TG: È MORTO FALCONE. TI METTI LÀ MINUTO PER MINUTO, NO? CI SIAMO! CI SIAMO! MINCHIA HO DETTO, MA GUARDA CHE BORDELLO. LA MOGLIE È VIVA, È VIVA. DOPO DIECI MINUTI DICE: L’HANNO AMMAZZATA PURE. MENO MALE CHE SI È MESSO LÀ AL POSTO DELL’AUTISTA, SE NO SI SALVAVA, DISGRAZIATO”

1. TOTÒ RIINA RIVENDICA GLI ATTENTATI: ‘IO DIETRO FALCONE E DALLA CHIESA'
Riccardo Arena per ‘La Stampa'

C'è un solo argomento che Totò Riina non accetta: che i suoi compari, che la gente di cui si è fidato, siano o siano stati sbirri, cioè spioni, e che in particolare Bernardo Provenzano lo abbia tradito, facendolo arrestare. Quando il suo compagno di «passeggio» e di «socialità», il pugliese della Sacra Corona Unita Alberto Lorusso, gli ricorda cosa viene fuori al processo sulla trattativa Stato-mafia, grazie a Massimo Ciancimino, il capo di Cosa nostra sbotta: «Ma santo cielo... Tu, tu, Ciancimino, sei un folle di catena, siete due folli da attaccare. Se dici tu e tuo padre... Ma che ci mettete a Provenzano?».

Nelle sue infinite conversazioni all'«aria» del penitenziario milanese di Opera, depositate al processo di Palermo, Riina non manifesta solo il suo ego ipertrofico. Parla ad esempio del papello, la lista di richieste che, secondo il pentito Giovanni Brusca e lo stesso Ciancimino (bollati entrambi come «pallisti»), Riina fece avere a uomini delle istituzioni per interrompere la stagione delle stragi: «Io a lui (Brusca, ndr) ho detto: "Interessati per tuo padre, perché io in Cassazione (al maxiprocesso, ndr) non posso fare niente. Questo gli ho detto. Non gli ho dato il papello». E anche il figlio di don Vito è insultato e minacciato, come il suo avvocato, Francesca Russo.

Si compiace nel descrivere la morte, Riina, dall'omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa alle stragi siciliane del '92, mentre nega la propria responsabilità per le autobombe del '93 in Continente, definendole «stragi di Stato» e attribuendole a Provenzano. Smentisce però che l'ex ministro dell'Interno, Nicola Mancino, abbia trattato con lui: «Questo non è avvenuto mai!».

Irride lo Stato che non seppe prevenire la strage di via D'Amelio, avvenuta meno di due mesi dopo Capaci, quando ancora «raccoglievano i cadaveri»: «Ci fu che gli ho combinato quella barzelletta di quei 57 giorni, che girò in tutto il mondo». Si vanta, dice «ho vinto proprio, ho vinto da strafare», ma è costretto anche a riconoscere che «poi ho strafatto, ho strafatto», innescando la reazione dello Stato contro Cosa nostra.

Reazione che non ci fu ai tempi della strage Dalla Chiesa, dopo la cui nomina come prefetto dell'insanguinata Palermo, nel 1982, Riina preparò tutto «per dargli il benvenuto». Giù anche duri apprezzamenti per il matrimonio del generale con una donna più giovane, Emmanuela Setti Carraro, uccisa col marito e con l'agente Domenico Russo. Ma se i figli del generale «sono convinti che ad ucciderlo fu lo Stato», torna il superego di Riina: «C'è un uomo solo e basta. Ha avuto la punizione di un uomo che non ne nasceranno più».

Il capomafia descrive anche Capaci: si compiace dello scenario di guerra che si aprì con il cratere sull'autostrada, racconta l'apprensione perché all'inizio, il giudice e la moglie. Falcone e Francesca Morvillo, erano sopravvissuti. E si sarebbero salvati se si fossero seduti dietro, nell'auto blindata: «Pochi centimetri, ma c'è il Signore, c'è il Signore...».

Parole di odio per i politici: Claudio Martelli «che si è preso i voti e ce l'ha messa dietro», e Salvo Lima «che disse che non poteva più andare a parlare con Andreotti». «Stavano tutti a calendario», chiede Lorusso, parlando dei progetti di morte contro lo stesso Andreotti, il figlio e Calogero Mannino. Riina è sibillino: «Eh, sì, minchia».

Del sette volte presidente del Consiglio è rimasto comunque un ammiratore: «Era a livello mondiale. Berlusconi invece è un cercamutande che si è buttato nella politica con i soldi che aveva». L'ex premier viene preso in giro per la vicenda Ruby («La nipote di Mubarak, cornuto!»), persino per la relazione della figlia Barbara («Barbarella, Barbaretta, potentosa come suo padre») con Pato. E alla fine Riina si paragona addirittura a Tolstoj, descrive i suoi «capolavori», le stragi: per lui sono «Guerra e pace, autore Salvatore Riina».

2. ‘FALCONE GUIDAVA, SE NO SAREBBE VIVO'
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per ‘Il Fatto Quotidiano'

La firma sull'omicidio di Salvo Lima sono due dita, l'indice e il medio, tirate fuori dalla tasca destra del cappotto e fatte roteare in aria nel segno, tutto siciliano, della morte: "Questo Lima disse che lui non poteva più andare a Roma a parlare con Andreotti. Ma come? E allora... non ne parliamo più".

Per Capaci e via D'Amelio è ancora più esplicito: "Minchia con quello ce ne sono voluti 300 chili, con quello 500 chili. Non abbiamo risparmiato niente, devo dire la verità". Si era definito il "parafulmine'' d'Italia, ma dalle trascrizioni delle sue conversazioni con Alberto Lorusso, nell'ora d'aria nel carcere di Opera, Riina sembra rivendicare la regia del terrore, rivelando le radici del suo odio nei confronti dei magistrati: "A questo punto... quando ho capito... ma non posso fare una casa a Palermo, una polveriera e un bombardamento. Così ho cominciato, così... mi sono messo a dargli sotto, sotto... volavano, salivano, scendevano. Avete capito perché sono diventato così...".

Il 41 bis cui i due detenuti sono sottoposti non impedisce a Lorusso di essere informato (ed informare Riina) sulle notizie pubblicate sui periodici, formalmente vietati in cella. Dalla love story tra Barbara Berlusconi e Pato ("Min... Barbarella - dice il corleonese - Barbaretta, 'sta Barbarella è potentosa come suo padre... lui era un potente giocatore e non ha potuto giocare più, dice che vuole venire di nuovo"), a Nicole Minetti ("L'ha fatta assessore a 12 mila euro al mese perché sapeva parlare la lingua inglese"), a una possibile crisi del governo Letta decisa da Berlusconi: "No, no. Cornuti sono chi sale al governo. Lo sai com'è". Riina non crede alla candidatura del capo di Forza Italia in Lettonia: "Va là a cafuddare". Gli inquirenti hanno tradotto il termine "nel senso di fare sesso".

Giovanni Falcone
"Sono feriti lui e la moglie. Minchia feriti! Poi nel mentre il telegiornale: è morto Falcone. Ti metti là minuto per minuto, no? Ci siamo! Ci siamo! Ci siamo. Minchia ho detto, ma guarda che bordello. La moglie è viva, è viva. Dopo dieci minuti dice: l'hanno ammazzata pure. Mia moglie dice: ma cosa è successo, ma che disgrazie, mischineddu (poverino, ndr), c'era una macchina, un aereo, lo hanno bombardato. Meno male che si è messo là al posto dell'autista, se no si salvava, disgraziato".

L'agenda rossa, via D'Amelio
"Si fottono l'agenda, si fottono l'agenda" dice ridendo a Lorusso, mentre parla della strage a via D'Amelio. Sarebbe l'agenda rossa, poi scomparsa, del giudice Borsellino.

Giulio Andreotti
"Hanno tentato di sperimentare con Andreotti, cose, e hanno fallito... Sono andati molto più alti. Berlusconi non è niente confronto ad Andreotti, persona seria a livello mondiale".

Silvio Berlusconi
"Mubarak, Mubarak, che disgraziato . Veda che è un figlio di puttana che non ce ne è''.

Carlo Alberto dalla Chiesa
"Quando l'ho sentito alla televisione: il generale Dalla Chiesa promosso nuovo prefetto di Palermo, ho detto: ‘Prepariamoci, mettiamoci tutti i ferramenti a posto... tutte le cose pronte'. (Qui accenna ad una talpa, ndr). Dice: sta uscendo, deve uscire, deve andare a mangiare, e va bene... tatatata... ed è finito. Quindi, quando si cercano... uno di questi... gli si deve stare vicino, devi... devi cercarlo e devi andare pure dentro le caserme, devi essere un cane cacciatore e lo devi cacciare''.

Salvo Lima
"(Lima) gli ha detto a quella persona che gli parlo che se andava a Roma, Andreotti l'avrebbe assicutato (cacciato, ndr). Come? Dice, prima quando gli portava 340 mila voti Lima ad Andreotti, a chi li portava questi voti? Ad Andreotti. E adesso dice che non ci deve andare più. E allora non ne parliamo piu".

I boss Madonia
"Dice che questi tre fratelli (i Madonia, ndr) erano tutti spioni. Non è che erano spioni, erano in contatto con uno dei servizi segreti".

Giovanni Brusca e il papello
"Questo è un pallista. Io a lui ho detto: ‘Interessati per tuo padre perché io in Cassazione non posso fare niente'. Non che gli ho dato il papello. Ma questo papello non c'è. Sono andati a fare le indagini sui miei figli, le mie sorelle, mia moglie".

Claudio Martelli
"Minchia si è preso i voti nostri e dietro ce l'ha messa. Allora organizzo di ammuccare (gli inquirenti traducono con uccidere, ndr) a Martiddu (Martelli)".

Massimo Ciancimino
È un "disonorato" e "folle di catene" (pazzo da legare, ndr). Riina dice poi che il figlio dell'ex sindaco collaborerebbe per riavere i soldi confiscati.

 

 

TOTO RIINA IN CARCERE TOTO RIINA MASSIMO CIANCIMINOGIOVANNI BRUSCACarlo Alberto Dalla Chiesa alla prefettura di Palermo con la sua borsa Limmagine e tratta da un filmato della sede siciliana della Rai jpegGIUSEPPE RIINA Nicola Mancino

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