LA BELLA POLITICA - CULATELLO NON MOLLA POLTRONE E I “GIOVANI TURCHI” TORNANO A CANOSSA DA RENZI

Giovanna Casasio per "la Repubblica"

«Da quattro giorni non apro bocca, nessun commento di politica nazionale neppure su Facebook, mi sembra il modo più serio per lasciare passare questa fase qua...». Matteo Renzi è straordinariamente cauto: adda' passa' ‘a nuttata. Ma nel Pd appeso alla riuscita del tentativo Bersani di guidare il governo, si respira aria di fronda. Già si pensa al "dopo": il partito è diviso tra chi vuole al più presto un passo indietro del segretario per un "governo del presidente" e chi è disposto a seguirlo fino all'epilogo delle elezioni anticipate, a patto che non sia lui a guidare la prossima partita per la premiership.

Soprattutto temono che la voglia di Bersani di andare fino in fondo possa "impiccare" il partito e penalizzarlo per la prossima sfida elettorale. «Un processo è finito, Pier Luigi si prepari a cedere il passo», hanno deciso i "giovani turchi" capitanati da Orfini, Orlando, Fassina dopo colloqui e riunioni.

Atmosfera plumbea nel Pd, altro che primo giorno di primavera. Una situazione che apre la
strada al congresso e al cambio della guardia alla guida del partito. Walter Veltroni, il più convinto sostenitore di un "governo del presidente", in un colloquio si è sfogato: «Era evidente che con Grillo andava a finire così...».

Insomma in molti, ad eccezione dei fedelissimi, temono che quello di Pierluigi sia una strada senza sbocco: se anche il leader del centrosinistra portasse la sua "missione impossibile" fino in fondo, sarebbe l'esecutivo più fragile della storia della seconda Repubblica. Walter Verini, ex braccio destro di Veltroni, rimarca: «Tutto il Pd, a partire da Bersani, sarà responsabile e pronto al passo indietro se, malauguratamente, il suo tentativo non andasse in porto».

Anche i più bersaniani, come Dario Ginefra ammettono tristemente: «Vada in fondo Pierluigi , però siamo consapevoli di essere alla fine di un percorso». Ci si prepara dunque al "dopo" nelle file democratiche. Roberto Speranza, il neo capogruppo, bersaniano di ferro, afferma in tv: «Renzi? È una risorsa straordinaria, è una delle figure su cui puntare per il futuro, è una delle risorse migliori in campo».

Di Renzi, del partito e di cosa accadrà nelle prossime ore discutono sia Enrico Letta che Dario Franceschini. E' evidente che quanto accade nella partita di governo ha un riflesso diretto sul Pd. In un vertice di Areadem, Franceschini spiega: «Non possiamo mollare Pierluigi, non è solo una questione di lealtà, è un ragionamento politico. Se sbatte Bersani, si sfracella anche il Pd, al contrario di quello che pensano i "giovani turchi". Il destino del segretario è in questo momento il destino del partito».

Non c'è una vice presidenza delle Camere per i "turchi". Matteo Orfini, nella riunione della corrente, ha rifiutato di fare il vice di Speranza. «Però mi piacerebbe - chiede al capogruppo e ai commessi d'aula - avere lo scranno numero 26 di Montecitorio, quello che fu di Togliatti». Neppure quello. Nella loro giornata nera, i "giovani turchi" ricevono mail di fuoco dalla comunità armena che chiede cambino nome per rispetto delle vittime del genocidio.

«Se il segretario propone di andare alle elezioni lo appoggiamo di sicuro - afferma Orfini . Però è chiaro e l'abbiamo detto subito, che non può essere Pierluigi il candidato premier, nessuno ha due chance di questo livello». Una fase è finita. Quella che sta per cominciare è tutta da scrivere e non esclude un asse giovani turchi-Renzi nel nome del rinnovamento generazionale. È possibile?

«Vedremo come si comporterà il "rottamatore" - ragiona Orfini -. L'offerta politica ormai si consuma in fretta, e se Matteo andasse alle primarie per la premiership con la stessa impostazione dell'autunno 2012 non vincerebbe. Noi allora gli contrapporremmo Boldrini o Barca».

Orlando - che era il capogruppo più accreditato fino all'altro giorno - condivide l'impostazione: «È evidente che noi siamo bersaniani fino in fondo perché non c'era altra strategia possibile, ma sappiamo che qualsiasi sia la conclusione della partita- ci sia un governo Bersani oppure no - la situazione è così fragile per cui occorre guardare al "dopo"».

C'è una classe dirigente da ricreare, un partito da far navigare. E il segretario lui stesso ha scommesso sulla "ruota che gira" . Fassina è per la verità più prudente: «Oggi mi concentro sul tentativo di Bersani, poi vediamo». Il renziano Matteo Richetti si limita a osservare: «Siamo in ballo, e balliamo, una cosa è il film con Bersani incaricato, altra se l'incarico va a un altro».

 

STEFANO FASSINAMATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIOMATTEO ORFINI PIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PD ANDREA ORLANDO

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