TUTTI A CASA! - RENZI ALLUNGA LA BLACK LIST DEI BOIARDI DA ROTTAMARE - DOPO IL RAGIONIERE, DANIELE FRANCO, E L'UOMO DEL DEF, LORENZO CODOGNO, NEL MIRINO IL CAPO DIPARTIMENTO FINANZE, FABRIZIA LAPECORELLA, E L'UFFICIALE DI COLLEGAMENTO CON BRUXELLES, CARLO MONTICELLI

Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

 

RENZI  . LEOPOLDA da0f5dae008a9669b4be9513e11f3f73RENZI . LEOPOLDA da0f5dae008a9669b4be9513e11f3f73

La lista nera sembra allungarsi giorno dopo giorno e la sensazione, a questo punto, è che Matteo Renzi - con la manovra che di fatto è ancora un cantiere aperto - voglia «fare fuori» tutti i pezzi da novanta del Tesoro. Altro che canonico spoil system. Da ieri nel mirino del premier non rientrano soltanto il Ragioniere dello Stato, Daniele Franco, e il capo economista di via Venti Settembre, Lorenzo Codogno.

 

Oltre ai due top manager in odore di dimissioni, nella black list dell’ex sindaco di Firenze sono stati aggiunti, in queste ore, altri due nomi pesanti e - chissà - altri potrebbero spuntare a stretto giro. Fatto sta che Fabrizia Lapecorella e Carlo Monticelli non sarebbero più graditi all’esecutivo: la prima guida il dipartimento Finanze del ministero dell’Economia dal giugno del 2008, quando dietro la scrivania di Quintino Sella c’era Giulio Tremonti; il secondo comanda la direzione Rapporti finanziari del Tesoro.

DANIELE FRANCO DANIELE FRANCO

 

A entrambi, secondo indiscrezioni, il governo rimprovererebbe uno scarso sostegno sulla legge di stabilità per il 2015: una sostanziale presa di distanza, quella dei due tecnici, che sarebbe costata cara al Paese e avrebbe costretto il governo a sforzi enormi per difendere la ex finanziaria, dentro e fuori i confini nazionali. 

 

Nel caso di Lapecorella, l’atteggiamento di «distacco» che le viene imputato avrebbe contribuito a far scattare qualche richiamo pesante, pure dal Quirinale, sul versante delle previsioni relative ai 4 miliardi di euro di gettito aggiuntivo legato alla lotta all’evasione. Nei corridoi di palazzo Chigi fanno notare che financo la new entry Rossella Orlandi, fresca numero uno delle Entrate, si è spesa a 360 gradi sostenendo che si tratta di una cifra «realistica». Una sponda che il governo non ha trovato in Lapecorella. Di qui l’ira di Renzi.

 

Lorenzo 
Codogno
Lorenzo Codogno

E così adesso il direttore delle Finanze teme di subire lo stesso trattamento riservato a Stefano Scalera, brutalmente rimosso all’inizio di ottobre dalla direzione dell’agenzia del Demanio per far spazio a Roberto Reggi, ritenuto un «renziano doc». Poi c’è il caso Monticelli, l’uomo che da Via Venti Settembre tesse i rapporti con tutti gli organismi economici internazionali, compreso l’Ecofin.

 

A palazzo Chigi è ormai forte la convinzione che lo sherpa economico del Tesoro sia stato troppo remissivo con Bruxelles quando sul tavolo, negli scorsi giorni, c’era appunto la manovra. Se Monticelli avesse agito con maggiore incisività - pensa il governo - la lettera del commissario Ue agli Affari economici, Jyrki Katainen, sarebbe stata meno dura. E magari il negoziato sull’aggiustamento del deficit italiano - che si dovrebbe chiudere allo 0,3% - sarebbe stato più favorevole per l’Italia che ora dovrà mettere sul piatto circa 4 miliardi e mezzo. Questione ancora aperta visto che il ministro Pier Carlo Padoan spedirà la replica a Katainen la prossima settimana.

fabrizia la pecorellafabrizia la pecorella

 

E sembra incredibilmente aperta, in qualche modo, anche la legge di stabilità. Non tanto per il cosiddetto articolato normativo, quanto per gli effetti economici e i saldi di finanza pubblica. Venerdì sera via Venti Settembre, al termine di una giornata in cui sono circolate le complesse tabelle coi numeri definitivi presentate in Parlamento, ha diramato un comunicato per cercare di fare chiarezza.

 

L’obiettivo, però, non è stato centrato. Il ministero ha diffuso una tabella esplicativa ammettendo tuttavia che fosse «provvisoria». Non solo. Lo stesso dicastero ha pure rivelato che la «nota tecnica» alla legge di stabilità è ancora «in via di completamento», giurando che «questi dati approssimati verranno pubblicati e corredati del dettaglio che contribuisce a comporre i saldi». Ancora non è chiaro - a esempio - quale sia l’impatto finale degli interventi: nel documento spedito alla Camera c’è scritto 30,9 miliardi, nella tabella del ministero 36,1 miliardi. Più di 5 miliardi di differenza. E non sono proprio pochi. 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…