conte juncker

CONTE ALLA RESA DEI CONTI  – IL PARTITO DEL RIGORE CI VUOLE PUNIRE: LA PRESSIONE DEGLI STATI DEL NORD E DELL' EST PER LA PROCEDURA D' INFRAZIONE – A PALAZZO CHIGI SONO PREOCCUPATI, E NON LO NASCONDONO. UN CONFLITTO CON LA COMMISSIONE INNESCHEREBBE UN’AGGRESSIONE SPECULATIVA DELLA QUALE FINORA CI SONO STATE SOLO LE AVVISAGLIE...

CONTE JUNCKER

MASSIMO FRANCO per il Corriere della Sera

 

L' alito gelido del fronte del rigore si è sentito di nuovo due giorni fa. Dall' Europa del Nord, e da quella dell' Est, la Commissione di Bruxelles ha ricevuto messaggi ultimativi: o l' Italia delle forze ostentatamente populiste accetta le condizioni di una riduzione delle spese in deficit contenute nella manovra, o la procedura di infrazione deve andare avanti. E adesso, a poche ore dall' incontro decisivo che il premier Giuseppe Conte avrà domani a Bruxelles col presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, la situazione è di nuovo in bilico. L' ottimismo quasi d' ufficio sparso nei giorni scorsi deve fare i conti con una realtà dura.

 

TRIA E MOSCOVICI

L' Italia rischia un «processo» che ci si può anche illudere di valutare in termini morbidi, magari con una «punizione» e sanzioni dilazionate nel tempo. Una volta confermata la procedura di infrazione, il Paese si troverà sotto una sorta di ghigliottina finanziaria, che potrà essere azionata in qualsiasi momento. E comporterà costi altissimi.

 

A Palazzo Chigi sono preoccupati, e non lo nascondono. Gli sforzi di mediazione, le aperture reciproche al G20 di Buenos Aires, i toni di colpo meno ruvidi dei vicepremier Luigi Di Maio, del Movimento Cinque Stelle, e di Matteo Salvini, leader della Lega, non sono riusciti a capovolgere la diffidenza delle istituzioni continentali; e soprattutto delle altre nazioni europee.

 

La crisi dei «gilet gialli» francesi, con le violenze di piazza, ha aperto un altro fronte e un' altra crepa, costringendo il presidente Emmanuel Macron a correre affannosamente ai ripari: misure in extremis e in deficit, che in teoria potrebbero favorire le richieste italiane di una manovra espansiva. Ma non è affatto detto che vada così, anzi.

CONTE JUNCKER

 

La debolezza francese minaccia di incattivire e irrigidire il «partito del rigore», che di colpo è riemerso e ha fatto rinculare le aperture all' Italia.

Cedere fino a far arrivare il rapporto deficit-Prodotto interno lordo intorno al 2,1-2 per cento, rispetto al 2,4 iniziale, a questa Europa non basta.

 

Ma scendere sotto quella soglia, per un esecutivo dichiaratamente populista e prigioniero delle sue promesse elettorali, appare impossibile. L' 1,8 per cento, anche solo l' 1,9 per cento, viene considerato da Palazzo Chigi come una richiesta «irricevibile», almeno fino a ieri. Questo significa prepararsi a un conflitto con la Commissione foriero di un isolamento crescente dell' Italia; ed esporsi a un' aggressione speculativa della quale finora ci sono state solo le avvisaglie. Sembra che il premier Conte abbia cercato di farlo capire a tutti: politici e non. Il problema, ormai, non è se avere una procedura di infrazione «soft» o no: il problema è se si riesce a evitare che si apra, o subirla.

CONTE JUNCKER

 

Comincia a essere evidente che si sta giocando con un fuoco che minaccia di bruciare altri miliardi di risparmi in euro; e che proietterebbe l' Italia in un Purgatorio di sanzioni e di controlli lungo e imprevedibile nella ricaduta finale. La campagna elettorale per le Europee non aiuta. Irrigidisce gli interlocutori, e spinge M5S e soprattutto Lega a agire con gli occhi puntati quasi esclusivamente sulle urne, più che sul governo: magari sperando che «l' onda sovranista» travolga a maggio gli equilibri esistenti, e plasmi una Commissione più indulgente verso il populismo in salsa mediterranea. Ma a Palazzo Chigi non ci si fanno troppe illusioni.

 

matteo salvini luigi di maio

Dai contatti di queste settimane, agli occhi di chi ha mediato con la Commissione, emerge un' Europa dell' Est e del Nord iper nazionalista e iper rigorista. Destinata a essere più esigente e severa nei confronti della mancanza di disciplina finanziaria dell' Italia, non più indulgente: a cominciare dal gruppo di Visegrad che unisce le nazioni orientali additate da Salvini come alleate naturali, fino all' Austria e agli Stati baltici che accarezzano una nuova Lega anseatica. Il nucleo duro non solo del fronte del rigore, ma della «punizione» degli Stati spendaccioni. Mai dimenticare che in tedesco Schuld vuole dire debito, ma anche colpa.

conte juncker 3conte juncker 2conte juncker 5conte juncker 6

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…