brexit europa londra euro

“BREXIT” A CARO PREZZO - L’USCITA DALLA UE POTREBBE COSTARE ALLA GRAN BRETAGNA 11 MILIARDI DI STERLINE SOLTANTO IN TARIFFE DOGANALI, L'EQUIVALENTE DI UNA PERDITA DI 176 STERLINE L’ANNO PER OGNI CITTADINO E DI 426 STERLINE L’ANNO PER OGNI FAMIGLIA

Enrico Franceschini per “Affari & Finanza - la Repubblica”

 

Entro qualche mese la Gran Bretagna dovrà prendere una decisione che, a seconda dei punti di vista, potrebbe trasformarla in una Corea del Nord o in una grande e ancora più florida Hong Kong. Il referendum sull'appartenenza all' Unione Europea promette di risolvere una volta per tutte il conflittuale rapporto di Londra con il resto del continente di cui fa geograficamente e culturalmente parte ma con il quale ha sempre faticato a identificarsi politicamente.

 

david cameron brexitdavid cameron brexit

Il primo ministro, David Cameron, si è impegnato a battersi per il sì alla Unione Europea, a patto però di una riuscita rinegoziazione delle relazioni con Bruxelles. Cameron cioè si impegnerà per la sconfitta del referendum, voluto dagli "autonomisti" e che lui si era impegnato a tenere due anni fa in sede di rielezione, solo se riuscirà a rinegoziare le relazioni con Bruxelles ottenendo sostanzialmente maggiore autonomia dai vincoli dell' Unione Europea, che anche qui e non solo in Italia o altrove sono visti come troppo stringenti, oltre che precisi limiti all' immigrazione.

 

Nei giorni scorsi la trattativa sembrava essersi avvicinata a un' intesa, con un compromesso che verte su un "freno d' emergenza" a certi benefici assistenziali (integrazione dei salari più bassi, assegni familiari per i figli, diritto ad alloggi popolari di stato).

brexit   5brexit 5

 

Se questo servirà o meno a diminuire l' immigrazione è controverso: secondo un rapporto soltanto 84 mila famiglie di immigrati comunitari hanno usufruito fino ad ora di simili misure. E l' intesa deve ricevere il voto di approvazione del Consiglio d' Europa al summit in programma il 18 e 19 febbraio.

 

Per il premier britannico si tratta di poter presentare al proprio popolo l' accordo come una vittoria: in tal caso indirà la consultazione probabilmente per il prossimo 23 giugno. E se si votasse oggi, vincerebbero con il 45% gli euroscettici contro il 36% di "fedeli" all' Europa. In teoria, l' esito del referendum dipende da una valutazione strettamente economica: la Gran Bretagna trarrebbe più vantaggi dal restare nell'Unione o dall' uscirne?

brexit   6brexit 6

 

Ma la risposta non è così facile. Se si dà retta a euroscettici ed eurofobi, l' uscita dalla Ue farà del Regno Unito una nuova e più grande Hong Kong, un' isola del capitalismo in grado di avere relazioni commerciali più libere con tutti. Se si ascoltano i difensori dell' Europa, l' uscita dall' Unione precipiterebbe questo paese in una condizione da Corea del Nord comunista, distruggendo il suo import-export. Sull' argomento sono usciti studi autorevoli che cercano di fornire un giudizio più equo. Anche quelli, tuttavia, dipendono da incognite al momento non prevedibili.

 

La Banca d' Inghilterra, che si sforza di apparire un osservatore neutrale, ammonisce che la crescita economica britannica potrà soffrire ancora prima del referendum, per effetto delle ansie suscitate dal risultato. I mercati finanziari, che hanno l' abitudine di muoversi in anticipo rispetto al business, sono chiaramente preoccupati: fra novembre e febbraio la sterlina ha conosciuto nei confronti delle principali valute estere il maggiore declino dalla grande recessione del 2008 a oggi. Contro il dollaro, negli ultimi tre mesi, ha perso il 7. Contro l' euro, il 3 per cento.

brexit   4brexit 4

 

Un'analisi della banca di investimenti Goldman Sachs (che è tra i finanziatori della campagna per il sì alla Ue, dunque non un commentatore neutrale) avverte che il Brexit (Britain exit, cioè Britannia esce - sottinteso dall' Europa) provocherebbe un ritorno della sterlina a livelli non più visti dal lontano 1985.

 

Lord Stuart Rose, direttore di "Britain stronger in Europe", come si chiama la campagna per il sì all' Unione, e uno dei businessmen più noti del Regno Unito, pubblica previsioni altrettanto drastiche: il divorzio dalla Ue costerebbe alla Gran Bretagna 11 miliardi di sterline soltanto in tariffe doganali, l' equivalente di una perdita di 176 sterline l' anno per ogni cittadino britannico e di 426 sterline l' anno per ogni famiglia.

 

Studi del fronte opposto indicano che Londra risparmierebbe esattamente 11 miliardi di sterline l' anno dal non dover più contribuire alle casse della Ue. Ma "essere o non essere insieme in Europa", per citare il cinguettio affidato a Twitter dal presidente del Consiglio d' Europa Donald Tusk, non basta a definire quello che potrebbe accadere dopo il referendum. Il Financial Times, che segue passo passo la fase negoziale, ha consultato una commissione di esperti per spiegarlo più concretamente.

brexit   3brexit 3

 

Tutti gli studi che calcolano i costi economici di un no alla Ue, afferma il quotidiano finanziario, sono incompleti o parziali. Il referendum scozzese del 2014 per la secessione dalla Gran Bretagna, aiuta a capire perché. Gli indipendentisti volevano mantenere la quasi totalità dello status quo: la monarchia come sistema, la regina come capo di stato, la sterlina come moneta, la supervisione della banca d' Inghilterra, le frontiere aperte, pur diventando uno stato sovrano, separato da Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord.

 

È verosimile che il Regno Unito chiederebbe la stessa cosa alla Ue nell' eventualità di una vittoria degli euroscettici nel referendum. Il giorno dopo si aprirebbe un negoziato con tre possibili opzioni: entrare a far parte dell' Area Economica Europea, come la Norvegia, avendo accesso al mercato comune (ma ciò costringerebbe Londra a contribuire al budget Ue senza avere voce nel determinarne le regole); un accordo bilaterale come quello che ha la Svizzera con la Ue, che però ridurrebbe l' accesso al mercato comune; o una rottura totale, e questo comporterebbe il ripristino di tariffe doganali sui prodotti britannici destinati all' esportazione, con le conseguenze paventate dall' europeista lord Rose.

brexit   2brexit 2

 

Lo scenario più chiaro sul Brexit viene dalla think tank londinese Open Europe, secondo la quale il pil britannico potrebbe ridursi del 2,2 per cento nel 2030 se il Regno Unito lasciasse l'Unione Europea e non riuscisse a negoziare un successivo accordo di tipo norvegese o svizzero, mentre potrebbe aumentare dell' 1,6 per cento, sempre nel 2030, se riuscisse a raggiungere un accordo simile a quelli di Oslo o Berna.

 

Ma un calcolo più realistico, ammette Open Europe, sarebbe di un calo dello 0,8 per cento del pil in caso di Brexit senza accordi doganali o di un aumento dello 0,6 per cento del pil con accordi: una differenza non così sensibile. Né Corea del Nord, né Hong Kong, dunque: divorziando dalla Ue, la Gran Bretagna resterebbe probabilmente la Gran Bretagna.

 

brexit   1brexit 1

Pretendere di poter decidere come votare nel referendum sulla base di presunti futuri vantaggi o svantaggi economici sembra insomma un esercizio sterile quasi quanto il compromesso del "freno di emergenza" ai contributi previdenziali, presentato come una grande vittoria da Cameron mentre di fatto cambierà poco o nulla come freno all' immigrazione.

 

Il "to be or not be", con l' Europa o fuori, è più politica che economica: Londra deve decidere se in un mondo globalizzato è meglio fare parte di un blocco di 500 milioni di abitanti o ragione come isola di 60 milioni di sudditi di Sua Maestà.

 

Il problema è che le questioni politiche, diversamente da quelle economiche, sono influenzate più dalle emozioni che dai fatti. Qualunque episodio altamente emozionale nei giorni prima del voto (uno sbarco di migranti, un attentato, una serie di violenze) potrebbe pesare sul risultato. Molto di più degli studi economici per stabilire se il Brexit conviene o meno.

 

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…