VADE RETRO, SALVINI - IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE JEAN-CLAUDE JUNCKER: "NON VOGLIAMO IL LEGHISTA NEI POPOLARI ABBIAMO GIÀ ORBAN ED È ABBASTANZA"- POI CONFERMA IL BUON RAPPORTO CON CONTE: "NON HO PROBLEMI CON IL MIO AMICO GIUSEPPE…MA OGNI TANTO RIMANGO ALLIBITO DA QUESTA RETORICA A CUI GIOCA PARTE DELLA COALIZIONE DI MAGGIORANZA. NON È COLPA DI BRUXELLES SE CADE UN PONTE A GENOVA”
Marco Bresolin per la Stampa
Il chiarimento - o, secondo alcuni punti di vista, l' avvertimento - è arrivato martedì sera, mentre Jean-Claude Juncker stava mettendo a punto le ultime bozze del discorso pronunciato ieri al Parlamento europeo.
Alcuni giorni fa, attraverso canali diplomatici, aveva manifestato il suo fastidio per le critiche arrivate da Roma durante l' estate. Dalle accuse per il crollo del ponte di Genova al caso Diciotti, fino alle minacce di bloccare il bilancio: «Non si può andare avanti così» aveva fatto trapelare il capo dell' esecutivo Ue. Ed è per questo che il premier Giuseppe Conte, nella telefonata dell' altra sera, ha cercato di scongiurare «il pubblico richiamo» da Strasburgo.
A raccontare i contenuti del colloquio è lo stesso Juncker, conversando con un piccolo gruppo di giornalisti al termine del suo Stato dell' Unione.
«Parte del governo temeva che attaccassi fortemente l' esecutivo. Credevano che volessi reagire nello stesso modo in cui l' Ue e la Commissione vengono attaccate dal governo». Ma alla fine il richiamo all' ordine non ha trovato spazio nel discorso di ieri, considerato da molti osservatori come «molto debole e troppo poco ambizioso». Nel suo intervento Juncker ha preferito fare soltanto un generico riferimento «al nazionalismo che crea dei problemi anziché cercare le soluzioni» e che «getta fango» su Bruxelles. Lo sfogo è rimasto così confinato alla telefonata con Conte, nella quale si è detto «allibito» per il comportamento di alcuni ministri. Uno in particolare.
«Io non ho problemi con il mio amico Giuseppe - continua il lussemburghese, confermando il buon rapporto con il premier -. Ma ogni tanto rimango allibito da questa retorica a cui gioca parte della coalizione di maggioranza e almeno uno dei due vicepremier. Non è colpa di Bruxelles se cade un ponte a Genova».
Questo atteggiamento, dice, «non aiuta l' Italia». L' accusa di Juncker in un primo momento è generica, ma ci vuol ben poco a capire che «uno dei due vicepremier» a cui si riferisce di nome fa Matteo Salvini.
Poco dopo è lui stesso ad ammetterlo: «Salvini dice che ogni volta che apro bocca in campagna elettorale, lui guadagna voti. Ecco, io non voglio essere utile a lui, ma essere utile all' Italia». Ed è questa una delle motivazioni per cui, alla fine, ieri Juncker ha rinunciato ad attaccare il governo davanti agli eurodeputati. Per non offrire al leghista ulteriori pretesti. Ma, parlando con «La Stampa», si è lasciato andare a considerazioni più politiche sulle possibili alleanze alle prossime Europee: «Non vedo una sola ragione per cui il Ppe possa sviluppare una relazione con Salvini. Abbiamo già Orban ed è abbastanza».
Il mancato attacco di Juncker al governo italiano può essere letto anche come un' apertura di credito verso i Cinque Stelle. In un passaggio del suo ragionamento sembra riferirsi proprio a loro. Rispondendo a una domanda sullo scontro tra forze pro-Ue ed euroscettici alle prossime elezioni, Juncker spiega che «gli euroscettici non devono essere confusi con gli estremisti, con l' estrema destra». Perché «spesso pongono questioni giuste e a volte persino io sono un euroscettico. Ma non vanno confusi con la destra dura e pura che non ama l' Europa».
Nel suo Stato dell' Unione ha infatti rilanciato la necessità di sviluppare una «sovranità europea» per affrontare le sfide globali. Ha proposto una partnership commerciale con l' Africa, promuovendo investimenti in grado di generare «dieci milioni di posti di lavoro in cinque anni». E ha annunciato che il 7 dicembre ci sarà un summit Ue-Africa. Sul fronte immigrazione ha presentato il piano per creare una vera polizia di frontiera Ue, «ma non voglio che l' Europa diventi una fortezza». Nessuna parola sulla riforma di Dublino, ormai sul binario morto. E così dal suo ultimo discorso restano solo la proposta di usare l' euro come moneta negli scambi commerciali internazionali e quella di abolire l' ora legale. Un po' poco per chi, quattro anni fa, aveva parlato di «Commissione dell' ultima chance».
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