VATICANATE D'AUTUNNO - IL FRONTE DEI BERGOGLIANI È DIVISO TRA PAUPERISTI (PAROLIN) E AMANTI DELLA BELLA VITA (BECCIU), E IL SEGRETARIO DI STATO HA INVIATO CHIARI MESSAGGI A CHI NON SI ALLINEA - IL CASO MINCIONE NON E' CHIUSO - DIETRO LA SCELTA DI PIGNATONE LA VOLONTÀ DI SCOPERCHIARE I RICATTI SESSUALI INTRECCIATI CON IL BUSINESS - BRUSCA FRENATA ALL'IPOTESI DI BERGOGLIO A PECHINO: LA REPRESSIONE SANGUINOSA A HONG KONG NON LO PERMETTE
DAGONEWS
IL CARDINALE PAROLIN CON PAPA FRANCESCO
Vaticanate d'autunno. Oltre le mura leonine i fronti sono chiari: ci sono quelli anti Bergoglio e quelli pro. Ma guardando più da vicino, si scopre che il secondo gruppo è suddiviso in due sotto-categorie, tra chi vuole una Chiesa povera e chi invece ama la bella vita e non vuole rinunciare ai privilegi curiali. A fare emergere questa frattura sono state, ancora una volta, le parole del segretario di Stato, il cardinal Parolin.
Che prima ha definito ''opaca'' la vicenda degli investimenti londinesi (curati e voluti dal cardinal Becciu quando era alla Segreteria di Stato); poi a Belluno, in visita alle terre colpite dalla tempesta dell'anno scorso, ha parlato come se fosse un avatar di Papa Francesco: cultura della cura contro cultura dello scarto, lotta allo stile di vita iper-consumistico, una nuova visione del mondo compatibile con l'ambiente e le esigenze sociali.
Insomma i cardini pauperistici del cattolicesimo secondo Bergoglio – che ormai solo di Parolin si fida – e che poco hanno in comune con chi vuole investire i soldi dei poveri in pozzi petroliferi africani o lussuosi palazzi londinesi attraverso spericolate operazioni finanziarie. D'altronde in molti sono convinti che l'affaire Mincione non sia affatto chiuso e che riserverà altre sorprese.
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Il Papa ha scelto il tosto Giuseppe Pignatone come presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano anche perché è convinto che il malaffare che gira intorno al business sia legato anche a storie di ricatti e contro-ricatti, con alla base sempre le solite armi: scandali sessuali, rapporti proibiti, pedofilia.
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Mentre Bergoglio è in battaglia dentro la curia, la battaglia per farlo dimettere divampa fuori dal Vaticano, con una spinta che viene dai conservatori americani, convinti che il pontefice stia destabilizzando il mondo, in particolare il Sudamerica, con le sue azioni e posizioni politiche.
L'ultimo cruccio è lo storico viaggio del Papa a Pechino. Se ne parla da mesi, l'anno scorso la Cina e il Vaticano hanno firmato un misterioso memorandum di ''tregua'' e a marzo, quando Xi Jinping venne a Roma per firmare il protocollo della Via della Seta, l'ipotesi di un incontro tra i due fu concretamente sul tavolo, per poi sfumare.
A spingere per il riavvicinamento tra Santa Sede e Dragone è sempre Parolin, alfiere del dialogo con un paese che si è ''fatto'' una sua chiesa cattolica con i suoi vescovi non riconosciuti da Roma. Ma ora la brusca frenata nel disgelo viene da Hong Kong, sull'orlo della guerra civile e con la madre patria in piena modalità repressiva.
Il Papa non potrebbe mai andare in visita in Cina mentre è in corso la brutale soppressione delle manifestazioni, e al momento è stato tutto rimesso in freezer…