VOI VI SIETE SCORDATI IL MES, MA BRUXELLES NO: ALL'EUROGRUPPO SPINGONO SULL'ITALIA PER APPROVARE LE MODIFICHE AL FONDO COME STRUMENTO PER I SALVATAGGI BANCARI. GUALTIERI È STATO MESSO SOTTO PRESSIONE DAI COLLEGHI PER FAR PARTIRE IL ''NUOVO MES'' ENTRO FINE ANNO. MA IL MINISTRO HA I GRILLINI ALLE CALCAGNA E PROVA A BUTTARE LA PALLA PIÙ AVANTI (NON POTRÀ DURARE)
Antonio Pollio Salimbeni per ''Il Messaggero''
È di nuovo il Meccanismo europeo di stabilità a ritornare sul tavolo del governo, questa volta non per i prestiti anticrisi, ma per la questione bancaria: il suo ruolo come perno di salvataggio finanziario comune di ultima istanza per le risoluzioni delle banche, quel processo per cui un istituto in gravi difficoltà può essere ristrutturato e liquidato in modo ordinato. Un elemento importante dell'unione bancaria cui è fortemente interessato anche l'Italia. All'Eurogruppo il ministro dell'economia Roberto Gualtieri è stato messo sotto pressione dagli altri colleghi per procedere rapidamente l'ultimo passo per la riforma del fondo salva-stati che comprende, appunto, la nuova missione bancaria.
Non ci sono ultimatum, ma il movimento in tale direzione è preciso. Contano i toni: il presidente dell'Eurogruppo Paschal Donohoe, irlandese, alla sua prima riunione dopo l'elezione, ha dichiarato di essere consapevole dei problemi italiani. Tuttavia appare determinato a raggiungere un risultato: per poter far assolvere al Mes il ruolo di salvagente finanziario (backstop in inglese) anticipatamente entro fine 2021/inizio 2022 invece che dal 2024, è necessario firmare il trattato che istituisce il Mes con gli emendamenti entro l'anno.
PAOLO GENTILONI GIUSEPPE CONTE ROBERTO GUALTIERI
Dopodiché si avvierebbero le ratifiche nazionali. Il motivo della resistenza italiana è presto spiegato: qualsiasi cosa che riguardi il Mes rende friabile la maggioranza, con il M5S allergico solo a sentirne evocare il nome. Così al caso prestiti si aggiunge il caso backstop per la risoluzione delle banche. Il bello è che la riforma del Mes è stata concordata in una prima fase durante il governo Conte 1, al Tesoro c'era il ministro Tria. Poi è cambiata la maggioranza e all'Eurogruppo è proseguito il confronto su diversi dettagli. In quel momento si è risvegliata l'opposizione di Lega (al momento all'opposizione) e soprattutto del M5S partito di maggioranza che ha dato origine al governo Conte 2.
LE CONTESTAZIONI
Le contestazioni non riguardavano il ruolo di salvagente finanziario per la risoluzione delle banche, bensì l'asserito automatismo tra la richiesta di intervento di salvataggio di un paese e la ristrutturazione del suo debito pubblico (taglio del valore dei titoli). Asserito, ma che non risponde a verità perché nel nuovo testo del trattato non ve n'è traccia. Tuttavia sono stati concordati emendamenti per rendere più facile (ma non automatica) la ristrutturazione del debito passando dal doppio voto al voto unico dei detentori.
Si tratta delle clausole contrattuali da introdurre sui nuovi titoli con scadenza superiore all'anno dal 2020, che consentono di aggregare tutti i titoli e ristrutturarli con un solo voto dei creditori. In quei mesi, l'Italia è riuscita a migliorare tali condizioni concordando un meccanismo che rende flessibile il sistema: sarà permessa la sub-aggregazione dei titoli in base alla quale il voto sull'adesione alla ristrutturazione potrà avvenire per gruppi aggregati allo scopo di differenziare le posizioni dei diversi obbligazionisti.
L'accordo venne sancito nel dicembre scorso, tuttavia non finì il traccheggiamento dell'Italia che ha continuato a tirare in lungo la mossa finale per evitare la firma del trattato considerato dal ministro dell'economia un successo, ma che per il M5S non lo è. Tutto si è interrotto a marzo a causa della pandemia e ora la questione torna alla ribalta. Anche la Francia aveva sollevato un problema, che riguardava la posizione giuridica delle norme sulle clausole di azione collettiva, problema poi superato. Dunque, l'Italia è rimasta l'unica a non voler compiere l'ultimo passo.
Da giorni era stato anticipato che l'Eurogruppo avrebbe discusso della questione. E ieri a riunione terminata il ministro francese Bruno Le Maire ha detto ai giornalisti: «Ci siamo messi d'accordo su un calendario che prevede un nuovo trattato a novembre e che il backstop sia operativo entro fine 2021». Il che implica la firma entro l'anno. Anche Berlino preme in tal senso, non solo il fronte del Nord. Il ministro Gualtieri in serata non aveva ancora voluto commentare.
A sera dalla delegazione italiana (da lui guidata) è filtrato che l'Italia considera «positive le indicazioni di Donohoe che ha sottolineato come il negoziato sulla riforma sia ancora in corso con un approccio costruttivo». Si aggiunge che «non è stata assunta alcuna decisione, si è tenuta una discussione generale su diversi aspetti con l'intento di avviare una discussione più approfondita a novembre». Rischia così di ripresentarsi la stessa situazione di tanti mesi fa: c'è una riforma del Mes concordata anche dall'Italia all'Eurogruppo, ma il governo non è in grado di accettare la logica conseguenza di firmarla per ragioni di stabilità interna.
Quanto all'andamento dell'economia l'incertezza è molta, indica l'Eurogruppo. Non si può fare altro che continuare anche nel 2021 lo stimolo fiscale generalizzato alle economie. E forse non basterà se avesse ragione la presidente della banca centrale europea Christine Lagarde che annuncia: «Nelle nostre previsioni l'area euro non tornerà alla situazione pre-Covid prima della fine del 2022». Nella conferenza stampa di giovedì a Francoforte, al termine della riunione dei governatori, non l'aveva detto così esplicitamente.