pasquale laurito

“VELINA ROSSA” LA TRIONFERA’! VITA, OPERE E SCOOP DI PASQUALE LAURITO, DECANO DEI CRONISTI PARLAMENTARI, SCOMPARSO IERI A 97 ANNI – LA ROTTURA CON L’ANSA SULLE DIMISSIONI DI LEONE E LA CREAZIONE NEL 1978 DELLA “VELINA ROSSA”, IL FOGLIO DI INFORMAZIONI PARLAMENTARI SUL MONDO DELLA SINISTRA - LE COMPARSATE NEL CINEMA, LA GALLERIA D’ARTE ("CON QUALCHE CHAGALL E UN PAIO DI MIRO'"), L’AMICIZIA CON SANDRO PERTINI, A CUI CONSIGLIAVA LE OPERE DA COMPRARE E CHE NON SEGUI’ AL QUIRINALE – LA STRONCATURA DI RENZI, RIBATTEZZATO “IL TAVERNIERE FIORENTINO”…

Tommaso Labate per corriere.it - Estratti

 

pasquale laurito

«Una mattina, all’alba, camminavo per una Roma deserta senza meta e a un certo punto mi trovai a Monte Mario. Mi accorsi che c’era un cantiere con degli operai che stavano lavorando. Strano, per quell’ora. Così mi avvicinai e chiesi che cosa stessero facendo». Il primo scoop l’aveva fatto per puro caso, all’alba degli anni Cinquanta, imbattendosi in alcuni muratori che gli avevano candidamente confessato che stavano tirando su un ripetitore della televisione. Peccato, ricordava lui con un ghigno tra il malefico e il divertito, che l’avvento della televisione non aveva ancora avuto il via libera dal Parlamento, visto che il Pci resisteva e Ugo La Malfa anche.

 

PASQUALE LAURITO - CREATORE DELLA VELINA ROSSA

Ne era venuta fuori un’apertura a tutta pagina di Paese sera, - titolo: «Nasce la televisione» – con tanto di foto del cantiere; che aveva provocato parecchio subbuglio nell’Aula di Montecitorio, coi democristiani accusati di aver mandato avanti i cantieri della Rai con una sorta di forzatura.

 

All’epoca, Pasquale Laurito scomparso ieri all’età di 97 anni, era già su piazza. Calabrese, cattolico e comunista insieme, ma soprattutto orgogliosamente fiero delle sue origini arbëreshë, «Pasqualino», come lo chiamavano tutti, era arrivato a Roma da Lungro, provincia di Cosenza, e aveva preso a fare il giornalista. A oggi l’unico giornalista italiano presente in Parlamento dalla prima legislatura a quella in corso, Assemblea costituente compresa.

pasquale laurito

 

 

Aveva cominciato a Democrazia del lavoro, che lo pagava novanta lire al mese per seguire i lavori di Montecitorio dalla tribuna, «visto che all’epoca in Transatlantico i giornalisti non li facevano entrare». E visto che le novanta lire al mese non gli bastavano neanche per mettere assieme il pranzo con la cena, o almeno così diceva lui, ecco che Laurito aveva messo a reddito le altre due grandi passioni di una vita: l’arte e il cinema.

 

Grazie al fiuto in fatto di pittori, Laurito aveva messo su una galleria d’arte in via Alibert, nel centro di Roma; s’era fatto prestare «qualche Chagall e un paio di Mirò», raccontava lui, per una mostra che doveva durare una settimana ma che invece si era protratta per mesi, facendo pubblicità all’attività. Attività grazie alla quale era diventato amico di Sandro Pertini, a cui consigliava le opere da comprare.

 

Il cinema, invece, l’aveva portato quasi alla rottura col padre, che non voleva il figlio attore. Pazienza: frequentando la trattoria Otello, a pochi metri da piazza di Spagna, Laurito era diventato amico dei registi di grido, strappando scritture da generico, comparsate e qualche ruolo di maggiore peso: un passante in Anni difficili di Luigi Zampa, l’usciere in Un giorno in pretura di Steno e soprattutto, anni dopo, l’avvocato che piomba dal Vaticano in Sicilia nel Bell’Antonio di Mauro Bolognini, al fianco di Marcello Mastroianni.

 

sandro pertini

Passato da Democrazia del lavoro a Paese sera e poi all’Ansa, Laurito avrebbe rotto con l’agenzia nel 1978, dopo una tragica telefonata col mitico direttore Sergio Lepri, che non ne voleva sapere di pubblicare la notizia dell’imminente richiesta di dimissioni al capo dello Stato Giovanni Leone che di lì a qualche ora sarebbe arrivata dalla sede del Partito comunista a Botteghe Oscure. «La pubblicheremo quando sarà ufficiale», gli disse il direttore. E Pasqualino, senza neanche pensarci, l’aveva dattiloscritta e distribuita da solo, costringendo l’Ansa – sogghignava - «a passare dallo scoop al buco».

 

Nasceva lì la Velina Rossa, in risposta alla Velina di Vittorio Orefice, la nota quotidiana con cui Laurito ha anticipato moltissimi fatti che riguardavano il mondo del Pci e della sinistra: dagli incontri segreti tra Enrico Berlinguer e Bettino Craxi alle Frattocchie all’inizio del disgelo tra Mosca e il Vaticano, poco prima della perestrojka. Permeata dallo spirito burbero e anche però dal cuore d’oro del suo estensore, la Velina negli anni è diventata un must per gli amanti di cose di Palazzo e i cronisti politici.

 

PASQUALE LAURITO - CREATORE DELLA VELINA ROSSA

L’orientamento, nell’ultima fase, ha risentito tantissimo della straordinaria capacità di Laurito di applaudire (soprattutto Massimo D’Alema, ma poi anche Gianfranco Fini all’epoca della rottura con Berlusconi) e stroncare (Matteo Renzi, ribattezzato «Il taverniere fiorentino» dalla Velina per tutto il suo periodo a Palazzo Chigi) leader e maggiorenti di turno, incapace com’era a esplorare vie di mezzo, per nulla incline al compromesso e forse anche allergico alla sintesi.

 

Raccontava Laurito che, pur di rimanere a fare il giornalista «a due lire», nel 1978 aveva rifiutato l’invito di Sandro Pertini ad andare a lavorare con lui al Quirinale. Il vecchio socialista, prima dell’elezione al Colle, si era convinto che il Pci gli avrebbe messo i bastoni tra le ruote, preferendogli un democristiano. E ogni tanto s’era sfogato col vecchio amico Laurito (lamentando una fantomatica antipatia da parte soprattutto di Alessandro Natta), che però l’aveva tranquillizzato sul buon esito dell’elezione a presidente.

pasquale laurito

 

(...)

L’immancabile sciarpa rossa segnalava la sua presenza in sala stampa anche prima di accorgersi che Pasqualino era lì, a un metro. La toglieva solo d’estate, quand’era l’ora di andare a Porto Ercole. Al mare, che gli piaceva tanto.

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