IO VORREI, NON VORREI...EL BARADEI - CHI È IL MANCATO PREMIER CHE PIACE A TUTTI TRANNE AGLI EGIZIANI

1. EGITTO: MILITARI IN FORZE SI PREPARANO A GIORNATA DISORDINI PRESIDIATA PIAZZA TAHRIR. FRATELLANZA, MOBILITAZIONE COSTANTE
(ANSA-AFP) - Militari e polizia sono schierati in forze al Cairo e nel resto dell'Egitto in previsione di una nuova giornata di disordini e di violenze fra manifestanti favorevoli al deposto presidente Mohamed Morsi dei Fratelli Musulmani e i suoi oppositori. Sulla piazza Tahrir al Cairo gruppi di manifestanti anti-Morsi si stanno gia' raggruppando, riunendosi a quelli ivi accampati.

La Fratellanza, dal canto suo, ha promesso che non cESSera' la sua mobilitazione fino a quando il presidente deposto dai militari non tornera' al suo posto e ha invitato i suoi seguaci a scendere in piazza ''a milioni'' contro quello che viene definito lo ''stato di polizia'' instaurato con il colpo di stato e contro la nomina del nuovo premier.

Oggi andranno avanti i negoziati sulla sua nomina e sulla formazione del governo di transizione dopo che ieri e' circolato il nome del Nobel per la Pace Mohammed El-Baradei, ex segretario generale dell'Aiea inviso alla Fratellanza, ma che potrebbe non essere l'unica opzione, come trapelato in nottata. Nella sola giornata di venerdi' le violenze fra opposte fazioni e fra manifestanti e forze di sicurezza hanno lasciato in terra almeno 30 morti. Durante la notte un gasdotto e' esploso nel Sinai, una delle aree dell'Egitto piu' esposte alla violenza.

2. EGITTO: EL BARADEI, MIA UNICA LINEA ROSSA E' RISPETTO DEMOCRAZIA
(AGI/EFE) - "La mia unica linea rossa" e' il rispetto della "tolleranza e della democrazia". E' quanto ha affermato Mohamed el Baradei, fino a ieri accreditato ad assumere il ruolo di premier egiziano a interim dopo il golpe militare che ha portato alla destituzione del presidente islamista Mohamed Morsi. In una intervista alla rivista tedesca "Der Spiegel" il premio Nobel per la pace, intorno al quale non e' stato trovato l'accorso ha chiesto che il presidente Morsi, arrestato durante il golpe, sia trattato "con dignita'" e sia giudicato da un tribunale, ma solo in presenza di un "giusto motivo".

Questi, ha detto, sono i requisiti per una riconciliazione nazionale. Sabato sera El Baradei e' stato convocato dal presidente a interim Adli Mansour per dirigere il nuovo governo di transizione. Ma dopo il veto dei Fratelli Musulmani e' arrivato anche quello del Nour, secondo partito islamico del Paese, che pure aveva appoggiato l'esercito nella destituzione di Morsi


3. EGITTO, È SCONTRO SUL PREMIER "INCARICO AL LAICO EL BARADEI" POI IL VETO DEI PARTITI ISLAMICI
Fabio Scuto per "la Repubblica"

Mohammed El Baradei, l'uomo che ha più incarnato le speranze di cambiamento in Egitto, ieri sera era un passo dall'essere nominato premier per guidare il "nuovo corso" in questa delicata transizione mentre tutto il Paese è incendiato dalla reazione violenta della Fratellanza musulmana. Stava per giurare nelle mani del presidente ad interim Adly Mansour nel Palazzo presidenziale a Heliopolis, quando il partito salafita "Al Noor" - che pure ha appoggiato la svolta impressa dai militari solo quattro giorni fa con l'estromissione del presidente islamista Mohammed Morsi - ha posto il veto sul suo nome, minacciando di ritirare il suo appoggio al nuovo esecutivo d'emergenza.

La presidenza è stata così costretta a un'imbarazzante retromarcia annunciando nella notte che «diversi sono i nomi in discussione» e che nulla è ancora deciso, «anche se il nome di El Baradei sembra quello più logico». Le consultazioni sono andate avanti tutta la notte: l'ex direttore dell'Aiea e leader liberaldemocratico è stato per due volte ieri sera a colloquio con il presidente Mansour, mentre in un'altra sala proseguivano i negoziati con i rappresentanti di "Al Noor", dimostrando la pericolosa fragilità politica del "cartello" che ha sostenuto i militari nella destituzione di Morsi.

Insorge e promette vendetta la Fratellanza musulmana, che si è vista arrestare gran parte dei suoi leader nelle ultime ore per incitamento alla violenza, mentre in tutto l'Egitto si registravano 37 morti e oltre mille feriti negli scontri al Cairo, Alessandria, Suez e nel Sinai. «Respingiamo in blocco tutto, il golpe dei militari, le nomine, il nostro presidente resta Mohammed Morsi e resteremo in piazza fino al suo ritorno e poi un uomo degli americani», annuncia Mohammed el Khatib, dirigente della Confraternita, mentre decine di migliaia di sostenitori della Fratellanza si sono ritrovati anche ieri a Nasr City, davanti alla moschea di Rabaa el Adaweya, in un quartiere non distante dal Palazzo presidenziale e dal Comando della Guardia Repubblicana dove Morsi da mercoledì sera è agli arresti domiciliari.

La scelta di El Baradei era sembrata l'unica possibile per il generale Abdel Fattah al Sissi - capo dell'Esercito che si propone come garante verso una vera democrazia - per cercare di cancellare il prima possibile la parola "golpe" dagli sviluppi della crisi egiziana che inquieta Stati Uniti e Europa e salvare così gli aiuti stranieri senza i quali il Paese dei Faraoni fallirebbe domani.

Difficile accusare di essere un golpista l'ex direttore dell'Aiea che è anche stato insignito del Premio Nobel per la pace nel 2005. All'unanimità il leader riformista - che ha guidato prima l'opposizione al raìs Hosni Mubarak poi al presidente islamista Mohammed Morsi - era stato designato dai giovani di Tamarod, dai partiti laici riuniti nel Fronte di salvezza nazionale, dai ragazzi del "Movimento 6 aprile", che hanno animato le grandi manifestazioni di massa di questi giorni, di essere la loro "voce" per trattare con i militari un rapido ritorno alla normale vita politica.

Un ritorno che non sembra né facile né vicino, il Paese è fortemente diviso, in preda alle violenze, l'Esercito potrebbe presto essere obbligato a decretare il coprifuoco nelle grandi città. La Fratellanza ha fatto sapere che continuerà a presidiare la piazza fino a quando Morsi non ritornerà al suo posto, anche se le prime mosse del presidente ad interim Mansour fanno capire che per l'ex presidente islamista si tratta di una strada senza ritorno.

Per "Al Ahram" i vertici della Confraternita avrebbero cominciato a capirlo e stanno usando la pressione della piazza e le violenze, come quelle scatenate della scorsa notte al Cairo, per assicurare salvacondotti per i propri leader. Ma i gruppi più oltranzisti della galassia islamica sono molto attivi e in Egitto circolano molte più armi che durante la rivoluzione del 2011.

Lo sceicco sunnita Youssef al Qaradawi, uno dei più importanti di tutto il Medio Oriente e considerato l'ispiratore della Fratellanza, ha lanciato una "fatwa" per sostenere Morsi che sembra già un appello alla lotta armata. E, da Washington, il presidente Obama si mantiene neutrale: «Gli Usa non sono allineati con alcun partito politico in Egitto e con nessun gruppo» ha detto in una conference call con il National Security Council sulla situazione in Egitto.


4. RAFFINATO, POLIGLOTTA, AMANTE DEL VINO DI CASA NEL MONDO, STRANIERO IN PATRIA
Cecilia Zecchinelli per il "Corriere della Sera"

Durante il drammatico quanto gelido annuncio in tv che Mohammad Morsi non era più presidente dell'Egitto, mercoledì sera c'era lui a fianco del capo dei generali Al Sisi. Mohammad El Baradei, 71 anni, già capo dell'Agenzia atomica dell'Onu e premio Nobel, da poco era stato nominato rappresentante del Fronte 30 giugno formato dagli oppositori al raìs islamico.

Ma molti avevano visto in quel momento la conferma che altro lo attendeva nei giorni a venire. Sarà il nuovo premier, o almeno vicepresidente, dicevano le voci aggiungendo che fino all'ultimo El Baradei avrebbe respinto ogni carica. Meglio restare dietro le quinte, come grande tessitore. Già l'anno scorso non si era presentato alle presidenziali, recentemente aveva dichiarato che nemmeno alle prossime, quando saranno, avrebbe corso. Invece, ieri ha ceduto accettando di essere premier.

A dire di no, dopo ore in cui l'incarico era stato confermato da fonti della presidenza, è stato il partito salafita Al Nour, parte cruciale del Fronte 30 giugno. Ma in un Paese dove i colpi di scena sono quotidiani, niente è ancora detto, nemmeno che quel «no» dei salafiti resti un «no».

Laureato in legge al Cairo, subito entrato al ministero degli Esteri, El Baradei ha passato quasi tutta la sua vita fuori dal suo Paese: alle missioni Onu a New York e Ginevra, poi dal 1984 al 2009 all'Agenzia atomica, gli ultimi 12 anni come capo. Periodo difficile, soprattutto per i dossier iracheno e iraniano: cercò di mantenere posizioni indipendenti, insistendo che si potevano trovare soluzioni pacifiche anche nei casi più controversi, come le famose «armi i distruzione di massa» di Saddam (di cui dubitava) o sull'arsenale degli Ayatollah (su cui voleva certezze). Guadagnandosi spesso l'accusa di debolezza da parte di governi occidentali, ma poi, alla fine, quel Nobel per la pace che ne certifica capacità e correttezza.

La sua reputazione è infatti oggi alta nella comunità internazionale. E non solo perché è uomo di mondo con case in Europa, poliglotta e a suo agio (pur da timido) ovunque. In Egitto questo è stato però uno svantaggio. Nel 2010, quando qui fondò il «Fronte nazionale del cambiamento» anti-Mubarak, lo seguirono in pochi. Si diceva che era un khawaga, straniero, che dell'Egitto non sapeva niente, o peggio che era un «uomo degli Usa», E poi beveva vino e parlava in modo strano, le figlie si fotografavano in bikini.

Tutti i media in Occidente lo intervistavano, qui lo volevano al massimo i «ragazzi di Facebook». Dopo la Rivoluzione, di persona o su twitter (che usa molto) mise in guardia i vincitori dal correre troppo: per contrastare sia i Fratelli sia i generali, che criticò apertamente, ci voleva una nuova Costituzione, e solo allora andare alle urne. «Altrimenti avrete un raìs imperatore, con tutti i poteri, sarà un disastro». Non fu ascoltato, il risultato si è visto.

Sotto la presidenza Morsi, nel clima di disfatta dei laici che solo da poco hanno rialzato la testa, ha fondato un nuovo partito, Al Dustur, la Costituzione. Con alcuni noti liberal (da Gamila Ismail, ex moglie di Ayman Nour all'anziano attivista copto George Ishaq) ha continuato a insistere sulla necessità di ripartire da capo, per creare le basi di una democrazia. Non voleva arrivare al «golpe», che ovviamente lui ora non chiama così.

Le sue posizioni, simili a quelle degli Usa, era di negoziare un compromesso con Morsi. Ma svanita ogni possibilità di intesa ha deciso di mantenere il suo impegno nella politica dell'Egitto. E di accettare, forse a denti stretti, quel ruolo di premier. Difficile dire se il «no» imposto dai salafiti nella notte sia stato per El Baradei una delusione. Magari, è stato un sollievo: fare il premier egiziano, per quanto di transizione, non è certo impresa facile.

 

 

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