sergio battelli

SUL VOTO DEL QUIRINALE "PESANO" I PEONES CHE TEMONO DI TORNARE A CASA SE SI VA A ELEZIONI ANTICIPATE – IL RACCONTO DI RONCONE: "C’E’ IL GRILLINO TENDENZA DI MAIO, BATTELLI, VESTITO COME PER UN BRUNCH AL LAGO CHE ARRIVA IN MONOPATTINO: ''SE A PALAZZO CHIGI VENISSE GIÙ TUTTO, O PERCHÉ DRAGHI SALE AL COLLE, O PERCHÉ AL COLLE MAGARI CI VA UN ALTRO E DRAGHI SI STRANISCE E MOLLA, IL RISCHIO DI ANDARE A VOTARE È CHIARO CHE ESISTE. MA NON MI AMMAZZEREI DI CERTO SE DOVESSI LASCIARE LA POLITICA. E POI MI SONO SEMPRE SAPUTO REINVENTARE''..."

Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera

 

SERGIO BATTELLI

L'incarico: trovare un peone qualsiasi, farsi raccontare come lo trattano, lo schifo di giornate che sta vivendo qui a Montecitorio, tenuto all'oscuro, grande elettore per modo di dire, per lui solo comandi bruschi, costretto a votare come gli ordinano i capi via WhatsApp (finora: sempre scheda bianca; infatti poi alcuni s' infilano nelle cabine e, per sfregio, scrivono Claudio Baglioni o Nino Frassica).

 

Lo sguardo scivola sul Transatlantico e giù nel cortiletto: bolgia anche in questo secondo giorno, si fuma ovunque, mascherine abbassate, chiacchiere, la candidatura di Mario Draghi al Quirinale perde quota, Renato Brunetta l'unico che lo difende platealmente. Sì, ma i peones? Eccone un gruppetto.

 

Questo con le mani in tasca è Mario Acunzo da Battipaglia. Ex 5 Stelle: cacciato perché non versava i soldi al Movimento. Arrotonda facendo l'attore nella fiction di Rai 1 «Il commissario Ricciardi». Ma Acunzo non parla (è disperato: fece l'errore di dire che avrebbe voluto Berlusconi al Quirinale).

 

SERGIO BATTELLI DISCO

Questa invece è Carmela «Ella» Bucalo da Barcellona Pozzo di Gotto, di anni 58, Fratelli d'Italia: ieri si scattava selfie di ricordo. «Decide tutto Giorgia, certo: ci mancherebbe». Un giovane cronista ha già battuto il terreno: «Con la Granato, perdi tempo. Puoi provare con Ciampolillo, ma lo sai anche tu che è un po' banale. Le grilline sono diventate furbe, annusano il pericolo, sono reticenti».

 

Poi passa Sergio Battelli. «Come mi ha chiamato?». Peone. «Guardi che io mica mi offendo». Ma infatti io non intendevo offenderla. «Peone ero quando entrai nel 2013, peone mi sento». Sì, ecco: Sergio Battelli di anni 39, grillino genovese, può funzionare. È amico di Luigi Di Maio, però questo non sposta di un centimetro la sua condizione di bracciante della politica. Battelli, tra qualche tempo, sarà materia di studio: licenza media, un decennio trascorso a lavorare come commesso dentro un negozio di animali. Cucce, croccantini, guinzagli.

 

SERGIO BATTELLI

Poi l'apparizione di Beppe Grillo sulla porta d'ingresso. Due clic, parlamentarie e, nel 2013, si ritrova qui: deputato. Circa 14 mila euro accreditati sul conto corrente. Ogni mese. Per la tragica regola imposta da Gianroberto Casaleggio dell'«uno vale uno», nel 2018 lo nominano pure presidente della commissione Affari europei. «Se devo essere trattato male...».

 

Guardi, è cronaca. «Okay: cosa vuol sapere?». La sua giornata. «Mi sveglio, faccio colazione, mi vesto...» (tipo simpatico, veloce, ha imparato le regole del gioco: ma sul vestire non ci siamo. Indossa un abito di lana a quadratini e un maglione nero a collo alto).

 

State eleggendo il nostro nuovo presidente della Repubblica: non pensa di essersi presentato vestito come per un brunch al lago? «Lei pensa?». Penso che tra il suo maglione e la grisaglia di Aldo Moro possa esserci una decorosa via di mezzo. Parliamo di queste votazioni. «Vengo qui in anticipo. Parcheggio il monopattino ed entro. Oggi ho mangiato un panino al volo alla buvette. Poi aspetto che arrivi il mio turno di voto parlando con i miei colleghi, immaginando soluzioni, scenari».

 

SERGIO BATTELLI

Siete preoccupati? «Senta: se a Palazzo Chigi venisse giù tutto, o perché Draghi sale al Colle, o perché al Colle magari ci va un altro e Draghi si stranisce e molla, il rischio di andare a votare è chiaro che esiste. E io, che come Di Maio sono al secondo mandato, per le attuali regole del Movimento dovrei tornarmene a casa. Ma le assicuro che non mi ammazzerei di certo se dovessi lasciare questo luogo, la politica. E poi...».

 

Poi? «Mi sono sempre saputo reinventare. Anche stavolta troverei qualcosa per campare». Tipo? «Mi piace la musica. Suonavo, so incidere, potrei buttarmi nella produzione discografica». Squilla il cellulare: sul display comincia a lampeggiare la scritta «Luigi Di Maio». Allora Battelli mette su uno sguardo che tiene insieme imbarazzo e fretta (è noto che Di Maio s' infuria se non gli rispondono entro il secondo squillo; il suo ragionamento dev' essere, più o meno, questo: ma come, io sto qui a faticare per voi, a combattere con Letta zio e Letta nipote, a parlare con Salvini e ad ascoltare persino Conte, e voi fate salotto?). Così Battelli s' allontana. Ma, tenendolo d'occhio, eccolo poi che passetto passetto torna subito ai divanetti, dove lo aspettano. «Allora, Giggino che dice: butta male?». Peones.

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