“LO SBAGLIO PIÙ GROSSO DELLA PANDEMIA È STATO NON PRENDERE SUL SERIO IL LAVORO PUBBLICATO DA “LANCET” IL 24 GENNAIO 2020 FATTO DA UN GRUPPO DI RICERCATORI CINESI CHE CI SPIEGAVA TUTTO DEL VIRUS” – GIUSEPPE REMUZZI: “C'ERANO LE CARATTERISTICHE DEI PAZIENTI, TUTTI I POSSIBILI ESAMI DI LABORATORIO, IL QUADRO RADIOLOGICO E IL QUADRO ALLA TAC, LA NECESSITÀ DI OSPEDALIZZAZIONE E DI RICORSO ALLA TERAPIA INTENSIVA. SE NON L'AVESSIMO TRASCURATO, AVREMMO AVUTO ALMENO QUATTRO SETTIMANE PER PREPARARCI. UN ALTRO ERRORE FORSE È STATO QUELLO DI AVER TENUTO CHIUSE LE SCUOLE TROPPO A LUNGO”
Maria Sorbi per “il Giornale”
Professor Giuseppe Remuzzi, la fine delle misure emergenziali arriva mentre i numeri dei contagi sono in lieve ripresa. Possiamo comunque stare tranquilli?
«La fine dello stato di emergenza non deve essere interpretata come un segnale di fine pandemia. Quindi evitiamo comportamenti che ormai sappiamo tutti facilitare la diffusione del virus e non smettiamo di vaccinarsi».
Cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi?
«L'Institute for Health Metrics and Evaluation ha pubblicato il lavoro di un gruppo coordinato da ricercatori di Seattle. Sono le previsioni relative all'Italia su infezioni, ospedalizzazioni e morti di Covid da dicembre ad agosto. Per tutti e tre i parametri c'è un picco fra gennaio e febbraio, segue una riduzione a marzo, una ripresa di contagi tra marzo e aprile e una discesa che dovrebbe cominciare a maggio. Questa analisi prevede che tra giugno e luglio, almeno per chi ha fatto la terza dose e assumendo che l'80% delle persone utilizzi le mascherine nei luoghi chiusi, si arriverà vicini a zero nuove infezioni giornaliere, zero ricoveri in ospedale e zero morti per 100mila. Salvo nuove varianti rilevanti».
Mascherina sì o mascherina no?
«Mascherina FFP2 nei luoghi chiusi sempre, all'aperto quando si trovano molte persone vicine tra loro e a scuola in ambienti non areati. I dati del Center for Disease Control dimostrano come nelle scuole, dove il numero di contagi tendeva a salire, introdurre di nuovo le mascherine ha contribuito a ridurre le infezioni».
Ha senso continuare a fare tamponi?
«Dopo aver avuto un contatto stretto con un positivo, un tampone, compreso quelli fai-da-te, può dare indicazioni utili. Vale per questi test quello che vale per tutto in medicina: non abusiamone».
A molte persone sta scadendo l'effetto terza dose. D'ora in avanti avranno le stesse possibilità di ammalarsi di una persona non vaccinata?
«No, chi si è vaccinato, anche dopo molti mesi, conserva una certa protezione, anche se può comunque infettarsi e infettare soprattutto con varianti nuove come Omicron BA.2. La protezione non è necessariamente fornita dagli anticorpi, che dopo 6 mesi dall'ultima dose tendono a ridursi o addirittura a scomparire, ma dalle cellule della memoria B e T che tendono a fornire una protezione più duratura».
Tra un mese i non vaccinati circoleranno liberamente: questo può rappresentare un rischio di ripresa dei contagi?
«Dipende dalla variante con cui avremo a che fare tra un mese. Se Omicron BA.2 avrà sostituito, come penso, tutte le altre varianti - è già successo con la Delta - dato che ha un indice di trasmissione altissimo, che per fortuna non si associa a malattia grave e ricoveri, il rischio di ripresa dei contagi potrebbe non essere così preoccupante».
TERZA DOSE DI VACCINO ANTI COVID
Abbiamo vissuto due anni assolutamente anomali: quale è stato l'errore peggiore fatto nella gestione della pandemia?
«Lo sbaglio più grosso è stato non prendere sul serio il lavoro del Lancet del 24 gennaio 2020 fatto da un gruppo di ricercatori cinesi che ci spiegava tutto del virus; in quel lavoro c'erano le caratteristiche dei pazienti, tutti i possibili esami di laboratorio, il quadro radiologico e il quadro alla Tac, la necessità di ospedalizzazione e di ricorso alla terapia intensiva. Se non l'avessimo trascurato, avremmo avuto almeno quattro settimane per prepararci. Un altro errore forse è stato quello di aver tenuto chiuse le scuole troppo a lungo».
E quale è stata invece la mossa vincente?
«Le mosse vincenti: il primo lockdown, la campagna vaccinale del generale Figliuolo che ha portato al 91% di italiani sopra i 12 anni vaccinati almeno con una dose e al 89% che hanno completato il ciclo vaccinale, l'insistere sulla vaccinazione eterologa, il green pass (quando serviva davvero) e l'obbligo vaccinale alle persone con più di 50 anni».
In autunno ci aspetta la quarta dose?
«Non possiamo escluderlo. Dobbiamo guardare con grande attenzione ai dati che vengono da Israele: gli adulti di più di 60 anni che hanno avuto una quarta dose hanno avuto una riduzione del rischio di morte quasi dell'80%. Certo, se dovessimo avere nel prossimo futuro un vaccino adatto a generare anticorpi neutralizzanti le varianti nuove, quello sarebbe certamente ancora più utile».
Qual è l'esigenza più grande degli ospedali del post covid?
«Gli ospedali, specialmente gli ospedali pubblici, hanno bisogno di personale e risorse per far fronte a tutto quello che non è stato possibile fare durante il periodo peggiore del Covid e lo devono poter fare in tempi rapidi. Se non riusciamo a farlo nelle strutture pubbliche finiremo presto o tardi che chi paga può curarsi subito e gli altri devono aspettare».