Marco Molendini per Dagospia
No, Aguas de março, il capolavoro di Antonio Carlos Jobim, genio della musica brasiliana e della musica del Novecento in genere non fa parte della storia dell'Hotel Raphael.
L'episodio, ovvero il padre della bossa nova che avrebbe composto la canzone durante un suo soggiorno nell'albergo romano, fa parte di un racconto che Tommaso Labate fa sul Corriere della sera di oggi, rievocando la vita di un luogo legato a un pezzo di storia, a Craxi e a un episodio famoso come il lancio delle monetine (primo episodio di populismo contemporaneo?).
Aguas de março, un brano memorabile che ha avuto grandiose interpretazioni (dallo stesso Jobim a Joao Gilberto a Elis Regina, a Mina, a Art Garfunkel, a Ella Fitzgerald) è nata in altro modo. Ispirata al ritmo della pioggia, che in Brasile è particolarmente battente nel mese di marzo, è stata scritta in una residenza familiare a cui Tom (così viene chiamato Jobim in Brasile:
«Tom non da Tommaso, ma da tom, sostantivo che in portoghese sta per tono», ci teneva a spiegare) era particolarmente affezionato, il podere fra lo Stato di Rio de Janeiro e il Minas Gerais di Poço Fundo dove abitavano i genitori e dove ha scritto molte altre canzoni (da Corcovado a Estrada branca, le prime note di Chega de saudade, Dindi).
Nel 72 Jobim si era ritirato a Poço Fundo per completare un progetto sinfonico, intitolato Matita peré, ispirato a grandi scrittori come João Guimarães Rosa e Carlos Drummond de Andrade.
Sono state le piogge di quei giorni a suggerirgli, però, un altro tema inventato di getto alla chitarra, cantando la melodia: si ferma, gli piace, prende un pezzo di carta, di quelli per incartare il pane, e scrive le prime idee della canzone: «E' pau, é pedra, é o fim do caminho».
La canzone è singolare, non ha la forma classica, è un moto perpetuo e le parole non hanno un senso logico esplicito, sono piuttosto un flusso di coscienza.
MARCO MOLENDINI CON JOAO GILBERTO
Non posso dimenticare una sera per pochi, negli anni Settanta, a casa di Sergio Bardotti con Jobim che spiegava all'amico poeta e partner di tanti successi, Vinicius de Moraes, il significato della sua canzone, parola per parola: ogni tanto interrompevano e si mettevano a ballare con le loro giovani mogli (Ana e Gilda) su uno spettacolare album di Stevie Wonder, Songs in the key of life.
Aguas de março è una canzone è leggera come l'acqua , ma è tutta giocata sui contrasti: a cominciare dall'andamento ritmico allegro che si scontra con il testo profondamente drammatico, metafora della vita quotidiana con la prospettiva della morte. In quel periodo Jobim era fortemente depresso: beveva molto, aveva parecchi acciacchi, era in una fase di stasi professionale (proprio Aguas de março lo avrebbe rilanciato), non aveva comunque perso la sua ironia e immaginava una fine carriera a 80 anni cantando ancora Garota de Ipanema in un tenda da circo nell'interno del Brasile con il pubblico che lo fischiava.
Purtroppo non è andata così: Jobim non è mai stato fischiato e se ne è andato molto prima, a 67 anni, a causa di un tumore. Non solo, ai tempi di quel ritiro a Poço Fundo era poi reduce da un periodo di persecuzione politica che lo aveva turbato in seguito all'adesione a un manifesto di protesta contro la censura della dittatura militare seguito dal boicottaggio del Festival Internacional da Canção delle Rede Globo.
In dodici, fra cui Tom, Chico Buarque e altri furono prelevati dalla polizia e portati in caserma per spingerli a rinunciare alla contestazione. La pressione ottenne il risultato voluto, ma per un periodo Tom venne tenuto sotto sorveglianza, seguito e con la corrispondenza e il telefono intercettati.
La soluzione venne trovata da un funzionario di polizia conciliante che fece firmare a Jobim una dichiarazione paradossale che diceva, a proposito di quel boicottaggio: «Questa carta dichiara che il signore non aveva l'intenzione». E lì finì.
Aguas de março ha rilanciato Jobim in tutto il mondo. Ma a differenza di quanto era successo con la prima ondata della bossa nova, Tom aveva scritto lui stesso anche una versione del testo in inglese, cercando parola per parola sul vocabolario per essere il più fedele possibile all'originale.
Aveva imparato la lezione appresa ai tempi del primo boom, quando i discografici imposero traduttori in inglese che si mangiavano una bella fetta di royalties e quando le traduzioni, come quella di Garota de Ipanema, arrivarono anche a realizzare una paradossale versione al maschile, The boy from Ipanema (assurdo per un pezzo costruito sull'andamento sinuoso e sensuale di quella ragazza che transitava ogni giorno davanti al bar preferito da Tom e Vinicius per andare in spiaggia). Ai tempi, ricordava con amarezza Jobim a proposito della prima avventura americana, se ne tornava in albergo e si metteva letteralmente a piangere di dolore.