GLI ASCOLTI CONTANO PIÙ DELLA VERITÀ - SPOTIFY PRENDE PROVVEDIMENTI (DI FACCIATA) DOPO LE POLEMICHE SU JOE ROGAN, IL NO-VAX CHE CONDUCE UN POPOLARISSIMO PODCAST SULLA PIATTAFORMA, “THE JOE ROGAN EXPERIENCE”. LA SOCIETÀ HA ANNUNCIATO CHE INDICHERÀ ALCUNE LINEE GUIDA PER FERMARE "L'INFORMAZIONE FUORVIANTE". MA NON PUÒ BUTTARE FUORI ROGAN, VISTO CHE PER AVERLO IN ESCLUSIVA (E PER AVERE I SUOI 11 MILIONI DI SEGUACI A PUNTATA) HA SGANCIATO 100 MILIONI DI DOLLARI

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Spotify corre ai ripari su podcast no-vax, annuncia misure

IL COMICO JOE ROGAN IL COMICO JOE ROGAN

(ANSA) - Spotify corre ai ripari nel tentativo di stemperare la controversia sulla sua decisione di sostenere Joe Rogan, il no vax titolare di un popolarissimo podcast che nei mesi della pandemia ha diffuso, secondo molti, informazioni fuorvianti sui vaccini anti-Covid. La piattaforma di musica in streaming ha infatti deciso indicare le linee guida che seguirà per fermare l'informazione fuorviante sul Covid sui suoi servizi.

 

Fra questi è incluso un avvertimento che accompagnerà ogni episodio di podcast dedicato al coronavirus. Lo riporta l'agenzia Bloomberg. "C'è stato molto dibattito sull'informazione sul Covid su Spotify. Abbiamo ascoltato le critiche e stiamo attuando modifiche per combattere la disinformazione", afferma l'amministratore delegato di Spotify Daniel Ek. Negli ultimi giorni Neil Young e Joni Mitchell hanno chiesto a Spotify la rimozione della loro musica dalla piattaforma in protesta per Rogan. E nelle ultime ore anche Meghan Markle e il principe Harry si sono dichiarati preoccupati per il podcast no-vax di Rogan.

 

 

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SPOTIFY PREFERISCE FARE AFFARI COI NO VAX CHE TENERSI NEIL YOUNG - IL CANTANTE DI "HEART OF GOLD" AVEVA DETTO DI NON VOLER STARE SULLA STESSA PIATTAFORMA DEL PODCAST DI JOE ROGAN, UN COMMENTATORE ANTI-VACCINO CHE OTTIENE SEMPRE GRANDI ASCOLTI - https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/spotify-preferisce-fare-affari-coi-no-vax-che-tenersi-neil-young-nbsp-297673.htm

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Matteo Persivale per il “Corriere della Sera”

 

Gli anni Sessanta sono finiti molte volte: in tragedia l'8 dicembre del 1980 quando John Lennon fu ucciso da un fan davanti a casa, in farsa troppe altre volte per essere elencate qui (tipo Bob Dylan che cede la sua musica allo spot tv di una banca svizzera). Quello che è successo ieri conferma semplicemente che la notizia della morte dei mitici «Sixties» non è fortemente esagerata, anzi: sono proprio finitissimi, e soprattutto le regole del Novecento non valgono davvero più in questo nuovo secolo strano. 

 

Perché una volta, se un'azienda che distribuisce intrattenimento avesse dovuto scegliere tra una leggenda assoluta del rock famosa in tutto il mondo e un ex lottatore che intervista personaggi famosi e non famosi vantandosi tra le altre cose di praticare la autofellatio piegandosi su se stesso grazie allo stretching, la scelta ovvia (novecentesca) sarebbe stata a favore della leggenda musicale. In questo caso Neil Young, 76 anni, 59 anni dei quali a creare musica che rimarrà. 

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Young aveva imposto alla app Spotify che distribuisce on line la sua musica di scegliere tra lui e Joe Rogan, l'ex lottatore che è diventato - misteri del mondo digitale - l'intervistatore più pagato del mondo, autore di un podcast ( The Joe Rogan Experience ) con 11 milioni di seguaci per episodio che gli è valso un contratto da 100 milioni di dollari proprio con Spotify. 

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Young, indignato per la svolta apertamente no vax di Rogan (negli ultimi mesi da Covid-scettico è diventato seguace del ricercatore caduto in disgrazia Robert Malone, da lui intervistato senza contraddittorio in una puntata che ha provocato la raccolta di firme di 270 scienziati: accusano Rogan di diffondere disinformazione sui vaccini) ha imposto a Spotify una scelta. 

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E Spotify ha scelto Rogan. Young aveva intitolato il suo appello «In the name of Truth», nel nome della verità invitando altri colleghi a boicottare il servizio di streaming in assenza di azioni concrete per limitare le fake news. La risposta: «Vogliamo che tutti i contenuti musicali e audio del mondo siano disponibili per gli utenti di Spotify. Da ciò deriva una grande responsabilità nel bilanciare sia la sicurezza per gli ascoltatori sia la libertà per i creatori di contenuti. 

 

Abbiamo messo in atto norme dettagliate sui contenuti e abbiamo rimosso oltre 20.000 episodi di podcast relativi al Covid dall'inizio della pandemia. Ci rammarichiamo per la decisione di Neil di rimuovere la sua musica da Spotify, ma speriamo di dargli nuovamente il benvenuto in un vicino futuro» (la questione legale, cioè se Spotify al di là delle etichette sia di fatto un editore, come peraltro Twitter e Facebook, è spinosa: al momento non è regolamentato come tale). 

 

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La scelta aziendale era ovvia tra una star del 2022 e una star che ha raggiunto l'apice della sua potenza commerciale («Heart of Gold» numero 1 della classifica Billboard) nel 1972 quando Rogan, 54enne, era all'asilo. Non può aver sorpreso Young, veterano del mestiere, cresciuto dentro un sistema come quello discografico anni Sessanta e Settanta tanto potente quanto famoso per il trattamento orrido riservato agli artisti. 

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E Young può permettersi scelte di vita radicali: un anno fa ha venduto il 50% dei diritti sul suo catalogo musicale (più di 1180 canzoni) a un fondo per 150 milioni di dollari. Rogan intervista Elon Musk tra una «canna» e l'altra, raccontando la sua dieta a base di alce (spesso crudo) e steroidi, disseminando teorie cospiratorie e mettendo sui social i video dei suoi bagni tonificanti sottozero. O spiegando la ricetta - anticorpi monoclonali, sverminante equino, antimalarici, integratori - che avrebbe risolto felicemente la situazione quando Rogan, non vaccinato, disse di essersi ammalato di Covid.

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