Quirino Conti per Dagospia
Parrebbe che, per una sindrome particolarmente aggressiva, a forza di lamentare con un clinico un po’ di stanchezza e qualche attimo di non eccessiva euforia, dopo qualche seduta si scateni senza sintomi specifici una forma depressiva autenticamente devastante.
E questo unicamente per la potenza delle parole e dell’autoconvincimento. Come quel tale che, in una clinica psichiatrica, a forza di dichiararsi lo Spirito Santo finì per morire schiacciato sul selciato del cortile, convinto di poter spiccare il volo da un finestrone lasciato pericolosamente aperto.
Per la medesima procedura psichica, non di rado la Moda crea mostri di autentica autoreferenzialità su alcuni talenti invece al nascere magnificamente produttivi. A questo molto contribuisce il servilismo della stampa, che per un pugno più o meno voluminoso di pubblicità può far credere all’innocente stilista qualsiasi cosa sul suo conto.
Chi non ricorda il penoso caso di Tom Ford, spacciato per nuovo Saint Laurent e non solo, quando regnava incontrastato sul mondo dell’editoria a suon di pacchetti pubblicitari mai visti prima? E quel certo raffazzonato Neoclassicismo-Impero suggerito a Versace da un loquacissimo consulente cattedratico, che fece precipitare un geniale uomo-prodotto nell’inganno di essere divenuto il nuovo Winckelmann?
Così come la più prudente Miuccia Prada, che, trascinata per i capelli nelle strettoie dell’arte contemporanea, fu però tanto assennata da sfuggire all’insidia di un costante e tendenzioso paragone con Schiaparelli.
harry styles, stevie nicks e alessandro michele alessandro michele
Ora è il turno del mite Alessandro Michele, che accolto all’esordio come quel cetaceo spiaggiato sul finale della Dolce vita, dopo gli attuali trionfanti fatturati si esprime in pedana come un cavallo pazzo sfuggito a ogni governo di lucidità progettuale. E quell’orrore dell’elogio al Camp, messo su a New York, non avrebbe potuto frastornarlo di più.
“Più li faccio brutti, più piacciono,” commentava ridendosela Picasso della sua ultima produzione. Ed era vero in ogni senso: opere di tarda maniera vendute a prezzi insultanti. Fortunatamente però la nostra modernità, avendo garantito il diritto a ogni genere di libertà, per difendersi ha inventato un saldo discrimine tra lo sberleffo inconsapevole e quello legittimato e pienamente intenzionale.
alessandro borghi,alessandro michele e marco bizzari
Dunque, una barriera invalicabile tra l’arbitrio gratuito e un esperto rimescolamento del Tempo e dei suoi toni di voce. Giacché la Moda è soprattutto questo: un modo di pronunciare le stesse cose – o cose molto simili – con accenti inconfondibilmente diversi.
harry styles e alessandro michele di gucci versione gender fluid
Tutto questo era stato magnificamente Alessandro Michele prima di cadere nel tranello del trionfo. Dove tutti mostravano accondiscendenza aspettando un’occasione migliore per capirci di più. Intanto montava il rischio della ripetizione. Giacché il clangore di un finale d’opera non può ripetersi all’infinito. Tanto che Wagner continua a rinviarlo senza limiti protraendolo di continuo: ma è Wagner, per l’appunto. Continuare a sparare botti finisce per logorare l’effetto e l’udito. “Un baccanale a Berlino, sotto la metropolitana”? Un epitaffio per il crollo di un sogno.
Alessandro Michele e Marco Bizzarri 1 ALESSANDRO MICHELE PREMIATO DA ELTON JOHN ALESSANDRO MICHELE 2 ALESSANDRO MICHELE 3 ALESSANDRO MICHELE E CHARLOTTE CASIRAGHI ALESSANDRO MICHELE 4 dakota johnson alessandro michele e marco bizzarri green carpet fashion award ALESSANDRO MICHELE solange knowles al met sexy beyonce al met Alessandro Michele e Marco Bizzarri