Aeroporto di Veretye, Oblast di Pskov, Russia: secondo i media ??, due elicotteri sono stati danneggiati a causa di esplosioni sconosciute il 30 ottobre, questo video mostrerebbe sabotatori che piantano esplosivi su 2 Ka-52. Da notare che l'?? non ha catturato un numero 1/2 pic.twitter.com/nBPY35tFz5
— OSINT-I (@OSINTI1) October 31, 2022
Da repubblica.it
I sabotatori sono arrivati dai boschi, indossando anonime divise verdi, e sono penetrati nella base russa. Lì nessuno si aspettava un attacco: l'aeroporto di Pskov dista seicento chilometri dall'Ucraina ed è a poco più di duecento da San Pietroburgo. In tutta tranquillità, i commandos hanno piazzato piccoli ordigni sugli elicotteri da combattimento Ka52, i migliori dell'arsenale di Mosca.
E hanno filmato la scena, in modo da documentare la beffa nel cuore della Russia. Poi sono scomparsi nella foresta: le sentinelle hanno capito cosa stesse accadendo solo quando quattro elicotteri sono saltati in aria, uno dopo l'altro.
Si tratta del raid più clamoroso messo a segno dalle forze speciali di Kiev: un colpo a sorpresa che mostra ancora una volta la fragilità della rete di sicurezza russa. L'operazione è stata condotta dal Gru ucraino, l'intelligence militare guidata da Kyrylo Budanov, il generale di 36 anni che dirige le attività dietro le linee.
Difficile anticipare quale sarà la reazione del Cremlino, ma è probabile che punterà il dito contro l'Estonia: il confine è a cinquanta chilometri da Pskov. Gli incursori possono avere agito anche senza l'appoggio delle istituzioni di Tallinn: il blitz è stato portato a termine da pochi uomini, con gli esplosivi nello zainetto, che verosimilmente hanno marciato nei boschi. Ma è indubbio che il sostegno dei Paesi baltici alla resistenza ucraina sia totale.
Il successo di Kiev arriva pochi giorni dopo l'assalto contro il porto di Sebastopoli, destinato a entrare nei manuali: per la prima volta nella Storia c'è stato un attacco sincronizzato di droni dal cielo e dal mare. Aerei e battelli telecomandati si sono lanciati contemporaneamente contro le navi russe, danneggiando la fregata Makarov, l'ammiraglia della Flotta del Mar Nero che ha rimpiazzato l'incrociatore Moskva affondato ad aprile. Ancora una volta, la Crimea è finita sotto tiro come era già accaduto con l'attentato contro il grande ponte voluto da Putin. Ancora una volta, la propaganda del regime non è riuscita a nascondere la disfatta.
E la rappresaglia del Cremlino è stata feroce. Le installazioni di Odessa sono state bersagliate dai missili, distruggendo pure una chiatta carica di grano. Soprattutto Mosca ha sospeso l'accordo per l'esportazione dei cereali ucraini, negoziato con Turchia e Onu: l'unica intesa diplomatica conclusa dall'inizio della guerra. Ieri Erdogan ha parlato con Putin per cercare una soluzione, mentre le compagnie di assicurazione hanno smesso di coprire i mercantili sulle rotte ucraine: torna a riproporsi lo spettro della crisi alimentare mondiale.
C'è un altro fattore, non meno preoccupante. Il doppio colpo mina la credibilità di Putin, mostrando al suo popolo come la retorica dell'Operazione militare speciale nasconda una guerra disastrosa: neppure la mobilitazione dei 300 mila riservisti ha migliorato la situazione al fronte e pure la difesa della madrepatria è piena di falle. Ognuno di questi attacchi aumenta l'ira dello Zar e lo getta nelle braccia dei "falchi", spingendolo ad alzare il livello dello scontro. Non a caso, ieri l'ex vicepresidente Medvedev è tornato a minacciare l'uso di armi nucleari per proteggere i territori annessi in Ucraina. E il portavoce del Cremlino ha accusato Londra: «Ci sono gli inglesi dietro il raid di Sebastopoli.
vladimir putin al club valdai di mosca 1
Queste azioni non possono essere lasciate passare». Il rischio di un'escalation continua a crescere, azzerando qualsiasi possibilità di trattative.
Quello che vogliono i duri di entrambe le nazioni. «Negoziare con Mosca è una minaccia per noi», ha detto senza mezzi termini a Repubblica il generale Vadym Skibitsky, numero due dell'intelligence ucraina che organizza i colpi di mano in territorio russo.