Cosimo Ferri brinda con Ana Bettz e Rita Cavallaro
1 - ANA BETTZ, GLI AFFARI CON LA CAMORRA E I SOLDI IN NERO PER GABRIEL GARKO
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
C' è la cronaca mondana che diventa giudiziaria, con gli affari occulti tra la cantante-ballerina Ana Bettz e l' attore Gabriel Garko, coppia dello spettacolo fotografata al centro di Roma e intercettata dalla Guardia di finanza mentre contratta pagamenti in nero per una pubblicità.
E c' è la storia di una imprenditrice ereditiera - la stessa Ana Bettz, al secolo Anna Bettozzi, vedova del petroliere Sergio Di Cesare - accusata di favorire la camorra, compreso il famigerato clan dei Casalesi.
Questo e molto altro svela l' operazione condotta da quattro Procure (Roma, Napoli, Catanzaro e Reggio Calabria) con i Nuclei di polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle e il Ros dei carabinieri, chiamata «Petrol-mafie spa»: frodi fiscali e autoriciclaggio per un valore complessivo di circa un miliardo di euro, che hanno portato all' arresto di circa 70 persone in tutta Italia. Tra le quali Ana Bettz e un pezzo consistente della sua famiglia: due figli, un nipote, il compagno della figlia e l' avvocato dell' impresa.
I pagamenti a Garko sono diventati un capo di imputazione: autoriciclaggio aggravato dall' aver agevolato un' organizzazione di stampo mafioso (i Casalesi) perché 150.000 euro consegnati in contanti all' attore sarebbero parte dei guadagni illeciti derivanti dai finanziamenti ricevuti dal clan e riciclati attraverso la frode fiscale nel commercio di gasolio.
Agli atti dell' inchiesta c' è una telefonata del 28 febbraio 2019 in cui l' attore (che al momento non figura tra gli indagati) si lamenta con la Bettozzi perché gli è arrivato un contratto da 250.000 euro mentre «doveva essere da 100», cioè centomila. La donna lo rassicura: «Abbiamo detto che dopo strappiamo tutto. Scusa, noi abbiamo stabilito 250... 50 te li ho già dati e rimangono 200», al che Garko chiarisce: «100 in nero e 100 fatturato...sul contrato va messo il fatturato!».
Ma al di là dei lati nascosti di un rapporto pubblicizzato sui settimanali rosa, l' indagine della Procura antimafia di Roma ha scoperchiato i finanziamenti occulti alla Maxpetroli (oggi divenuta Made Petrol) con cui la camorra riciclava i guadagni illeciti e correva in aiuto di un' impresa in difficoltà, realizzando un' evasione dell' Iva, dell' Ires e delle accise calcolata in oltre 185 milioni di euro.
Dall' inchiesta risulta che il rapporto tra Bettozzi e il tramite della camorra, Alberto Coppola, è nato da un contatto su Facebook e s' è sviluppato facendo entrare nell' impresa ereditata da Ana Bettz i soldi del clan Moccia (tra i più importanti di Napoli), dei Casalesi (attraverso Armando Schiavone apostrofato come «il nipote del barbone», cioè di Francesco Schiavone detto Sandokan) e del clan Micola. Grazie a questi finanziamenti il volume d' affari della Made petrol sarebbe lievitato in tre anni - secondo gli accertamenti della Finanza - da 90 a 370 milioni di euro.
In un colloquio intercettato il 4 marzo 2019, la stessa Bettozzi ha in qualche modo confessato le sue relazioni pericolose, mentre cercava di convincere la sorella Piera a desistere dal progetto di aprire un deposito di carburanti: «A Piè, io dietro c' ho la camorra!
Tu dove c... vai... Te stanno a pijà per il c... Lo sai quanto c' ha in giro Felice (...).
E io controllo che sia borderline, quasi regolare... Sai quanto c' ha in giro! 15 milioni al giorno, quell' altro 5 milioni, io altri 5 e insieme c' abbiamo 15 e 10, 25/30 milioni al giorno!
Tu dove c... vai? (...) Sei responsabile sempre te... Tu la legge, ti danno l' associazione...».
Felice è verosimilmente Felice D' Agostino, trentanovenne pugliese introdotto nella Maxpetroli da Coppola, fidanzatosi con Virginia Di Cesare (figlia di Ana Betz) da cui ha avuto un bambino, finito anche lui in carcere con l' accusa di associazione a delinquere.
Come paventato dalla stessa Bettozzi, che l' 11 maggio 2019 ebbe un primo complicato incontro con la Guardia di finanza.
Stava andando in Francia, al festival di Cannes, e fu fermata mentre passava la frontiera a Ventimiglia su una Rolls Royce guidata da un autista.
I militari controllarono l' interno dell' automobile e trovarono 300.000 euro in contanti nascosti in uno stivale a coscia alta. La donna si attaccò al telefono con l' avvocato Ilario D' Apolito (altro arrestato nell' operazione di ieri) che gli ripeteva: «Ma la chiave ce l' hai tu?... Mettila in tasca ad Augusto (l' autista, ndr )...». Parlava della chiave delle cassette di sicurezza dell' hotel Gallia di Milano, dove poche ore più tardi i finanzieri scoprirono banconote per un altro milione e 700.000 euro. «Come hanno fatto a trovare le chiavi? - si rammaricò subito dopo l' avvocato -. Glielo avevo detto pure ad Augusto, mettitele nelle mutande...».
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2 - LA PETROLMAFIA DI ANA BETTZ: «DIETRO DI ME CI SONO I BOSS»
Valentina Errante per “il Messaggero”
Parlava con tutti al telefono Anna Bettozzi, ereditiera del petroliere Sergio Di Cesare, ex cantante e ballerina. Ana Bettz, come si faceva chiamare sulla scena, parlava con quelli che definiva gli zingari, perché collegati ai Casamonica, e con Gabriel Garko, uomo immagine della sua nuova società petrolifera, che doveva pagare con 100mila euro in nero.
Vantava soci come Tronchetti Provera e Berlusconi, ma di fatto a fare iniezioni di liquidità alla sua società era stato il boss Antonio Moccia, con almeno 500mila euro cash consegnati in un bar di Napoli, attraverso il cugino Alberto Coppola. E alla sorella, Ana, diceva: «Ah Piè, io dietro c' ho la camorra».
Ed era vero, almeno secondo la procura e il gip di Roma, che ieri l' hanno mandata in carcere con l' accusa, tra l' altro, di essere a capo di un' organizzazione criminale legata alla mafia. Una mega inchiesta, che ha visto lavorare il procuratore Michele Prestipino e l' aggiunto Ilaria Calò e le Dda di Napoli, Catanzaro, Reggio Calabria.
IL BOOM
Il volume d' affari della società petrolifera della Bettozzi, grazie ai capitali riciclati, aveva visto crescere il fatturato di 45 volte in 36 mesi, da 9 a 370 milioni. Petrolmafie, si chiama l' operazione condotta dai reparti territoriali della Guardia di finanza e dallo Scico, che hanno ricostruito un complesso meccanismo di frode fiscale nel settore degli oli minerali, e hanno portato a 56 arresti, 15 fermi e al sequestro di beni per quasi un miliardo di euro.
Il comune denominatore delle quattro inchieste era la «nefasta sinergia» tra mafie e colletti bianchi che avrebbero consentito a camorra e ndrangheta di far fruttare al massimo le frodi fiscali. Al centro delle indagini romana e napoletana la società Max Petroli poi trasformata nella Made Petrol Italia, diretta da Virginia Di Cesare, figlia della Bettozzi ma, di fatto, secondo gli investigatori, sempre controllata dalla madre.
Iniezioni di liquidità sarebbero arrivate, sempre attraverso Coppola anche dai casalesi. Ma la Bettozzi, fermata nel 2019 alla frontiera di Ventimiglia con 300mila euro in contanti nascosti nella sua Rolls Royce (un milione e 400 mila euro è stato trovato più tardi nell' albergo dove alloggiava) non ha mai ceduto il comando: «È ancora lei - scrive il gip - che riesce a mantenere saldamente nelle mani della propria famiglia il deposito della Maxpetroli (poi Made Petrol) resistendo senza difficoltà alle pressioni del Coppola che, anche forte della provvista di denaro a lui messa a disposizione dal clan Moccia, cerca di insinuarsi nel deposito romano, acquisendo una forma di partecipazione societaria che la Bettozzi prontamente respinge, mantenendo nelle proprie mani le redini del comando».
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La frode fiscale si consumava attraverso la sospensione di imposte, prevista per gli idrocarburi, ma lo stoccaggio avveniva utilizzando decine di società fittizie, collocate in garage, che non pagavano l' Iva e le accise al momento dell' immissione sul mercato. La contestazione per la Bettozzi riguarda 180 milioni di euro. Autoriciclati nella società.
LE INTERCETTAZIONI
«Scusa, noi abbiamo stabilito 250, 50 te li ho già dati e rimangono 200: 100 in nero e 100 fatturato, sul contratto va messo solo il fatturato!». I soldi per lo spot destinati a Gabriel Garko erano sempre quelli della Max Petroli, autoriciclati, secondo il gip. «Si era parlato del contratto in un certo modo - dice Garko al telefono alla Bettozzi - poi a me è arrivato un contratto fatto in un altro». E così la Bettz spiega e l' attore ribadisce: «100 in nero e 100 fatturato, sul contratto va messo solo il fatturato».
Scrive il gip, emerge «la stipula di un contratto per la realizzazione di uno spot pubblicitario tra Anna Bettozzi e l' attore Gabriel Garko in cui parte del corrispettivo pattuito, pari a 150.000 euro, è stato versato in denaro contante». Era fiera di sé Ana Bettz, si vantava di avere imparato come gestire gli affari: «Io ho creato un impero tu ti fidi di me, io ho creato un impero nel mio piccolo, rispetto a Berlusconi nessuno..» dice in un' altra telefonata intercettata. Evanta anche le sue amicizie. Nel marzo 2018, la donna dice sempre al telefono: «Io oggi non ho risposto quattro volte a Berlusconi, l' ultima chiamata da Arcore perché mi chiamava con il privato, io non ho risposto in quanto sono incazzata con lui».
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