IL BOSS MICHELE SENESE, DETTO “O PAZZ”, È STATO ASSOLTO DALL'ACCUSA DI GESTIRE GLI "AFFARI DI FAMIGLIA" DAL CARCERE CON DEI “PIZZINI”– IN SECONDO GRADO ASSOLTI TUTTI I 22 IMPUTATI AI QUALI ERANO STATI DATI 120 ANNI COMPLESSIVI DI CARCERE IN PRIMO GRADO CON L'ACCUSA DI AVER "COSTITUITO UN SISTEMA CRIMINALE STRUTTURATO" – SENESE RIMARRÀ IN CARCERE PER SCONTARE LA PENA A TRENT’ANNI COME MANDANTE DELL’OMICIDIO DI GIUSEPPE CARLINO…

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Estratto dell’articolo di Valentina Errante per “il Messaggero”

 

MICHELE SENESE DETTO O PAZZ MICHELE SENESE DETTO O PAZZ

Assolto. Michele Senese, "O Pazz", condannato in primo grado a 15 anni di reclusione, esce dal processo di appello "Affari di Famiglia" senza una condanna. I giudici hanno, inoltre fatto cadere per tutti gli imputati, ai quali erano state date pene complessive per 120 anni di carcere dal Tribunale di Roma, l'aggravante dell'agevolazione al clan mafioso di stampo camorristico.

 

Senese, difeso dell'avvocato Valerio Spigarelli, resterà comunque in carcere dove sta scontando una pena a trent'anni come mandante dell'omicidio di Giuseppe Carlino. I giudici di appello hanno ridotto da 16 a 11 anni la pena per il figlio di Senese, Vincenzo, e da 7 anni a 2 anni e 8 mesi per Raffaella Gaglione, moglie del capoclan.

 

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Ritenuto esponente di spicco della Camorra napoletana a Roma, Senese era stato accusato nel 2020 di avere gestito dal carcere di massima sicurezza di Catanzaro, dove è recluso dal 2013, gli affari di famiglia. Nel blitz, coordinato dalla Dda di Roma, erano stati eseguiti 22 arresti e sequestrati 15 milioni di euro. L'ipotesi era che attraverso ristoranti, catene di negozi di abbigliamento e un caseificio «la famiglia avesse costituito un sistema criminale organico, strutturato e collaudato».

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Michele Senese avrebbe continuato a dare le direttive in particolare al figlio, non detenuto in quel periodo, su come reinvestire i soldi guadagnati attraverso una rete di usura ed estorsioni. "O Pazz" avrebbe dato ordini attraverso "pizzini", scambiati con i familiari durante i colloqui in carcere.

 

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