Concita De Gregorio per “la Repubblica”
La signora Anna Bettozzi, in arte Ana Bettz, faceva transitare i denari oltreconfine nascondendoli (300mila euro) in "uno stivale a coscia alta". Il suo avvocato si raccomandava all'autista (Augusto, non Ambrogio, alla guida di una Rolls Royce, comunque) di mettere la chiave della cassetta di sicurezza "nelle mutande".
Da anni mi chiedevo come potesse esserci tutto questo smercio di stivaloni lunghi un metro nella brevilinea popolazione italica.
Non donano, è vero, ma rendono - capisco adesso. Sceneggiatori in crisi d'identità alla lettura delle cronache. L'eredità del marito petroliere premorto, i Casalesi, Gabriel Garko stipendiato (se capisco bene) per fingersi fidanzato, la villa in Costa Smeralda adiacente a quella di Silvio, le terrazze romane danzanti e fra gli ospiti il giudice Palamara, magistrato già noto per altre frequentazioni.
Le ambizioni canore non baciate dal successo anche per via di un talento distribuito in modo diseguale: più vivace per gli affari, meno per l'arte. La lingua, poi, immortalata nelle intercettazioni: "A Pie', io dietro c'ho la camorra. Tu 'ndo co vai". E la divisa da lavoro, dove lo stivalone all' inguine è il dettaglio sobrio. Colpisce, in questo stile di vita - chiamiamolo così, al netto dei reati contestati all'arresto - l'assoluta impermeabilità alle tragedie che colpiscono il 98 per cento della popolazione, come se l'epidemia e il lockdown lì non attecchissero.
Colpisce anche che il restante 2 per cento siano sempre gli stessi. In un missaggio psichedelico di mafie showbiz magistrati ex presidenti del Consiglio ecco riaffacciarsi Sandokan, della dinastia degli Schiavone, e persino il caro Lele Mora, in un cameo.
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