1 - SMS FINTI E BONIFICI VERI COSÌ IL BANCARIO ASSASSINO HA NASCOSTO IL MASSACRO
Monica Serra per “La Stampa”
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«Volevo togliermi questo peso e dire la verità». Dopo due notti al carcere di Canton Mombello, l’interrogatorio di Davide Fontana è durato poco, non più di mezz’ora. Nel primo pomeriggio il giudice Angela Corvi aveva già convalidato il suo fermo per omicidio aggravato da sevizie, distruzione e occultamento del corpo della ventiseienne Carol Maltesi. Il banchiere quarantatreenne, food blogger per passione ha confermato quanto aveva già confessato.
L’omicidio a martellate di Carol nel corso di un video che stavano girando a casa della ragazza: «Non so perché ho colpito Carol. Non so che cosa sia successo». Ma, per il gip, nei due mesi che sono trascorsi tra l’omicidio, il 10 o forse l’11 gennaio, e il fermo, la notte tra lunedì e martedì, tutti i comportamenti di Fontana rendono ancora attuale, anche in vista della necessità di completare le indagini, il «rischio di inquinamento probatorio».
A partire dal tentativo di far sparire il corpo della ragazza, facendolo a pezzi e nascondendolo nel suo stesso appartamento. Il giorno dopo averla uccisa a martellate, «sono andato al Bricoman di Rescaldina - ha confessato Fontana - con la Fiat 500 di Carol e ho acquistato un'accetta ed un seghetto da metallo. Sono poi andato a casa sua, dopo l'orario di lavoro.
Ho slegato Carol dal palo, le ho tolto tutti i pezzi di nastro dal corpo e ho iniziato a depezzarla». Così Fontana si è procurato un freezer a pozzetto: «L’ho acquistato online su Amazon, mi è stato consegnato dal corriere pochi giorni dopo, forse tre». Lo ha installato nell’appartamento della ventiseienne, all’ingresso della piccola corte di via Barbara Melzi a Rescaldina, nel Milanese, dove anche lui si era trasferito a vivere nella primavera scorsa.
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E ha chiuso i resti della ragazza lì dentro, in cinque sacchi neri. Sempre nel tentativo di inquinare le prove - conferma il giudice - Fontana ha risposto a tutti i messaggi che venivano inviati al cellulare della vittima. Spacciandosi per lei ha detto alla madre della ragazza che vive nel Varesotto, al padre che invece è in Olanda, all’ex compagno, il papà del suo bambino di sei anni, che la ventiseienne stava bene, che era in viaggio all’estero, che era in vacanza.
Tutto questo «nel tentativo - ha messo a verbale il bancario - di far credere loro che Carol fosse ancora viva». Addirittura, per evitare di essere scoperto, Fontana è arrivato a pagare «i canoni di locazione dell’appartamento di Carol, attraverso l’app di home banking Bunq installata sul cellulare» della vittima.
E dopo aver provato a bruciare il corpo della ragazza nell’area barbecue di un appartamento preso in affitto nel Varesotto, il banchiere ha rimosso pezzi dei suoi tatuaggi e del suo volto per renderla irriconoscibile. Sempre per inquinare le prove - sostengono gli inquirenti - Fontana ha gettato i resti della ventiseienne nella scarpata a Paline di Borno, dove poi domenica 20 marzo sono stati ritrovati.
Un posto scelto con cura, dove Fontana aveva trascorso delle vacanze durante la sua adolescenza. Non basta. Quando lunedì, dopo aver ricevuto sul cellulare della vittima il messaggio di un giornalista che cercava Carol, sentendosi in trappola Fontana ha deciso di presentarsi alla caserma dei carabinieri per denunciare la scomparsa dell’amica. E anche in quel momento, per ore, prima di crollare e confessare il delitto, ha raccontato bugie. Tante bugie.
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Provando a gettare ombre sugli ex della vittima. Per il giudice (che ha già chiesto la trasmissione degli atti alla procura di Busto Arsizio, perché è di sua competenza il territorio in cui è stato commesso il delitto) a motivare la custodia del quarantatreenne in carcere c’è anche il rischio di reiterare un così feroce reato, proprio per via della pericolosità sociale di Fontana. Che non permette di escludere neppure il pericolo di fuga dell’indagato. «È molto scosso - dice il suo difensore, l’avvocato Stefano Paloschi - solo ora inizia a realizzare quello che ha fatto».
2 - I SOPRALLUOGHI (E LA SPA) DOPO IL DELITTO
Mara Rodella per il “Corriere della Sera”
Ha confessato anche davanti al giudice: mezz' oretta scarsa, per ribadire, non senza fatica, di essersi tolto un peso, raccontando, finalmente, la verità. Per «uscire da un incubo durato due mesi». Quelli in cui, dal 10 o 11 gennaio, «non ricordo con precisione» e fino al 20 marzo, quando li ha gettati in una scarpata a Paline di Borno in Valcamonica, Davide Fontana, impiegato bancario e food blogger di 43 anni, ha tenuto nascosti i resti del corpo di Carol Maltesi, 26 anni, pornostar nota come Charlotte Angie. Nel pomeriggio il gip di Brescia Angela Corvi ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere alla luce dei «gravi indizi di colpevolezza».
Anche davanti a lei, Fontana si è rifatto alle dichiarazioni rese al pm in caserma la notte tra lunedì e martedì, quando è crollato confessando l'omicidio, commesso a colpi di martello mentre «giravamo il secondo di due video hard in casa sua, il più violento». E confessando ance quei passaggi propedeutici all'occultamento dei resti, poi conservati nel freezer a pozzetto «ordinato su Amazon».
Come la trasferta da Rescaldina fino alla Valcamonica, in albergo «per un sopralluogo.
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Ho passato il fine settimana in hotel a Boario Terme, c'era la spa. In quell'occasione sono salito a Borno passando da Malegno e sono andato fino a Paline. Lungo la strada, ho verificato la presenza di più punti utili per disfarmi del cadavere». Fa confusione sul nome della struttura ricettiva, anche del periodo preciso in cui ci avrebbe soggiornato, in prima battuta: è di fronte alle contestazioni degli investigatori, che ricorda con precisione.
Gli mostrano prima le foto estrapolate da Google, poi l'analisi dei tabulati telefonici del suo smartphone: agganciano le celle di Darfo Boario Terme dalle 10.01 del 19 febbraio alle 8.40 del 20 febbraio scorso. «Confermo che, in effetti, quel weekend mi sono recato a Boario e ho fatto un sopralluogo, in particolare il sabato verso le 11.30-12 del mattino». Lì, a Borno, «mi recavo da adolescente ogni estate: conosco Paline perché capitava di passarci quando ci andavo in vacanza».
Un sopralluogo precedente, invece, l'aveva fatto in una frazione di Cittiglio, Varese, i giorni successivi al delitto, quando il piano per la distruzione del corpo era un altro. «Ho prenotato una casa singola, isolata, in montagna, su Airbnb. La prima volta mi ci sono recato alla guida della Fiat 500 (della vittima, ndr ) e ho pernottato due giorni per rendermi conto della logistica». Poi ha prenotato ancora «e ho portato i sacchi con i resti. Ho provato ad appiccare il fuoco nella zona barbecue, con alcol e benzina, ma mi sono reso conto che non era fattibile». E li ha riportati nel freezer, a casa di Carol. «È una persona frastornata, che non ha ancora dormito e sta realizzando il futuro che lo aspetta», ha detto il suo avvocato Stefano Paloschi dopo l'interrogatorio.
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