Paola Pioppi per il “Quotidiano nazionale”
La latitanza di Massimo Riella è terminata. Ieri è stato arrestato all’estero, in Montenegro, dove la polizia lo ha identificato e fermato, in esecuzione del mandato di cattura internazionale che gravava su di lui ormai da tempo.
Come sia arrivato fin lì non si sa e non è importante in questo momento: perché l’unica notizia che si attendeva da tempo era la fine della fuga del quarantottenne, scappato dal cimitero di Brenzio, a Gravedona ed Uniti, paesino sul lago di Como, la mattina del 12 marzo, mentre era al cimitero, in visita alla madre seppellita nella piccola frazione del paese.
Gli era stata concessa un’uscita, sotto scorta, dal carcere Bassone di Como dove era detenuto in custodia cautelare con l’accusa di aver rapinato due anziani.
Era bastato un minuto in cui era rimasto senza manette, un atto di umanità nei suoi confronti, che lui ha trasformato in una fuga istantanea, gettandosi tra i rovi di un dirupo. Sparito in quei boschi impervi che i suoi trascorsi di bracconiere gli hanno reso familiari, e nei quali è riuscito a nascondersi per cinque mesi. Certamente beneficiando dell’aiuto di tanti conoscenti e amici che a lungo lo hanno sostenuto, nascosto, foraggiato.
Ma la stretta dei carabinieri di Menaggio e della polizia penitenziaria, probabilmente aveva reso difficile per tutti continuare a spalleggiarlo, anche economicamente, e per lui stesso trovare luoghi in cui nascondersi.
Da settimane, non si sapeva più dove cercarlo, dopo aver passato al setaccio ogni metro quadrato dei boschi dell’Alto Lago di Como per settimane, anche con i droni. Ora è riapparso, in Montenegro, dove attenderà l’estradizione.
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