Francesco Rigatelli per “la Stampa”
L' ultima polemica riguarda le varianti. Per Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive alla Statale di Milano e primario al Sacco, il suo reparto ne sarebbe «invaso» mentre per l' ospedale «tali affermazioni non rappresentano la reale situazione del presidio».
Professor Galli, conferma la sua versione?
«Sì, e le dico di più: l' Istituto superiore di sanità parla di varianti e il comune di Bollate finito in zona rossa confina col Sacco. Tra due settimane sarà chiaro a tutti che la variante inglese sarà prevalente, mentre ora è solo un dato di laboratorio. Se c' è qualcuno che non è in grado di anticipare i tempi non ci posso discutere».
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Non ha esagerato definendo il reparto «invaso»?
«Confesso di aver usato un' espressione colorita, ma anche di essere irritato da continue domande su questioni ovvie. Il problema è che tutti, compreso io, vorremmo essere liberi, mentre finché non affronteremo seriamente la pandemia non ne usciremo. È da dicembre che col mio gruppo di ricerca approfondiamo le varianti perché avevamo intuito che sarebbero diventate un problema».
È vero che è diventato un consigliere del ministro Speranza?
«Posso solo dire che da qualche giorno mi onora delle sue telefonate e di seguire alcune mie indicazioni, ma non vorrei sembrasse che me ne vanti. Se posso dare una mano la do volentieri, tutto qui. Già avevo un ottimo rapporto con la sottosegretaria Zampa, che spero venga riconfermata, e col viceministro Sileri, che conosco da anni: l' ho anche curato a distanza quando ha avuto il Covid».
Ora si sente con Speranza, una nuova strategia oltre il Cts?
«Sì, però ora non mi chieda cosa farei del Cts. Già sono pieno di nemici, veramente non ho voglia di discutere. Qualsiasi cosa dica verrebbe interpretata male o sarei sospettato di chissà quali interessi, mentre non ne ho nessuno. Questo credo Speranza l' abbia capito».
Ma entrerebbe nel Cts?
«Se ci fosse bisogno sarei a disposizione, ma sto bene anche al mio posto. Nell' ultimo anno molti pensano che aspiri a chissà quali incarichi, mentre mi sento utile a lavorare come medico e a dire la mia liberamente».
A Speranza cos' ha detto?
«Di mettere su un sistema nazionale di analisi delle varianti, su questo ci risentiremo presto, e di posticipare la vaccinazione dei guariti, che hanno già una forma di immunità».
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Qual è la sua analisi della situazione?
«Purtroppo il sistema a colori non diminuisce sufficientemente il contagio e la vaccinazione va a rilento per il ritardo delle forniture. In questo quadro già problematico entra in gioco una nuova variante, quella inglese, destinata a diventare prevalente a differenza delle altre».
Perché si manifesta nelle scuole?
«È più contagiosa del 40 per cento e i bambini piccoli non mettono la mascherina e giocano insieme».
Può portare a un' impennata del contagio?
«È evidente che bisogna stare più attenti e servono misure stringenti. Nel resto d' Europa lo hanno capito subito».
I mini-lockdown basteranno?
«Spero di sì, il lockdown duro è l' ultima spiaggia, perché penalizza l' economia e funziona solo se dura a lungo. Bisogna provare una via intermedia per circoscrivere i focolai, rilevare le infezioni nelle scuole se le si vogliono tenere aperte e vaccinare al massimo con l' aiuto di tutti, primule a parte».
Ci saranno dosi sufficienti?
«Sì, con un po' di pazienza. Forse bisognava allestire più linee produttive per tempo.
CORONAVIRUS - VACCINAZIONI A ROMA
La buona notizia è che AstraZeneca, nonostante qualche pasticcio iniziale, è affidabile; Janssen di Johnson&Johnson ha performance un po' al di sotto di Pfizer e Moderna, ma basta una dose sola e sta per essere approvato dall' Ema. Insomma, i vaccini funzionano».
Che tempi prevede?
«Mi rifiuto di fare previsioni, perché tra ritardi e varianti è difficile. Certo se non si accelera la vaccinazione il rischio di ulteriori complicazioni aumenta».
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