Andrea Bulleri per “il Messaggero”
C'era una volta il bagnino, principe del bagnasciuga e playboy per antonomasia delle spiagge italiane. C'era, perché quel lavoro un tempo ambìto, celebrato da serie tv iconiche come Baywatch e da un'infinità di pellicole della commedia all'italiana, oggi nessuno - o quasi - vuol più farlo. A lanciare l'allarme è il sindacato balneari di Confcommercio: alle soglie dell'estate, dalla Versilia alla Campania, dal Circeo al Salento, mancano all'appello almeno 3-4 mila guardaspiaggia.
In pratica, tra il 30 e il 40 per cento dei bagnini che servirebbero a livello nazionale non si trova. Un problema non da poco, considerato che per poter accogliere i clienti ogni stabilimento deve poter garantire (in media) un assistente bagnanti ogni cento metri di arenile. Di fatto, un rischio stop per le spiagge. Per correre ai ripari, in Lazio si stanno perfino organizzando corsi gratuiti per formare bagnini last-minute. «Con il lockdown il rilascio dei brevetti si è interrotto - spiega Marzia Marzoli, vicepresidente regionale Sib - Senza nessuno che sorvegli le coste, molti stabilimenti ora temono di non poter aprire».
LE CRITICITÀ
Tra i comuni di Latina, Sabaudia e San Felice Circeo di bagnini ne servirebbero circa 70. A gestire il servizio di assistenza sulle spiagge è la cooperativa Blue Work Service, che quest' anno sta avendo grosse difficoltà: «I problemi sono diversi - spiega il responsabile Gianluca Di Lorenzo - Noi offriamo un contratto di 1.500 euro netti al mese, eppure facciamo fatica a trovare personale». Un po' perché «i ragazzi non hanno più voglia di fare questo lavoro», un po' perché «molti abitano lontano dalle località di mare e chiedono vitto e alloggio: per noi è impossibile sostenere costi così elevati».
A Ostia le cose sembrano andare leggermente meglio, dice il presidente dei balneari Franco Petrini: «Ma qui la stagione dura quasi sei mesi l'anno, grazie alla vicinanza di Roma. È più facile trovare chi è disposto a mettersi in gioco. Da Torvaianica in giù, invece...». Pochi bagnini anche all'ombra del Vesuvio. In Campania, secondo il Sib, «mancano 2.500 bagnini su circa 1.200 stabilimenti».
«Nelle aziende a gestione familiare - spiega Mario Morra del Bagno Elena a Posillipo - si cerca di rimediare mettendo al lavoro un parente». Ma qual è il motivo di tanta penuria? «Tanti giovani chiedono di non lavorare nel weekend - risponde Morra - cioè nei giorni in cui ne avremmo più bisogno. Anche il reddito di cittadinanza incide molto, ma non spiega da solo questo esodo dal lavoro».
GLI ALTRI STAGIONALI
Ma la fuga non riguarda solo i bagnini. Lo conferma la presidente nazionale di Federturismo Confindustria, Marina Lalli. «Con la pandemia, molti addetti del settore hanno dovuto cercare un impiego altrove, per avere maggiore stabilità. Nel Salento, invaso ogni anno da milioni di turisti l'emergenza bagnini è già incandescente: proposte di lavoro inevase, imprese obbligate a rivedere l'offerta dei servizi e centri per l'impiego costretti a pubblicare più volte gli stessi annunci. Stesso copione sulla costa adriatica.
In Abruzzo, dove quasi un guardaspiaggia su tre ha deciso di appendere la canotta rossa al chiodo, e nelle Marche. «Venti anni fa ricevevamo molti curriculum, adesso anche chi ha il brevetto non vuole lavorare», osserva Roberto Goffredi, responsabile della Cooperativa assistenti bagnanti della regione, attiva tra Senigallia, Falconara, Ancona e San Benedetto. Anche in Versilia, meta prediletta del turismo vip, molti alberghi rischiano di non poter concedere agli ospiti l'accesso alle spiagge private: «Un problema drammatico», per il presidente di Federalberghi di Forte dei Marmi Paolo Corchia. «Tanto più se pensiamo che, oltre ai bagnini, nelle strutture ricettive del nostro Paese mancano all'appello almeno 300 mila stagionali».