ILVA FUNESTA - LA PROCURA DI TARANTO ORDINA LO SPEGNIMENTO DELL’ALTOFORNO 2, CIOÈ LA PRINCIPALE PARTE PRODUTTIVA DELL’ACCIAIERIA – DOPO LA CANCELLAZIONE DELL’IMMUNITÀ LEGALE, ARCELOR MITTAL NON POTRÀ FARE ALTRO CHE MOLLARE LA PARTITA E DECRETARE LA CHIUSURA DELLO STABILIMENTO...
Roberta Amoruso per “il Messaggero”
Non è garantita la sicurezza degli operai. Così ieri la Procura di Taranto ha ordinato lo spegnimento dell'Altoforno 2 dell'ex Ilva, la principale parte produttiva dell'acciaieria, già tecnicamente sotto sequestro preventivo, a quasi quattro anni dai sigilli e dalla «facoltà d'uso» concessa dopo la morte di un operaio.
Un decreto del governo Renzi aveva sbloccato proprio questa linea produttiva che garantiva l'operatività dello stabilimento. Ma di fronte alla richiesta di rimozione formale del sequestro da parte dei vertici della fabbrica, è scattata ieri la nuova richiesta di stop: perché le prescrizioni imposte allora dalla Procura non sono state realizzate oppure non sono adeguate e sufficienti a garantire la sicurezza degli operai.
Una nuova minaccia per il polo siderurgico, un ostacolo in più sulla strada del rilancio targato ArcelorMittal, già decisa a fare un passo indietro se il 6 settembre dovesse cadere davvero, come previsto dal decreto Crescita, l'immunità legale prevista per i vertici.
Senza immunità e con l'Altoforno 2 congelato, uno dei tre dello stabilimento, un colosso come ArcelorMittal non potrà che abbandonare la partita, decretando la chiusura dello stabilimento di Taranto. Lo sa bene anche il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, che pur tenendo il punto anche ieri sulla linea che «non esiste alcuna possibilità che torni» l'immunità cancellata dal decreto Crescita, ha poi di fatto aperto a una soluzione mediata.
Lo ha fatto nel corso dell'incontro di tre ore al Mise con i commissari, i vertici di ArcelorMittal e i sindacati. Lo ha anche ribadito chiaramente in un'intervista al Mattino in edicola oggi. «Sull'immunità penale troveremo una soluzione con l'azienda», ha spiegato. «In questi mesi di interlocuzione ho sempre detto ad ArcelorMittal che la dirigenza dell'azienda non ha nulla da temere dal punto di vista legale se dimostra buona fede continuando nell'attuazione del piano ambientale: se si chiede di precisare questo concetto attraverso interpretazioni autentiche anche per norma, siamo assolutamente disponibili.
luigi di maio in imbarazzo davanti ad alessandro marescotti a taranto 1
Ma nessuna persona in questo Paese potrà mai godere di una immunità per responsabilità di morti sul lavoro o disastri ambientali». L'ipotesi illustrata ai sindacati è quella di inserire in un decreto già in lavorazione, un provvedimento a largo spettro e non ad hoc per l'Ilva, la garanzia dello scudo legale per i vertici nell'ambito specifico della realizzazione del piano ambientale (non dell'intero piano quindi).
Del resto, l'intervento della Procura di Taranto sembra proprio dare ragione ai vertici ArcelorMittal che finora hanno sostenuto di non poter gestire uno stabilimento sotto sequestro, impostarne il rilancio e mettere tutte le toppe necessarie sul piano ambientale, ma anche della sicurezza, rinunciando del tutto all'immunità prevista nel contratto.
IL COMPROMESSO
Per il resto, il ministro dello Sviluppo sembra davvero convinto che in punto di diritto ArcelorMittal non possa rescindere il contratto da un giorno all'altro di fronte a un cambio di regole (quella sull'immunità), come invece sembra dimostrare chiaramente il contratto di cui dava conto ieri Il Sole24Ore ribadendo ciò che tutti i giornali hanno scritto in questi giorni.
Nel contratto c'è l'esimente penale, cioè una modifica che legittimerebbe Mittal a sciogliere il contratto? «Non è affatto così», ha detto curiosamente di Maio aggiungendo che nel contratto, così come negli atti successivi, «si parla esclusivamente della possibilità di recesso in caso di annullamento o di modifiche sostanziali del DPCM 29 settembre 2017, ovvero del piano ambientale».
Sull'altro capitolo cruciale sul tavolo ieri al Mise, invece, nessun passo avanti. La Cassa integrazione ordinaria scattata per oltre 1.400 non si tocca, dato il calo della domanda del settore, ha insistito il colosso dell'acciaio. Una delusione per i sindacati che ora aspettano l'aggiornamento del dossier nell'incontro previsto la prossima settimana.
milena gabanelli ilva famiglia riva 2
Intanto, a quanto pare lo stesso ministro incontrerà anche i pm di Taranto nei prossimi giorni, in modo da intravedere possibili soluzioni per evitare lo spegnimento dell'Altoforno 2 e mettere a rischio 11 mila lavoratori. Per ora è stato disposto solo l'avvio della procedura di fermo. Il provvedimento è la conseguenza, quasi scontata, del rigetto da parte del gup tarantino della istanza di dissequestro dell'Altoforno dopo il sequestro preventivo disposto in seguito all'incidente costato la vita all'operaio travolto da una colata incandescente.
All'epoca, anche in forza di uno dei decreti legge sull'Ilva (poi impugnato dinanzi alla Corte costituzionale), fu concessa all'azienda siderurgica la facoltà d'uso dell'Afo 2. Nel corso dell'udienza preliminare è stato accertato dai tecnici nominati dallo stesso giudice che l'azienda non avrebbe adempiuto alle prescrizioni per la messa in sicurezza dell'impianto. Ma questo non significa una disattivazione dall'oggi al domani (impossibile) dell'impianto. Così ArcelorMittal e i commissari Ilva potrebbero avanzare una richiesta alla magistratura per adempiere agli adeguamenti necessari.