1-LE DUE GENERAZIONI ARRIVATE DAL SUD CHE IL DESTINO HA RIUNITO SULLO STESSO BINARIO
Estratto dell’articolo di Maurizio Crosetti per “la Repubblica”
Kevin, Michael, Giuseppe, Giuseppe, Giuseppe. I battesimi tornano e migrano come destini, come quei tre nomi antichi ereditati dai nonni oppure i due più moderni, “inglesi” e giovani, all’interno dell’identica trama. E le geografie, sempre uguali.
Il lavoro da cercare al nord, l’ultima generazione come la prima, padri e figli insieme sul filo, cinquantenni e ventenni sul patibolo di una rotaia e la fine della storia è sempre la stessa: si muore di lavoro, quel lavoro che si fa per vivere.
Kevin Laganà era quasi un bambino. Aveva cominciato a sgobbare appena maggiorenne, felice di farlo. Perché, prima di ammazzarti, il lavoro può pure farti contento. Adesso di anni ne aveva 22. «Stai attento» gli ripetevano a casa. «Ma lui ci rispondeva che non era mica pericoloso».
La cugina Cinzia si stringe la testa con le mani. «I pezzi…, c’erano ancora dei pezzi…, ma Kevin non era un puzzle, era un ragazzo! Non ci hanno dato nessuna spiegazione, e la vita finisce accussì».
[…] Famiglia di origini messinesi, sono due i siciliani uccisi dal treno, e una terza vittima veniva dall’alto Casertano. Scorrono vite digitali nella modernità apparente, ma poi in quelle stanze ci sono le cose di sempre, come sessanta o settant’anni fa: il lavoro da cercare lontano, l’emigrazione, le periferie, i turni di notte, i pericoli immani, la fragilità di tutto. L’insensatezza. Come se il tempo e il futuro non servissero a niente.
Kevin lo raccontano sorridente sempre. Viveva col suo papà a Vercelli («Ma adesso dove le troviamo le parole per dirgli che è tutto vero, lui che stanotte non ci credeva?»). [...]
Michael Zanera di anni ne aveva 34. Lui è quello della croce infuocata apparsa nella saldatura. «È la prima volta che succede che mentre saldo una rotaia mi è uscito il crocifisso, Dio mi vuole dire qualcosa sicuramente». Lo ha scritto e filmato su Tik Tok, undici ore prima di morire. «Se lo sentiva, povero cugino mio, quando ho letto quel post mi sono sconvolto», ripete Alessandro che è cresciuto con lui. […]
Gli scatti in palestra, le passeggiate col cagnolino Rocky, un amore sperato che non ingranava. «Michael l’ho cresciuto io, ultimamente era un po’ giù». Lo zio Marco Faraci vede ripassare tutte le ombre: «Il papà Massimiliano, perso l’anno scorso, la mamma che non sta bene, l’illusione di avere trovato una ragazza giusta in chat e invece no».
A volte Michael aveva il doppio turno, giorno più notte, per recuperare. «Si sforzava e faceva finta di niente». Per il suo ultimo compleanno non aveva chiesto regali, ma donazioni alla Lega per la lotta contro i tumori. «Prevenire è vivere», aveva scritto in un post. Terribile, adesso. […] Augurava sui social buona giornata e buona domenica, e anche buon primo maggio, che beffa. […]
Giuseppe Aversa aveva 49 anni e tifava forte Juve. Il profilo social mostra rigori, gol, non pochi campioni, gli sfottò all’Inter, un tappo di birra, il colpo di testa di Cristiano Ronaldo che volando buca le nuvole e appare dal finestrino di un aereo. “Dna gobbo” era uno dei profili che seguiva più volentieri, perché il calcio è una felicità semplice e un altrettanto semplice tormento.
Poi, però, Giuseppe tornava serio. Nel 2019 postò la foto di un crollo del soffitto nella galleria autostradale Bertè, sulla Genova Voltri, forse non lo tranquillizzava vivere nel Paese della precarietà. E ancora qualche pensiero da lasciare lì, appoggiato come un mazzo di fiori o una bicicletta sul muro: «La felicità arriva quando smetti di lamentarti per i problemi che hai, e ringrazi Dio per quelli che non hai».
Il secondo Giuseppe, Lombardo, era il più vecchio: 52 anni. Di Kevin avrebbe potuto essere padre, come lo era della bimba con la tuta rossa che compare nella foto profilo su Facebook. Era venuto a lavorare in Piemonte nel 2001 da Marsala, contrada Matarocco, provincia di Trapani, dove adesso lo piangono in tanti. Cinque amici, e tra loro il secondo Giuseppe era il più riservato.
[…] L’ultimo Giuseppe si chiamava Sorvillo e di anni ne aveva 43: come esperienze e riferimenti, stava a metà tra i due ragazzi e i due cinquantenni. Molte fotografie lo mostrano serio, quasi triste. La famiglia era originaria di Sparanise, nell’agro celeno, provincia di Caserta. Abitava a Brandizzo, a una manciata di strade da dov’è morto, con la moglie Daniela e i due bambini, Nathan e Zoe che era la sua ballerina. […]
Su quelle rotaie, Giuseppe Sorvillo lavorava soltanto da qualche mese, da quando cioè aveva lasciato il supermercato “Presto Fresco” dov’era addetto vendita. Ma per la sua famiglia, il nuovo lavoro era migliore. Una sorte, anche questa. E c’è sempre un sottofondo scettico, come di cose che non tornano, da parte di chi forse non si sentiva tranquillo, oppure non in pieno diritto di sicurezza.
Un’immagine postata da Giuseppe su Facebook, un po’ lo spiega: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Ma c’è Pinocchio che risponde, secco: «Stu c.!». Il resto sono immagini di viaggi e vacanze. Eppure, nello sguardo di Giuseppe c’è un’increspatura, come in alcune parole: «Le ferite del corpo col tempo guariscono, le ferite dell’anima con il tempo ti cambiano». […]
2-QUEL PRESAGIO DI MICHAEL E PEPPE CHE LAVORAVA LA NOTTE PER STARE CON I FIGLI DI GIORNO
Estratto dell’articolo di Erica Di Blasi per “il Messaggero”
ULTIMO POST DI MICHAEL ZANERA - OPERAIO TRAVOLTO DA UN TRENO A BRANDIZZO
«Mentre saldo la rotaia mi è comparso il crocifisso. È la prima volta che mi succede, Dio vuole dirmi qualcosa». Poche ore prima della tragedia Michael Zanera, 34 anni, aveva pubblicato un video proprio dai binari di Brandizzo dove poi ha trovato la morte. In sottofondo le note di "Power of love" dei Frankie Goes to Hollywood. Una coincidenza che fa pensare. […]
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