Michela Allegri e Giuseppe Scarpa per il Messaggero
Non un mafioso qualsiasi. Luigi Mancuso, 65 anni, era il vertice della ndrangheta di Vibo Valentia, punto di riferimento del crimine di Polsi, il vertice assoluto della ndrangheta unitaria (mondiale).
Mancuso era un vero boss. E fino a ieri, e per 30 anni, vestiva i gradi di grande ufficiale del crimine: «Era il più giovane capo», spiega ai pm un collaboratore di giustizia. Il supremo è il suo soprannome. Uno che nei primi anni 90, «al tempo della mafia stragista, fu interpellato da Cosa Nostra», si legge nell'ordinanza.
Carismatico, al punto tale che il suo braccio destro Giovanni Giamborino, in una conversazione intercettata nel 2017 con l'avvocato, ex parlamentare di Fi e massone Giancarlo Pittelli, definisce così Mancuso: «È il tetto del mondo». Il politico e penalista però vuole approfondire. «Numero uno in assoluto?» chiede al suo interlocutore che gli risponde: «In assoluto, non c'è nessuno a quel livello, in Italia, in tutto il mondo. Anche in Canada e a New York. Dove ci sono queste cose è sempre lui il numero uno, avete capito?».
PAX MAFIOSA Poi Giamborino riferisce all'avvocato che Mancuso è perseguitato dalle procure. Una brava persona che garantisce la pace: «Loro non si rendono conto che se c'è uno come lui non succede niente, la gente può stare tranquilla». E aggiunge «può lasciare le chiavi alla porta». «Loro non hanno capito niente perché - sottolinea il braccio destro del boss a Pittelli - sono loro che mettono le guerre, la polizia, la magistratura». Infine l'invocazione: «Perché non lo lasciate in pace con la sua famiglia dopo 25 anni?». Pittelli si mostra sensibile alle richieste di Giamborino e con il superboss stringe un rapporto fraterno.
Ecco, per esempio, che il legale si attiva subito quando Mancuso gli dice che la figlia, studentessa di medicina all'Ateneo di Messina, sta avendo problemi con un esame. Il penalista convoca il Rettore. A raccontare l'episodio è lo stesso politico in una conversazione intercettata ad aprile 2018: «Teresa la figlia (di Mancuso, ndr) viene all'aliscafo (a Messina, ndr) e dice avvocato, non riesco a superare Istologia, perché è un professore stronzo. Le dico, vieni con me tesoro, vado all'Università, chiamo l'avvocato Candido, il cugino del nuovo Rettore Cuzzocrea e dico mi trovi tuo cugino? Sì, guarda Giancarlo, dieci minuti e siamo al ristorante da te. Vengono davanti al tribunale: Teresa sai chi è questo signore?. Sì il Rettore della mia Università...».
Al servizio del boss ma anche affiliato alla massoneria, ai sussurrati all'orecchio. La vita di Pittelli è ricca d'intrighi e di rapporti coltivati dentro le associazioni segrete. Stesso destino condiviso da esponenti della famiglia Mancuso: «La città di Vibo Valentia - racconta ai magistrati il maestro venerabile Cosimo Virgiglio - è l'epicentro della massoneria legale e deviata.
Gli appartenenti alle Logge regolari erano dei professionisti. Mentre quelle coperte erano formate da due filoni: I sussurrati all'orecchio, persone che rivestivano delle cariche istituzionali e non potevano essere inserite nelle liste segnalate alla Prefettura, e i sacrati sulla spada, soggetti con precedenti di vario genere, compresi gli ndranghetisti». Virgiglio conclude la sua deposizione di fronte ai pm facendo una serie di nomi eccellenti: «Della Loggia coperta con Pittelli facevano parte Chiaravalloti, magistrato divenuto presidente della Regione, Enzo Speziali e il capitano Enzo Barbieri della Finanza di Vibo».