Arianna Di Cori per “la Repubblica”
Geco. Anzi, GECO, scritto tutto in stampatello maiuscolo. Chi c' è dietro quella firma, di cui sono tappezzati i muri della capitale e non solo? E perché sempre e solo quella parola, che campeggia su facciate di palazzi e spunta ormai ovunque, su muri di periferia, cartelli stradali e cantieri abbandonati?
Non è un caso che l' autore sia stato definito il «writer più ricercato d' Europa». La sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha definito la sua presenza «intollerabile», tanto da esultare alla sua denuncia da parte del Nucleo ambiente e decoro della Polizia di Roma capitale, rivelata lunedì da Repubblica . Ma su di lui continua ad aleggiare il mistero. E non è solo una questione di identità, sebbene Raggi abbia chiaramente parlato di «identificazione» di Geco, riferendosi a un trentenne romano le cui iniziali sono L.P.
Solo il Tribunale potrà confermarlo. «Al momento non sono ancora stati formalizzati i capi d' accusa, l' indagine non è ancora chiusa - spiega l' avvocato di Geco, Domenico Melillo, anche lui writer con il nome di Frode nonché estensore della proposta di legge per depenalizzare il reato d' imbrattamento, presentata alla Camera nel febbraio 2019 - pertanto eviterei supposizioni a carico dell' indagato. Le carte non ci sono».
Per l' iter giudiziario, ci sarà dunque da aspettare. Conoscendo i tempi della giustizia romana, potrebbero essere anni. Ma quel nome resta, stampato in caratteri cubitali: sui muri e nelle teste delle persone. Cosa significa? Nulla a che vedere con il piccolo rettile, che come lui si arrampica sui muri. Dietro a Geco c' è un segreto: la storia di un' altra persona, molto vicina a lui.
Una persona affetta da autismo.
GLI ATTREZZI DEL MESTIERE DI GECO
GECO - proprio scritto tutto in maiuscolo come usa fare il writer - è una piattaforma di apprendimento, usata comunemente nelle scuole, per permettere ai bambini affetti da disturbi dello spettro autistico di studiare. Un programma che Geco il writer conosce, basato sulla possibilità di riprodurre all' infinito determinati pattern, che comunica attraverso lettere e immagini ed è in grado di trasformare testi complessi in schemi essenziali.
In giro per Roma e Lisbona armato di funi per l' arrampicata ed estintori trasformati in letali diffusori di vernice, a bordo di voli low cost con zaini ricolmi di sticker, Geco ha fatto viaggiare il suo nome. Vile deturpazione di beni pubblici e privati per alcuni, arte per altri. Per lui forse un grido di disperazione o un omaggio, il modo per dire: «Ci sono e ti sono vicino». E chissà che quel nome - quelle quattro lettere che la città restituisce tutti i colori che la vernice ha da offrire - non sia stato riconosciuto da altri bambini affetti dalla stessa sindrome, quando alzano il naso all' insù. La somiglianza tra lo stile del graffito e il logo del programma web è lampante: block lettering su fondo nero.
Il suo è un segreto condiviso con pochi: nella comunità dei writer romani di lui, il Geco privato, emerge poco. Viene descritto come un tipo nella norma, agli antipodi dell' immagine di tanti writer metropolitani. Uno che ha studiato, lavora, relativamente timido, poco amante della vita sociale, un po' ansioso: «Sapeva che gli stavano dando la caccia», dicono gli amici. Nulla di nuovo: pure i serial killer sanno essere bravi vicini di casa.
Sul trentenne intanto pende una denuncia, perpetrata dai vigili del Nad, per il reato di danneggiamento e reato continuato, a cui faranno seguito le richieste di risarcimento per i danni riportati dalle parti interessate: indiscrezioni parlano di centinaia di migliaia di euro, ma saranno da confermare in sede di giudizio. I caschi bianchi hanno spiegato di aver scoperto, nel corso del loro anno di indagini, che dietro a ogni azione di Geco c' era un gruppo, una rete. Chissà se solo vedette (i cosiddetti "pali") oppure materiali esecutori dei lavori più grandi, data la necessità di eseguirli in gran fretta.
Contro di lui saranno esposte prove digitali - telecamere, chat, siti - e, a quanto hanno dichiarato i vigili, evidenze reali.
Quel che è certo è che il danneggiamento (di cui il reato d' imbrattamento è una sub-specie) è un reato penale che può essere punito con la reclusione fino a 3 anni. Su manufatti vincolati (è il caso della torre piezometrica di Stazione Termini, monumento razionalista del Mazzoni) è danneggiamento aggravato, la reiterazione è un aggravante. Ma tutto è ancora da vedere.
Quello che sicuramente non si vedrà più saranno nuovi Geco scritti a caratteri cubitali, o i suoi adesivi rettangolari, ormai parte integrante di una vasta percentuale della segnaletica stradale romana. Fine della sua foga distruttrice? Fine del più grande "bomber" romano? Dipende dai punti di vista. Sarà una vittoria (parziale) per chi nel writer - e più in generale al writing - riconosce parte del degrado della capitale. Che poi sia una città che non versa certo in condizioni radiose - per cause che vanno decisamente al di là dell' operato del più temibile tra i writer - questa è un' altra storia.
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