Estratto dell’articolo di Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”
Le donne giovanissime da drogare e violentare atrocemente come «bambole di pezza», scrisse un giudice, sono state la sua ossessione nel periodo più buio della sua vita.
Ora, Alberto Genovese esce dal carcere di giorno per lavorare come volontario, in un programma di giustizia riparativa, per l’associazione «Wall of dolls» che si batte a favore delle donne vittime di violenza di genere e di femminicidio: donne simboleggiate proprio da bambole affisse su muri dedicati delle città.
È l’ultima tappa del percorso che il re delle startup ha intrapreso dopo l’arresto del novembre 2020 per le violenze brutali su due giovanissime modelle che gli sono costate una condanna a 8 anni e 11 mesi di carcere in abbreviato (che concede lo sconto di un terzo della pena), poi tagliati di due anni grazie alla riduzione garantita dalla legge Cartabia a chi non fa appello.
Finirà di scontare questa pena ad aprile 2027. Reati pesantissimi: violenza sessuale, anche di gruppo, e lesioni ai danni di due ospiti delle feste che anche in pieno lockdown animavano le notti a Terrazza sentimento […] A luglio si è aggiunta un’altra condanna a 15 mesi per una tentata violenza, ma non è ancora definitiva.
A partire dall’arresto, Genovese ha trascorso periodi in carcere e in comunità curandosi per uscire dalla dipendenza dalla cocaina […] a fine luglio il Tribunale di sorveglianza di Milano ha concesso ad Alberto Genovese di lavorare all’esterno quattro giorni alla settimana come volontario. Ai tre nella Casa della Carità di don Virginio Colmegna, dove si occupa dell’accoglienza dei senzatetto, ora se ne aggiunge uno negli uffici dell’associazione «Wall of dolls» che assiste le donne vittime di violenze.
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