Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera”
Aveva preso un caffè in un locale prestigioso di Padova dissertando di architettura, seduto sul suo mezzo elettrico per disabili. È stato dileggiato, costretto a uscire dal locale e poi aggredito, nell' indifferenza dei presenti. È accaduto sabato scorso a Giorgio Novello, 59 anni, top manager di una multinazionale. Tra una telefonata intercontinentale e l' altra, seduto (sempre sullo scooter che sostituisce in tutto la carrozzina) alla scrivania del suo ufficio a Roma, accetta di raccontarlo al Corriere per far sì, dice, «che chi non è corazzato come me reagisca. Chi subisce o vede episodi simili chiami il 113».
Ma come è iniziata? «Con una splendida giornata di sole, nel salotto buono della città, in un bar elegante, dove facevo due chiacchiere con l' amico Pietro Casetta, sul suo saggio in uscita. Tanto per dire che non stavo tracannando superalcolici in un locale malfamato», spiega il senior vice president di Avio spa, azienda aerospaziale che produce razzi per satelliti.
E continua: «Ero entrato con il mio scooter, perché la sclerosi multipla che ho da 7 anni, da uno e mezzo mi dà problemi di mobilità, che affronto con caparbietà. Al momento di uscire, un uomo, apparentemente distinto, che non ho urtato, mi dice che non potevo accedere con lo scooter. E mi rivolge vari epiteti, come "mongoletto"». Il manager che cura le relazioni istituzionali della sua azienda reagisce con «cortese fermezza». Interviene l' inserviente. Ma non per difenderlo: «Con tono molto forte, mi dice "Per favore, esca!", senza che nessuno intervenga».
Poi viene il peggio. «Esco, faccio 20 metri, sento dietro di me uno scalpiccio. Mi volto e vedo il cliente che mi aveva insultato. Mi raggiunge e mi prende per il collo. Delle decine di presenti nessuno muove un dito. Grido: "aiuto". Interviene il mio amico. E lui lascia il collo e se ne va».
Novello torna a casa in stato di forte turbamento. Non denuncia temendo di mettere nei guai il cameriere, «magari non attrezzato per gestire una cosa più grande di lui». Ma il giorno dopo torna nel locale e scopre che a cacciarlo era stato invece il «direttore». Le scuse non arrivano: «Chiusura totale, ai limiti dell' insolenza». Come può accadere tutto questo? Novello sorride, comprensivo: «Il normodotato vede un diversamente abile e pensa che sia debole e inferiore, quindi scarica su di lui le proprie frustrazioni. Ma non è così».
Uscito dal locale il manager si rivolge alle forze dell' ordine: «Non per me. Ma per chi magari è più fragile, più timido e più solo. E ho trovato appoggio e sensibilità dalle istituzioni, in particolari da una poliziotta, da una marescialla dei carabinieri e dalla dottoressa del Pronto Soccorso. È l' altra faccia della medaglia.
Ho viaggiato e viaggio ancora molto. Ma l' efficienza che trovo nel nostro servizio sanitario nazionale, a Fiumicino o sulle Ferrovie, malgrado ciò che se ne dice, è rara in altre parti del mondo». Dalla malattia, lui che ha avuto soddisfazioni nel ciclismo, nella scherma e nella canoa, non si lascia sconfiggere.
Non solo perché sta facendo una cura sperimentale, ma perché la vive come sfida: «Una dottoressa mi disse: "Finirà per amare la sua malattia". Non la auguro a nessuno.
Richiede impegno e fatica.
Ma ho più motivazione, più concentrazione e più serenità nel lavoro, in un' azienda che mi dà supporto, capendo come si possa trasformare l' handicap in una risorsa. È assurdo, ma aveva ragione lei».