L’IRPINO CHE SPARO’ AL COMUNISMO - ANTONIO PALLANTE, CHE TENTO’ DI UCCIDERE PALMIRO TOGLIATTI IL 14 LUGLIO 1948, È MORTO A 99 ANNI. GRAZIE A UN'AMNISTIA TRASCORSE IN CARCERE SOLO CINQUE ANNI E TRE MESI E FU RILASCIATO NEL 1953 - AL FIGLIO RACCONTAVA DI AVERE COMPIUTO QUEL GESTO PERCHÉ IN TOGLIATTI VEDEVA “UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA” A CAUSA DEL LEGAME TRA IL PCI E L'UNIONE SOVIETICA - NEL 2018 RACCONTO’: “MI SCONTRAVO QUOTIDIANAMENTE CON I COMUNISTI. MINACCIAVANO, INGIURIAVANO, PROFANAVANO. PUNTARONO MIA SORELLA CONCETTINA, CON PAROLE SPAVENTOSE: L'APPENDEREMO A UN PALO E LA VIOLENTEREMO…”
1 - I TRE COLPI DI PISTOLA CONTRO TOGLIATTI CHE FECERO TEMERE UNA GUERRA CIVILE
Antonio Carioti per il “Corriere della Sera”
Con tre colpi di pistola precipitò l'Italia in una situazione drammatica, che fece temere lo scoppio di una guerra civile. Si è spento a Catania quasi centenario lo scorso 6 luglio (ma la notizia è stata diffusa solo ieri) Antonio Pallante, noto per avere attentato alla vita del segretario del Pci, Palmiro Togliatti, il 14 luglio 1948. Ferito alla nuca e al torace all'uscita da Montecitorio con la sua compagna Nilde Iotti, il leader comunista fortunatamente sopravvisse, anche perché i proiettili erano di qualità scadente.
Lui stesso, prima di entrare in sala operatoria, esortò i dirigenti del partito a non perdere la testa. Ma in tutto il Paese i lavoratori entrarono in sciopero e scoppiarono disordini molto gravi, con una trentina di morti tra i manifestanti e le forze dell'ordine.
L'Italia aveva celebrato nella precedente primavera, il 18 aprile 1948, le prime elezioni legislative, che avevano visto un clamoroso successo della Democrazia cristiana sul Fronte popolare che vedeva uniti i candidati comunisti e socialisti. Per le sinistre marxiste era stata una cocente delusione, che aveva alimentato un forte sentimento di rivincita. Quando poi venne colpito Togliatti, l'ira popolare esplose in vaste manifestazioni di piazza.
La decisione della Cgil di indire lo sciopero generale provocò tra l'altro la rottura dell'unità sindacale, con il distacco della componente democristiana che poi andò a formare la Cisl, nonostante gli sforzi del segretario Giuseppe Di Vittorio per evitare la rottura. Gli scontri durarono quasi due giorni, poi la Cgil revocò lo sciopero e la situazione si andò gradualmente normalizzando, anche grazie alle notizie rassicuranti sullo stato di salute di Togliatti. A distrarre gli italiani contribuì il brillante successo del ciclista Gino Bartali al Tour de France, anche se la notizia arrivò quando l'onda di piena era già passata.
Pallante, nato a Bagnoli Irpino (Avellino) nell'agosto 1923, aveva agito di sua iniziativa. All'epoca era uno studente ventiquattrenne con simpatie di destra, che in primavera aveva fatto campagna elettorale per un piccolo partito sorto da una scissione dell'Uomo qualunque di Guglielmo Giannini. Viveva a Randazzo, in provincia di Catania, dove suo padre faceva la guardia forestale.
Fu arrestato e poi processato: condannato a 13 anni e otto mesi, poi ridotti in appello a dieci anni e otto mesi, grazie a un'amnistia trascorse in carcere solo cinque anni e tre mesi e fu rilasciato nel 1953. Al figlio raccontava di avere compiuto quel gesto perché in Togliatti vedeva «una minaccia per la democrazia» a causa del legame tra il Pci e l'Unione sovietica. Ma non si era più occupato di politica.
2 - L'ULTIMA INTERVISTA AL «GIORNALE»: «TREMAVO, MA ERO DECISO A UCCIDERLO»
Stefano Zurlo per “il Giornale”
Il 14 maggio 2018 il Giornale ha pubblicato una lunga intervista ad Antonio Pallante firmata dal nostro inviato Stefano Zurlo. Ne riproponiamo un estratto in occasione della morte, annunciata ieri, dell'intervistato. Pallante ricostruisce in modo dettagliato l'attentato al leader del Partito comunista, Palmiro Togliatti. È il 14 luglio 1948, e Pallante si apposta fuori da Montecitorio, in attesa del Migliore. Ecco cosa accadde secondo Pallante.
Arriviamo al Dopoguerra.
«Io ero un liberale, ero corrispondente per il settimanale siciliano dell'Uomo qualunque, il "Giornale dell'isola", ormai ero uno studente fuoricorso. E mi scontravo quotidianamente con i comunisti. Minacciavano, ingiuriavano, profanavano. Ricordo i comunisti di Adrano, un paese del Catanese. Puntarono mia sorella Concettina, che oggi ha 82 anni, con parole spaventose: l'appenderemo a un palo e la violenteremo. Poi ci fu un altro episodio».
Che cosa accadde?
«Nel corso di un comizio, un certo Proietti sbottò interrompendomi: "Ma che dice questo cretino?". Mio padre, che era di fianco, lo mandò ko con un ceffone. Questo era il clima nel '48».
Così?
«Nel giro di 2 o 3 mesi elaborai l'idea. Tagliare alla radice il problema. Uccidere il Migliore, Palmiro Togliatti».
pietro valdoni e palmiro togliatti
Possibile?
«Feci tutto da solo, anche se poi mi hanno cucito addosso complotti, mandanti, trame misteriose. Persino la proprietà di una fabbrica di corde in Argentina».
Liberale, ma fino a un certo punto.
«Ero giovane. Ero esasperato. Ritenevo i comunisti responsabili della morte di molti italiani, eliminati dai partigiani rossi. In quei giorni, l'Italia era a un bivio drammatico: l'ingresso nell'Alleanza Atlantica o l'approdo nel Cominform».
Lei davvero pensava di risolvere il problema uccidendo il capo del Pci?
«Sì. E non mi preoccupavo delle conseguenze personali. Comprai la pistola, una Smith calibro 38, al mercato nero per 250 lire. Poi per 25 lire acquistai in armeria cinque proiettili. Dissi che mi servivano per il tirassegno. Infine partii per Roma».
Come organizzò l'agguato?
«Decisi di colpire a Montecitorio. Operazione non facile: all'ingresso fui bloccato. Mi serviva un pass».
Chi glielo diede?
«Mi ricordai dell'onorevole Francesco Turnaturi, catanese di Randazzo, democristiano, che avevo conosciuto fra un comizio e l'altro. Lui mi fece trovare tre pass».
Ma voleva ammazzare Togliatti dentro Montecitorio?
«Non avevo un piano preciso. Dunque, dalla tribuna lo vidi: vidi lui, vidi Pajetta, il numero due del partito, vidi anche tanti altri, compreso De Gasperi che però non mi interessava. All'improvviso Togliatti usci, bruciandomi sul tempo. Mi accorsi però che se n'era andato da una porticina laterale che dava su via della Missione. Il terzo giorno mi appostai fuori».
attentato contro palmiro togliatti sull unita
Erano le 11.40 del 14 luglio 1948, ricorrenza della Bastiglia.
«Una coincidenza casuale. Tremavo. Forse mi tremava anche la mano. Sapevo di avere cinque colpi a disposizione, ero determinato, ormai avevo deciso».
Alle 11.40 la porticina si apre: esce la Iotti e dietro di lei il Migliore.
«Scorgo lei, poi lui. Sono sui gradini, io a tre- quattro metri. Sparo: lo prendo alla costola, poi al polmone. Lui cade e mentre si accascia sparo ancora. Un colpo a vuoto, il quarto entra nella nuca. La Iotti si butta su di lui e grida: hanno ucciso Togliatti, hanno ucciso Togliatti, i deputati cominciano a uscire a frotte dal Parlamento, io non capisco più niente. Mani forti mi afferrano salvandomi dal sicuro linciaggio: è il capitano dei carabinieri Antonio Perenze che poi firmerà la relazione sulla morte, misteriosissima e controversa, del bandito Giuliano».
Intanto il Migliore, che non è morto, operato d'urgenza si salverà.