Giovanni Bianconi e Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Quando esattamente un anno fa, ai primi di maggio 2020, l' allora componente del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo decise di portare dentro il Csm i segreti dell' indagine sulla presunta loggia massonica coperta «Ungheria», non formalizzò la comunicazione per salvaguardare, a suo avviso, la riservatezza di un' inchiesta molto delicata che secondo il pubblico ministero milanese Paolo Storari era bloccata dall' inerzia del procuratore Francesco Greco.
Ma c'era pure un altro problema, interno all' organo di autogoverno dei giudici: nei verbali dell' avvocato Piero Amara (tutti da vericare), tra i componenti dell' ipotetico gruppo in grado di condizionare i poteri dello Stato compariva non solo il consigliere Sebastiano Ardita (ex amico e compagno di corrente di Davigo, con il quale s' era interrotto ogni rapporto), ma pure il consigliere Marco Mancinetti, in quel momento ancora in carica; si dimetterà nel settembre successivo, in seguito all' azione disciplinare avviata nei suoi confronti per un' altra vicenda legata al caso Palamara.
Per questi motivi, ha spiegato Davigo al procuratore di Roma Michele Prestipino nella testimonianza resa mercoledì, non ritenne di presentare una relazione o un regolare esposto al Csm, ma di investire il comitato di presidenza solo informalmente. Tuttavia in maniera piuttosto dettagliata, secondo i ricordi affidati ai pm di Roma.
Il primo colloquio con il vicepresidente del Csm David Ermini avvenne il 4 maggio, giorno in cui il Csm riaprì i battenti dopo il lockdown anti Covid. Ma poi tornò a parlargli dell' argomento facendo esplicito riferimento ai verbali segreti con gli interrogatori di Amara ricevuti da Storari, e che forse nei giorni successivi gli consegnò. Davigo racconta anche di avere chiesto a Ermini di avvertire il Quirinale, cosa che il vicepresidente gli confermò in seguito di avere fatto.
MARCO MANCINETTI E PIERCAMILLO DAVIGO
Negli stessi giorni l' ex consigliere parlò anche con il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi e con il primo presidente Pietro Curzio, successivamente con altri colleghi. A Salvi non disse di avere le carte segrete; si limitò a raccontare le lamentale di Storari nei confronti di Greco e dei procuratori aggiunti Laura Pedio e Fabio De Pasquale, che non solo da dicembre 2019 ad aprile 2020 non avevano avviato i necessari accertamenti sulla presunta loggia, ma nemmeno proceduto a inquisire Amara per un' eventuale calunnia.
Solo in seguito ai contatti di Davigo con il Csm, e probabilmente dopo che Salvi avvertì Greco, la Procura di Milano ha proceduto a iscrivere Amara e due suoi amici per il reato di associazione segreta. Nonostante in una relazione di Greco sia scritto che Storari abbia detto di recente di aver consegnato i verbali a Davigo a Roma (circostanza da lui negata ieri), l' ex consigliere del Csm ha confermato di aver ricevuto i file con gli interrogatori a Milano, e dunque l' indagine per violazione di segreto potrebbe spostarsi per competenza a Brescia.
La Procura di Roma indaga anche sull' ex segretaria di Davigo al Csm Marcella Contrafatto, accusata delle spedizioni anonime degli stessi verbali segreti a due giornalisti e al componente del Csm Nino Di Matteo (con allegata lettera di accuse di immobilismo a Greco; di qui l' accusa di calunnia). Davigo ha detto ai pm di essere rimasto molto sorpreso dal comportamento della donna, se davvero è lei il «corvo». Le era sempre sembrata una collaboratrice affidabile, sebbene nell' ultimo periodo «un po' sopra le righe».
L' ex consigliere sostiene di non aver condiviso con lei i segreti sulla loggia «Ungheria»; l' aveva però avvisata di non fare più entrare nella sua stanza il collega Ardita, e in ogni caso Contrafatto aveva accesso al suo computer e alla sua posta elettronica. Quando poi, il 20 ottobre, ha dovuto lasciare il Csm per via della pensione, le indicò il fascicolo con i verbali spiegandole che se fosse stato necessario farlo avere al comitato di presidenza avrebbe dovuto mettersi in contatto con un altro consigliere, indicandole il nome.