Stefano Marzola per il Corriere della Sera
Fra una megafabbrica e l' altra, nell' universo delle quattro ruote c' è un arcipelago di produzioni artigianali. Pochi pezzi, centinaia di cavalli, milioni di euro. L' Italia è la capitale di questo «mondo a parte», forte di una tradizione radicata nel gusto e nella manualità nazionali. Del resto siamo, non a caso, la patria della Ferrari e della Lamborghini.
Che oggi sono poli industriali connessi a realtà multinazionali. Brand che all' immancabile appuntamento di Ginevra si presentano, rispettivamente, con le entusiasmanti 812 Superfast e la Huracàn Performante. Ma noi stiamo parlando di un altro modo di intendere e di fare supercar. Di marchi che non è scontato trovare ai Saloni. E se ci sono, è perché hanno da dire qualcosa di straordinario. Di stupefacente.
Sono gli artigiani della potenza, della velocità e dell' aerodinamica. Gente appassionata che ha saputo trasformare un sogno in realtà, senza perdere per strada la dimensione del sogno. E hanno tutti in comune, fateci caso, una componente: l' italianità.
A Ginevra è esposta la Pagani Huayra Roadster: 100 esemplari, 2.700.000 euro l' uno (quanto 240 Fiat Panda), già tutti venduti. Pagani come il cognome del fondatore. Argentino di nascita (61 anni fa), ma italiano per le radici familiari e per adozione, Horacio. Da tutti considerato un genio.
Comprare una Pagani significa portarsi a casa anche un pezzo della sua anima. Nell' impianto a pochi chilometri da Modena, fatto a immagine e somiglianza sua e delle sue auto, si usano i materiali più pregiati (dalla fibra di carbonio al titanio) e le soluzioni tecniche più audaci, studiate e implementate senza compromessi. Così ogni novità va a ruba, e l' usato costa più del nuovo. Come la Zonda che lo stesso Horacio ha comprato di seconda mano a 1,2 milioni di euro dopo averla venduta a 600 mila. Stile e concetti di base italiani, tecnologia in buona parte tedesca: vedi il motore dell' ultima meraviglia, la Huayra Roadster, un Mercedes-AMG da 764 CV.
Stesso discorso (stile italiano, tecnologia tedesca) per la Italdesign Zerouno: il marchio torinese, fondato negli anni Settanta da Giorgetto Giugiaro, è diventato costruttore con un' auto che porta il nome dell' azienda sul cofano. Sotto il vestito è un' Audi R8 plus, con motore V10 da 610 CV, cambio a doppia frizione e trazione integrale, ma è stata talmente alleggerita da innescare una dinamica di guida tutta sua. A firmare lo stile è Filippo Perini, per quindici anni in Lamborghini. «La parte inferiore dell' auto è dettata dalla funzione, quella superiore è puro stile», spiega il designer. Costruzione manuale, cura dei dettagli maniacale. Massimo cinque pezzi, «cuciti» su misura.
Il primo cliente, coinvolto nella progettazione, ha sborsato più di 1.800.000 euro. E in vista ci sono la versione cabrio e, nel 2018, quella celebrativa del 50° anniversario dell' azienda.
Il milionario americano James Glickenhaus fa parte di questo cenacolo di creatori di hypercar. Nel senso che lui ci mette le risorse (immense) e chiama al lavoro i migliori talenti. Come l' ingegner Paolo Garella, ex Pininfarina (dov' era responsabile delle fuoriserie create per il Sultano del Brunei, tipo la Ferrari 456 wagon). E come la Manifattura Automobili Torino, dove nasce la SGC003S presentata a Ginevra. S come stradale. Perché alla base c' è la SGC003C: C come corsa, quella che nel 2016 ha vinto la 24 Ore del Nürburgring. Oltre 350 orari. Da 0 a 100 in meno di 3 secondi: quanto un caccia al decollo. Più di 2 milioni di euro.
La Artega Scalo Superelettra, anche questa a Ginevra tra le novità «da sogno», nasce dall' incontro fra una storica carrozzeria italiana, la Touring Superleggera, e la tecnologica del tuner tedesco Artega.
Quattro motori elettrici, oltre 1.000 CV, 50 esemplari. L' amministratore delegato di Artega, Klaus Frers, spiega che il nome dell' azienda deriva da «arte». Parola italiana.