Alice D'Este per corrieredelveneto.corriere.it - Estratti
Ci sono annunci di violenza in crescendo, che da fine ottobre sembrano non fermarsi più, nel profilo TikTok di Bujar Fandaj, il presunto assassino di Vanessa Ballan. La giovane donna trevigiana, che il 4 gennaio avrebbe compiuto 27 anni, madre di un bambino di 4 anni e in attesa del secondo figlio, lo aveva denunciato per stalking il 27 ottobre scorso: è stata uccisa nella mattinata di martedì a casa sua a Riesce Pio X. Il presunto aggressore ha forzato la portafinestra sul retro e l’ha colpita. L’ha trovata senza vita il compagno, Nicola Scapinello, intorno alle 12.30.
La spirale di odio
La spirale dell’odio nella mente di Bujar Fandaj era esplosa da tempo. (...) «Ascolta puoi farmi di tutto fino a che te lo permetto ma c’è una cosa che non devi fare: non sottovalutarmi, mai». E ancora: «Ti ho amato profondamente con una sincerità che pensavo condivisa. Per te ero pronto a tutto, a scalare montagne ad attraversare oceani ma hai scelto di tradire questa fiducia». Accuse senza un nome, ma che suonano dirette chiaramente a Vanessa.
Al supermercato anche 5 volte al giorno
A suggerire il collegamento è anche il comportamento dell’uomo che nell’ultimo mese era diventato ossessivo. Si presentava di continuo nel supermercato in cui la giovane lavorava. Anche 5 volte al giorno. (...)
(...) «È finita ti lascio tranquilla. Non ti riempirò più di messaggi, non perderò più tempo con qualcuno che non mi vuole nella sua vita. Se mi avessi veramente amato le cose sarebbero andate in modo diverso. Cos’ho fatto per meritare un simile disprezzo?».
Vanessa aveva paura
Poi, il 28 novembre, Fandaj posta un video in cui si inquadra con una luce rossa in viso che riproduce la bandiera albanese. La voce registrata dice: «Mia madre mi ha cresciuto come la persona più gentile e dolce che tu abbia mai incontrato. Ma se mi manchi di rispetto ti mostrerò perché ho il cognome di mio padre». Parole minacciose, che oggi hanno una lettura ben precisa. «Ogni volta che lui entrava al supermercato lei era a disagio e cercava di non farsi vedere — dice Vanin — Vanessa aveva paura di lui».
VANESSA BALLAN
Denis Barea e Nicola Rotari per corriere.it
Le violenze sono iniziate quest’estate: prima l’aggressione nel supermercato di Riese Pio X dove Vanessa lavorava come cassiera, poi le minacce con la frase «ti ammazzo». Qualche giorno dopo c’è stata l’intrusione nella casa di lei, in via Fornasette dove la 26enne viveva con il figlioletto di 4 anni e il compagno 28enne. «Lascialo e torna con me» le avrebbe detto proprio su quella soglia di casa dove martedì l’ha uccisa.
Erano passate poche settimane da quando Vanessa Ballan gli aveva comunicato di non avere più intenzione di vederlo. Ma il presunto assassino, Bujar Fandaj, un imprenditore 41enne di origine kosovara, non avrebbe accettato la fine di quella storia clandestina che andava avanti da circa un anno. Nonostante le minacce lei, nel tentativo di tenere la storia nascosta al fidanzato, aveva sopportato in silenzio per mesi.
Le ammissioni del procuratore
Solo alla fine di ottobre, quando Fandaj l’ha minacciata di pubblicare su internet i loro video intimi, Vanessa ha deciso di raccontare tutto al fidanzato e insieme sono andati dai carabinieri a sporgere denuncia. «Forse l’urgenza del caso è stata sottovalutata» ha ammesso il procuratore di Treviso Marco Martani, che ha provato a spiegare perché, a fronte della querela per stalking contro Fandaj presentata il 27 ottobre, non sia stato fatto nulla. A dire il vero però la macchina delle indagini si era messa in moto.
(...)
Il giallo del telefonino
«A quanto ne sappiamo — continua il procuratore — dopo la denuncia di lei, Fandaj ha smesso di importunarla e di perseguitarla. Eravamo in attesa della relazione tecnica sul contenuto dei telefonini che avrebbe potuto dirci con esattezza che cosa il 40enne scriveva alla vittima, la cronologia dei messaggi e quante volte l’avrebbe contattata».
Il documento tecnico relativo agli apparecchi però non è ancora arrivato sul tavolo della procura. «La valutazione fatta dall’ufficio fu che il caso non aveva i requisiti dell’urgenza — aggiunge Martani —. Senza i contenuti dei cellulari non si poteva valutare se c’era un immediato pericolo per l’incolumità della donna. La cosa purtroppo si è rivelata tragicamente infondata, ne dobbiamo prendere atto». Martani sottolinea che anche un eventuale decreto di allontanamento avrebbe potuto essere violato con facilità da parte di Fandaj.
«La verità — prosegue — è che non si ravvisavano gli estremi per prendere l’unica misura cautelare che avrebbe potuto impedire al kosovaro di uccidere, cioè l’arresto in carcere. A posteriori sembra che ci sia stato un errore di valutazione da parte del sostituto procuratore che si è occupato del fascicolo».
I depistaggi
Al momento il sostituto procuratore Michele Permunian contesta a Fandaj l’omicidio volontario pluriaggravato. Il kosovaro avrebbe pianificato l’omicidio di Vanessa Ballan e cercato di crearsi un alibi attraverso alcuni depistaggi: qualche ora prima dell’assassinio aveva pubblicato sui social una foto dello svincolo verso Nova Gorica, in Slovenia e subito dopo l’omicidio è andato in un bar di Altivole dove ha consumato una birra chiacchierando con le bariste e un cliente del più e del meno e di suoi alcuni nuovi tatuaggi.
In serata, quando oramai era chiaro che i carabinieri lo stavano braccando, ha chiamato la caserma con un telefonino senza la sim (per impedire la geolocalizzazione) confessando l’omicidio: «Sono stato io a fare quella brutta cosa, domani mi costituisco». Qualche ora più tardi è stato arrestato a casa sua mentre usciva dalla doccia.
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