TREMA BOLLYWOOD - L’INCHIESTA SULLA MORTE DELL’ATTORE SUSHANT SINGH RAJPUT, TROVATO MORTO NEL SUO APPARTAMENTO, STA SCOPERCHIANDO IL SISTEMA DELLA DROGA NELLA PIÙ GRANDE MACCHINA CINEMATOGRAFICA DEL MONDO - I VOLTI PIÙ FAMOSI DEL CINEMA E DELLA TIVÙ INDIANA STANNO SFILANDO DAVANTI ALLA COMMISSIONE NARCOTICI PER FORNIRE LA LORO TESTIMONIANZA…
Cristiana Mangani per “il Messaggero”
È cominciato tutto il 14 giugno scorso, quando il giovane attore indiano Sunshant Singh Rajput è stato trovato morto nel suo appartamento. Gli investigatori hanno parlato inizialmente di suicidio, poi, con il passare dei giorni, la vicenda si è complicata. La famiglia della star ha ipotizzato l'omicidio e ha puntato il dito contro la fidanzata. Alla fine, le indagini che stanno tenendo con il fiato sospeso l'India più dei milioni di contagiati da Covid, stanno coinvolgendo tutta Bollywood in una mega inchiesta sulla diffusione della droga nella più grande produzione cinematografica mondiale.
Gli inquirenti sono convinti: morto per una overdose, sono a caccia di chi gli ha fornito la droga. Così i volti più famosi del cinema e della tivù indiana stanno sfilando davanti alla Commissione narcotici per fornire la loro testimonianza. Ieri è toccato a Deepika Padukone, una delle attrici più popolari e pagate, che è tra le sei star che sono state convocate dal Narcotics control bureau. Con lei Sara Ali Khan e Shraddha Kapoor. E ancora prima è stato sentito Rakul Preet Singh.
LA DENUNCIA
La fidanzata di Rajput, l'attrice Rhea Chakraborty, è stata arrestata all'inizio del mese con l'accusa di aver acquistato la droga per l'attore 34enne, trovato morto nel suo appartamento di Mumbai. La decisione è arrivata dopo che la famiglia della vittima ha presentato una denuncia proprio contro Chakraborty. Le manette sono scattate anche nei confronti del fratello e dell'ex amministratore dell'attore, accusati di aver organizzato e finanziato l'acquisto della cannabis per Rajput.
Il caso, al quale stanno lavorando quattro diverse agenzie investigative, sta suscitando grande attenzione e clamore da parte dei media indiani. Padukone sarebbe stata convocata perché il suo nome e quello dei suoi manager, ricorrono nelle chat di WhatsApp della fidanzata dell'attore morto. Ma sui social media c'è già chi si chiede perché vengano sentite solo attrici e non attori, mentre altri legano la convocazione al fatto che Padukone aveva espresso la sua solidarietà a studenti attaccati da un altro gruppo di studenti legati al partito nazionalista di Narendra Modi.
Ma c'è anche chi sottolinea come l'attenzione che i media stanno dando a questo caso, un vero plot da film di Bollywood, stia aiutando a distrarre l'attenzione dai gravi problemi che l'India sta affrontando, con un numero altissimo di casi di Covid, che l'ha portata a essere il secondo Paese più colpito al mondo, la drastica contrazione dell'economia e il deterioramento delle relazioni con la Cina.
Anche l'arresto della ventottenne, compagna da tempo di Sushant Singh Rajput, ha scatenato un ciclone mediatico senza più controllo. Lei continua a negare qualsiasi illecito e il suo avvocato, Satish Maneshinde, ha definito l'arresto «una parodia della giustizia». La storia, però, continua ad appassionare il paese ed è andata gonfiandosi nei tre mesi successivi alla morte di Rajput.
NO ALLA CAUZIONE
Chakraborty, alla quale le autorità hanno negato la cauzione, è stata arrestata dal Narcotics control bureau (Nbc), l'agenzia antidroga indiana, dopo tre giorni di interrogatori su presunti illeciti riguardanti sostanze stupefacenti. Migliaia di attiviste femministe e decine di star di Bollywood hanno lanciato una campagna su Twitter e Facebook affermando che il fermo dell'attrice è «un palese tentativo di trovare un capro espiatorio in una donna».
Le autorità avevano parlato inizialmente di morte accidentale. Il suicidio era stato ipotizzato a causa di una precedente diagnosi di depressione per difficoltà lavorative che Rajput avrebbe avuto nell'ambiente, perché - secondo i media locali - l'attore considerato di talento era, però, estraneo alla cerchia dorata di chi conta a Bollywood.
Il padre, K.K. Singh ha depositato una denuncia per istigazione al suicidio, frode e truffa, chiedendo l'apertura di un'indagine sul conto di Rhea e segnalando anche trasferimenti bancari inspiegabili a lei e ad altri attori. Il caso ha assunto rilevanza politica nel Bihar, dove è stato discusso anche nell'assemblea legislativa, su proposta di Neeraj Singh, cugino dell'attore e dirigente del Partito del popolo indiano (Bjp). Il capo del governo, Nitish Kumar, ha raccomandato al Cbi l'apertura di un'inchiesta. E ora Bollywood trema.