Michela Allegri per “il Messaggero”
Hanno continuato a percepire la pensione di nonni e genitori, nonostante fossero morti ormai da mesi. E ora sono finiti sotto inchiesta con l'accusa di indebita percezione di erogazioni pubbliche a seguito di dichiarazioni mendaci e di truffa aggravata ai danni dello Stato.
I casi sono decine: la nipote di una donna morta nel 1991 che fino al 2017 ha continuato a incassare la pensione della nonna, accumulando addirittura 300mila euro; un uomo che non aveva comunicato la morte del padre, avvenuta nel 1993, e fino al 2016 ha continuato a incassare dal ministero la pensione «di guerra» del genitore, per più di 267mila euro.
Sono trentasette i furbetti pizzicati dai Finanzieri del comando provinciale di Roma, denunciati all'autorità giudiziaria. Cifre che ora sono state sequestrate e che dovranno essere restituite.
IL RAGGIRO
Gli indagati non incassavano solamente pensioni ordinarie, ma anche assegni sociali, indennità di accompagnamento e, addirittura, pensioni «di guerra», appunto. Un escamotage che ha permesso loro di arrotondare lo stipendio ma che ora rischia di farli finire sul banco degli imputati.
Anche perché il danno per le casse dello Stato non è di poco conto: secondo le Fiamme gialle, il buco nelle casse dell'Inps e per il ministero dell'Economia e delle finanze, cioè il bilancio della truffa, ammonterebbe a più di 3 milioni di euro.
Le indagini sono partite dagli accertamenti del Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di finanza. Da una serie di controlli, i militari si sono accorti che i conti non tornavano.
Così, hanno approfondito le verifiche. Hanno acquisito dall'Inps e dal ministero dell'Economia i nominativi di titolari di pensione e indennità di accompagnamento, avviando un monitoraggio «a tappeto».
I risultati sono stati incrociati con le informazioni contenute nelle banche dati disponibili, per verificare l'eventuale decesso dell'avente diritto al sussidio. E così sono emerse le anomalie: in decine di casi soggetti terzi, che non avevano diritto all'emolumento, percepivano i soldi.
LA CAPITALE
L'inchiesta è stata avviata in tutta l'Italia e solo nella Capitale sono emersi 37 casi sospetti di indebita percezione di prestazioni previdenziali e assistenziali. I dati dell'Inps sono stati infatti incrociati con quelli forniti dalle sedi locali dell'istituto di previdenza e della Ragioneria Territoriale dello Stato di Roma, consentendo ai finanzieri di stilare una lista di furbetti che sono poi stati denunciati.
In molti casi gli inquirenti hanno già disposto il sequestro delle somme incassate in modo irregolare, congelandole sui conti correnti degli indagati. Nel frattempo, l'Inps e la Ragioneria Territoriale dello Stato hanno subito sospeso l'erogazione dei trattamenti.