Guido Santevecchi per corriere.it
Il 4 aprile è Qingming in Cina. La ricorrenza dei defunti, il Giorno della Pulizia delle Tombe. E anche Wuhan si prepara a celebrarlo, come ogni anno, ma questa volta con un carico di sofferenza e morte reso ancora più pesante dall’epidemia assassina. Ci sono 2.535 defunti in più da onorare in questo Qingming.
Il virus dei sospetti
Tanti sono i cittadini che hanno perso la battaglia con il Covid-19 nell’epicentro del contagio in Cina, secondo la statistica ufficiale. Ma anche intorno a questo numero tragico serpeggia l’altro virus: quello dei sospetti, dei dubbi, che partono dall’origine della nuova malattia (il mercato della carne selvatica di Wuhan), includono la sottovalutazione e le reticenze iniziali da parte delle autorità locali e centrali, arrivano alle dichiarazioni di questi giorni che danno per sconfitto il coronavirus nello Hubei e nel resto del Paese.
Circolano sul web cinese foto di casse con le urne per le ceneri dei corpi cremati in questi due mesi. In Cina i defunti si cremano e molte province incoraggiano la gente a seppellire le urne sotto alberi, o a versare le ceneri in mare, altrimenti i cimiteri dovrebbero essere grandi come megalopoli e la terra è troppo preziosa.
persone davanti a un ospedale di wuhan per la rilevazione della febbre
Con la quarantena stretta imposta dal 23 gennaio, i parenti dei morti non hanno potuto né partecipare alla cerimonia di addio nei crematori, né andare a ritirare le urne. Fatale che si siano accumulate. Ma la rivista Caixin, nota per il suo giornalismo investigativo, ha pubblicato foto di file troppo lunghe davanti alle grandi agenzie di pompe funebri di Wuhan e di cumuli di casse che sembrerebbero in notevole eccesso rispetto all’esigenza di raccogliere le polveri dei 2.535 morti dichiarati dalle autorità.
42mila vittime
È atroce fare conti quando si vedono persone addolorate, accasciate su sedie di plastica ben distanziate le une dalle altre, in attesa che inservienti sigillati in tute bianche, con mascherine e guanti, consegnino le urne. Ma è stato fatto: Caixin ha scritto che 5.000 urne sono state fornite questa settimana in un solo giorno all’agenzia mortuaria Hankou, una delle otto di Wuhan. In totale, le otto agenzie avrebbero cominciato a consegnare dal 23 marzo 3.500 urne al giorno ai parenti, con l’obiettivo di concludere il lavoro il 3 aprile e consentire ai superstiti di celebrare degnamente Qingming. Dodici giorni, per 3.500, farebbe 42.000 vittime, calcola Radio Free Asia. Circola la voce che durante la crisi siano stati fatti affluire nella città assediata dal virus addetti alla cremazione da altre parti del Paese, per tenere gli impianti in funzione 24 ore su 24.
I dubbi
Dunque, le autorità hanno comunicato un numero di decessi inferiore al reale? Non lo sappiamo. Qualcuno dice che Caixin sarà punita per aver messo in dubbio la cifra ufficiale; altri sostengono che le autorità hanno consentito la pubblicazione delle foto per preparare la gente alla diffusione dei numeri effettivi. In guerra ci sono i morti riconosciuti, con i loro nomi incisi sui memoriali collettivi.
Ma ci sono anche i dispersi, quelli che non sono mai tornati a casa e che le statistiche si ostinano a non inserire nel bollettino dei caduti, per settimane e mesi. In guerra, sottostimare il numero delle proprie perdite serve ai governi per non deprimere il fronte interno e illudere i soldati che le cose non sono andate così male. Il fronte interno, la popolazione, e i soldati, medici e infermieri sono finiti tutti in prima linea in questa situazione.
Non solo in Cina ma in tutto il mondo: anche noi siamo scossi dalle immagini dei camion militari che portano via le bare da Bergamo. Quella contro il Covid-19 è una guerra. L’ha dichiarata Xi Jinping a fine gennaio, definendo il coronavirus «un demone», anche per far passare tra le masse cinesi il messaggio che solo la natura malefica, incorporea e invisibile del male aveva potuto mettere in difficoltà il sistema sanitario governato dal Partito-Stato.
La statistica
Un altro salto nella statistica, fredda e livellata come il tavolo di marmo di un obitorio: a Wuhan nel quarto trimestre del 2019, prima quindi dell’epidemia, sono stati cremati 56.007 corpi. Quante urne non erano ancora state consegnate ai parenti prima del 23 gennaio, quando la città è stata bloccata per la quarantena? E ancora, quanti sono i morti «da» coronavirus e quanti quelli «con» Covid-19 sommato ad altre patologie?
la famiglia rimasta nascosta al mercato di wuhan per due MESI controlli a wuhan 1