Giovanna Cavalli per il “Corriere della Sera” - Estratti
Professore, che cos’è l’amore?
«Me lo ha chiesto una volta anche il mio amico cardinale Matteo Zuppi, persona fantastica. Gli risposi: “È la coincidenza con i suoi effetti. Ammirazione, invidia, gelosia, sofferenza, godimento”. L’apostrofo rosa e quelle robe lì fanno ridere. Tuttavia definire qualcosa significa stabilirne i limiti, il che è sbrigativo. Ciascuno lo vive a modo suo. Io per esempio non ho mai avuto il senso della proprietà. O detto sciocchezze come “la mia donna”».
Stefano Bonaga, 80 anni, è stato docente di Antropologia filosofica all’università di Bologna. «Mi chiamano filosofo, ma di filosofi ne nascono due o tre al secolo e io non sono tra quelli».
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Innamorarsi è più una fortuna o una sciagura?
«Nessuna delle due. Io mi sono auto-ricoverato quattro volte dall’abbandono. Pratico la massima sintesi dello spinozismo. Il così sia. Non solo accettare, ma affermare le cose che non posso cambiare, dirgli di sì».
Quindi è stato lasciato quattro volte. Una è stata più dura delle altre?
«Non ho mica il termometro del dolore. Quando soffri, il tempo passa da solo, il luogo non conta, non hai voglia di andare da nessuna parte. Meglio ritirarsi in solitudine, farsi dare qualche pasticca, non annoiare il prossimo, praticare un po’ di discrezione. Ma lei sta provando di nuovo a farmi parlare di me. Si dice che domandare è lecito. Col cavolo che lo è».
Ha scritto un libro: «Sulla disperazione d’amore».
«In cui mai una volta uso la parola io. “Il parassita della vita”, lo definiva Emilio Gadda.
L’ho scoperto a 14 anni, la mia formazione culturale lì ha avuto uno scatto. L’ io ripetuto diventa come il raglio dell’asino: “I-ho-I-ho”. Piuttosto che scrivere un’autobiografia vado in galera dieci anni».
stefano bonaga giulio volpe giuseppe cruciani
Biagio Antonacci le fece la prefazione.
(Ride) «Lui è un po’ suonato. Ne comprò 60, 70 copie su Amazon, si era appassionato.
Così, alla quarta edizione, gli chiesero di scrivere l’introduzione. Me la fece leggere, l’ho corretta, ho tolto i complimenti, aveva esagerato. L’ho conosciuto una volta che ho accompagnato Ron a Sanremo, era il suo produttore. Eravamo nella sua stanza, quando entrò questo qui. “Oh, mi hanno segato!”. Lo avevano eliminato eppure era tutto contento. Diventammo amici così. Un buonissimo ragazzo, sex symbol senza volerlo».
Da ragazzino com’era?
«Ecco, le posso dire questo: ero assolutamente trasparente per le ragazze».
Ma dai .
«Ero brutto, sin da bambino. Mia madre ripeteva: “Com’è che ti ho fatto così brutto?”. Da grande un giorno le risposi: “Ti sei mai guardata allo specchio?”. La piccola fortuna era che ne prendevo atto, però non ci soffrivo».
Eppure è sempre piaciuto molto alle donne.
«Mi sono chiesto perché. Mai capito fino in fondo cosa ci trovassero in me».
Era un seduttore.
«L’amore è venuto fuori così, non l’ho cercato, in realtà sono stato sempre sedotto.
Non voglio intendere che le donne si attivassero per sedurmi, è piuttosto l’effetto di una potenza che ti attira. Comunque non ho mai fatto un progetto di vita con nessuna».
stefano bonaga, moni ovadia, massimo cacciari ph ottavia casagrande
So che l’argomento è tabù, ma come non chiederle di Alba Parietti, sua celebre ex?
«Non ne parlo».
Alba invece di lei parla.
«Purtroppo. È fatta così, è più forte di lei, l’ho minacciata di denunciarla, se non la smetteva».
Per scherzo.
«Mica tanto. Mostrarsi è il suo mestiere. Siamo due mondi diversi. Alba è pure una brava ragazza, ma pensa che le sue faccende interessino al mondo. La rimproveravo: “Perché racconti della tua casa a Courmayeur? A chi vuoi che importi?”. Per sei anni, con lei, sono stato mio malgrado al centro dell’attenzione. Ero disperato. Ho patito molto».
Le consigliò di rifiutare i 9 miliardi di lire di Berlusconi.
«Un giorno mi suona il telefono. Rispondo. “Bravissimo, così si fa!”. “Ma chi parla?”.
Era Romano Prodi».
Come andò la storia?
«Alba mi costrinse ad accompagnarla da Berlusconi. Andai ma rimasi zitto. Poi mi chiese un parere e le suggerii di non accettare. Però non ho fatto nessuna fatica, il no lo ha detto lei, non è merito mio».
Li avesse offerti a lei, il Cavaliere, avrebbe detto sì?
«Ma va. Sono disinteressato ai soldi, al potere e alla popolarità. Se mi regali dieci milioni di euro, ma non posso darli a nessuno, non li voglio, non so che farci. La casa ce l’ho, giro in motorino, porto vestiti di trent’anni fa, ho un cellulare da 19 euro. Se avessi dei figli, almeno».
Non si è sposato.
«Invece sì. Con Andrea Lehotska. Era in tv con Chiambretti. Le chiesi: “Hai mica bisogno del permesso di soggiorno?” E lei: “Ti ricordo che la Slovacchia è nella Ue”. Ma fu quasi uno scherzo».
Il suo amico Lucio Dalla .
«Quando è morto, mi hanno cercato in settanta, non ho aperto bocca. Mi ha fottuto un regista, facendomi chiamare dal segretario di Lucio, mi sono ritrovato la troupe in casa.
Non le dico nulla».
Oddio, nemmeno di lui?
«No. L’ho conosciuto a sei anni e da allora abbiamo passato tutta la vita insieme».
Tutto qui?
«Era una persona fantastica. Non c’è una sua canzone uguale all’altra, per ognuna creava un mondo diverso, aveva una potenza immaginativa assoluta. Basta. Detesto la piccola rivelazione che svela l’intimità».
E Vasco Rossi?
«Tutti pensano che sia un montanaro ignorante, in realtà è coltissimo, legge Kant. Le sue canzoni sembrano quelle di un sempliciotto di Zocca, invece no. Una volta sono partito con lui in barca per St. Tropez. Dormiva dalla mattina alla sera. Non voleva muoversi per paura di perdere il posto al porto. Così me ne andavo in giro per conto mio».
pier luigi bersani e stefano bonaga
Che tipo.
«Non è una persona facile, anzi complessa, però ha il merito assoluto di dire sempre la verità. Non mente nemmeno sui suoi difetti. E comunque è l’unico capace di fare 220 mila paganti a Modena pur non essendo conosciuto fuori dall’Italia. Andare a un suo concerto è come fare la comunione. “Mangiate il mio corpo”».
La politica, una passione.
«La forma più nobile dell’esistenza umana, anche se ora i partiti sono diventati comitati elettorali. Il mio sogno è un dibattito con il generale Vannacci, la versione politica di Wanna Marchi».
Si sente sopravvalutato .
«Mi fanno tanti complimenti, a me sembra di dire banalità di buon senso. Però sono una brava persona. Una definizione che di solito fa pensare a un deficiente. Invece sono davvero una persona brava. Però continuo a non capire perché stia qui ad intervistare me che non sono nessuno, un vecchio alla deriva».
Ma se è pieno di vita.
«In effetti, mistero, ho una fidanzata bellissima di trent’anni, francese, fa la regista.
Una radicale. Mi dà dell’uomo di centro. Ora è a Parigi perché io sono troppo depresso e non voglio affliggerla. Però ho avuto una vita fortunata, ringrazio il caso».
Non Dio? Non ci crede?
«Ma neanche per sogno. Sono ateo, materialista e comunista».
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