1 - BIDEN: PUTIN UN ASSASSINO, PAGHERÀ UN PREZZO PER LE INTERFERENZE ALLE ELEZIONI USA
Joe Biden ha detto in un'intervista tv di ritenere che Vladimir Putin sia un killer. "Lei conosce Vladimir Putin. Pensa che sia un killer?", gli ha chiesto George Stephanopoulos di Abc.
"Lo penso", ha risposto il presidente americano, promettendo che il leader del Cremlino "pagherà un prezzo" per aver tentato di influenzare le elezioni presidenziali del 2020.
"Attacchi contro Putin sono attacchi contro il nostro Paese"
E non si è fatta attendere la rezione di Mosca, con il presidente della Duma, Viaceslav Volodin, che ha criticato il presidente americano Joe Biden affermando che "gli attacchi" contro Putin "sono attacchi contro il nostro Paese". "Biden con la sua dichiarazione ha offeso i cittadini del nostro Paese, è un'isteria causata dall'impotenza. Putin è il nostro presidente e gli attacchi contro di lui sono attacchi contro il nostro Paese", ha scritto Volodin su Telegram secondo Ria Novosti..
L'intelligence americana martedì ha diffuso un rapporto secondo il quale Putin ha autorizzato operazioni volte a screditare la candidatura di Biden e a sostenere quella di Donald Trump, minando la fiducia dell'opinione pubblica nel processo elettorale e seminando divisioni. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha respinto le accuse, definendole "completamente infondate".
Nonostante la convinzione che Putin sia un assassino, il capo della Casa Bianca -riferisce Axios, dando conto dell'intervista- ha sostenuto che è possibile "lavorare insieme" laddove ci sono "interessi comuni"; un esempio è l'estensione dell'accordo per il controllo delle armi nucleari New Start.
2 - "FAKE NEWS E PROPAGANDA PUTIN VOLEVA FERMARE BIDEN"
Francesco Semprini per “La Stampa”
joe biden e vladimir putin nel 2011
Influenzare l'opinione degli elettori senza sabotare le infrastrutture elettorali. È questa la strategia con la quale la Russia ha interferito nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti vinte da Joe Biden, secondo le conclusioni di un rapporto appena diffuso dalla direzione della National Intelligence, che coordina tutte le agenzie degli 007.
Secondo gli esperti dei servizi segreti di Washington vi furono tentativi da parte di agenti stranieri, ed in particolare vicini agli ambienti di Mosca, di «denigrare la candidatura di Joe Biden e il partito democratico, sostenere l'ex presidente Donald Trump, minare la fiducia nel processo elettorale ed esacerbare le divisioni socio-politiche negli Usa».
Così come avvenne quattro anni prima a detta degli 007, secondo cui però a differenza del 2016, «non si sono visti da parte della Russia sforzi persistenti di cyber attacchi per accedere alle infrastrutture elettorali». Secondo l'intelligence Usa, inoltre, «non c'è alcuna indicazione che attori stranieri abbiano tentato di alterare qualsiasi aspetto tecnico del processo di voto nelle elezioni del 2020».
La valutazione è in linea con le precedenti dichiarazioni dell'amministrazione che descrivevano la propaganda e la disinformazione sui social media e l'uso di strumenti di "attori" per diffondere il messaggio russo, incentrato sulle accuse di corruzione di Biden. Una figura chiave in questo senso sarebbe stata Andre Derkach, un parlamentare ucraino con legami con l'intelligence russa che parlava regolarmente con l'avvocato di Trump, Rudy Giuliani. Il rapporto dice che Putin «era a conoscenza e probabilmente dirigeva» le operazioni di influenza, comprese quelle di Derkach.
Tra gli altri Paesi che hanno provato ad interferire nelle elezioni ci sono anche Cina e Iran. Al contrario di quanto sostenuto dalla precedente amministrazione, Pechino «ha considerato eventuali azioni di interferenza ma non si è spesa in maniera significativa nel tentare di cambiare l'esito delle presidenziali». Teheran invece ha lavorato per minare la credibilità di Trump. «Riteniamo che l'Iran abbia condotto una campagna di influenza segreta su più fronti intesa a indebolire le prospettive di rielezione dell'ex presidente - sebbene senza promuovere direttamente i suoi rivali - minare la fiducia del pubblico nel processo elettorale e nelle istituzioni statunitensi, diffondere divisioni ed esacerbare le tensioni sociali negli Usa».
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