1 - L’OLTRAGGIO DI CAROLA
Carlo Nordio per “il Messaggero”
Due giorni fa, scrivemmo su queste pagine che la plateale violazione di legge della Sea Watch costituiva una provocazione programmata verso il nostro Paese. Non pensavamo che l'irresponsabile arroganza della sua capitana sarebbe giunta al punto di sfidare una nostra imbarcazione militare con un gesto che, in altri Paesi, le sarebbe costato ben peggio di un comodo arresto domiciliare sotto il cielo di Lampedusa.
E' sufficiente vedere le immagini in rete per capire che, se la nostra motovedetta non si fosse fortunosamente sfilata dalla banchina, le conseguenze dell'attracco illecito e sconsiderato sarebbero state ben più gravi di un semplice danneggiamento all'imbarcazione. Ora sarà la Magistratura a definire le responsabilità penali di Carola Rackete, per la quale qualche anima bella ha evocato l'esempio di Antigone, che vìola consapevolmente le norme del tiranno contrarie alle leggi non scritte - i famosi àgrafoi nòmoi - scolpite nella coscienza di ciascuno.
Esempio improprio e inconsistente, perché Antigone vìola, appunto, le leggi di un tiranno, mentre le nostre sono state promulgate dal Parlamento con la procedura prevista dalla Costituzione «più bella del mondo», e poi perché Antigone, come Socrate, si sottomette tranquillamente al supplizio, senza volerne uscire con un'aureola politica. In ogni caso, chiunque abbia un minimo di rispetto per il nostro Paese - e non si limiti a sgolarsi con l'Inno Nazionale durante i campionati - non può che reagire sdegnato davanti a tanta vituperevole e sfrontata prepotenza.
IL QUESITO GIURIDICO E L'ASPETTO POLITICO
Riservato dunque il quesito giuridico agli addetti ai lavori, resta l'aspetto politico. E qui le considerazioni da fare sono due. La prima è l'esito del conflitto tra il Capitano e la Capitana. Noi avremmo preferito, e lo abbiamo scritto, che il ministro dell'Interno, davanti a una così grave violazione della nostra sovranità nazionale, avesse reagito con compunta severità istituzionale, magari chiedendo al Parlamento - e successivamente all'Europa - di pronunciarsi in modo chiaro e distinto sulla tollerabilità o meno di questa impresa piratesca. Sarebbe anche stato utile chiarire se molti parlamentari, che impartiscono quotidianamente lezioni sulla legalità, fossero schierati con il nostro ordinamento positivo o con il volatile solidarismo dell'esuberante tedesca.
LA PROCESSIONE PENITENZIALE A BORDO
Temevamo anche che Salvini - non certo in quanto leader di un partito ma siccome rappresentante dello Stato - declassasse al rango di un'avventurosa bravata dannunziana quella che secondo noi era un'evidente sfida alla nostra dignità. E molte ragioni giustificavano questi nostri timori, non ultime la consueta indifferenza dell'Europa, la sfacciata risposta dell'Olanda, e - peggio di tutte - l'incredibile processione penitenziale a bordo della nave di alcuni nostri esponenti politici.
CAROLA RACKETE E GRAZIANO DELRIO
Alla fine la situazione è stata risolta dalla stessa Capitana, che ha dimostrato di non perseguire l'estetizzante decadentismo eroico del Vate, ma una vera e propria azione di forza a costo di rischiare un naufragio.
Così, il consenso che auspicavamo arrivasse alle nostre Istituzioni dal Parlamento e dall'Europa, è arrivato direttamente a Salvini proprio dalla Rackete, che non avrebbe potuto inventarsi espediente migliore per provare al mondo sia le frottole precedentemente diffuse sullo stato dell'imbarcazione (dove «il cuoco di bordo ha distribuito - così abbiamo letto ieri - couscous, zuppa allo zenzero e panzerotti fritti al formaggio») sia le sue reali intenzioni provocatorie e violente.
Qualcuno potrà ora compiacersi perché lo sbarco, alla fine, è avvenuto. Ma d'ora in avanti, con questo precedente, sarà ben difficile che una Ong possa accostarsi alle coste italiane. Così, mentre sembrava impantanato in una situazione senza uscita, Salvini ha trionfato su tutta la linea.
Non così si può dire del Partito Democratico. E questa è la seconda considerazione politica. Questo partito, con l'abile ed efficiente Minniti, aveva dimostrato di aver avuto cervello, coraggio e volontà: Minniti aveva infatti capito benissimo il problema, aveva altrettanto bene scelto la strada della collaborazione con la Libia, e vi aveva dato attuazione con l'encomiabile fermezza di un vecchio comunista. Questo patrimonio non solo di severità, ma di serietà, è stato clamorosamente dissipato con la cerimonia della sfilata dei suoi compagni a bordo della Sea Watch.
Ed è motivo di profonda delusione constatare che, ogniqualvolta questo partito prova ad affrancarsi dal massimalismo grezzo delle sue vecchie utopie, viene inevitabilmente risospinto nella palude dell'irenismo inconcludente e confusionario. Come altrimenti si potrebbe definire questa benevolenza cortigiana verso una comandante che aveva già violato le nostre leggi, e proclamato di volerle ancora violare, quando, fino a pochi mesi prima, si era avallata una strategia completamente diversa?
Possiamo supporre un estremo tentativo di captazione di consensi tra qualche grillino deluso. Ma possiamo anche immaginare la desolazione del povero Minniti, che avrà contemplato, come Geremia nel noto quadro di Rembrandt, la distruzione della sua Gerusalemme mediterranea costruita con tanta abilità e tanta fatica.
LA SINISTRA DISORIENTATA
Concludo. Sarebbe un errore se, ancora una volta, affidassimo alla Magistratura la soluzione di questa vicenda. Carola Rackete è, per principio costituzionale, presunta innocente, come son tutti gli indagati, anche quelli arrestati in flagranza di reato. Gli addebiti saranno specificati solo dopo un'attenta lettura degli atti, e la concomitanza di leggi succedutesi nel tempo può prospettare varie soluzioni. Ma al di là del giudizio penale - dal quale ci auguriamo che la Capitana non esca come una paladina ma nemmeno come una terrorista - resta la perniciosa confusione politica che questa storia ha creato.
LA BARCA DELLA GUARDIA DI FINANZA CHE RISCHIAVA DI ESSERE AFFONDATO DA CAROLA RACKETE
A fronte di un governo che - almeno in questo - ha dimostrato una responsabile unità, sta un'opposizione, ovviamente quella di sinistra, disorientata e sconcertante, che non si accredita come alternativa credibile né oggi né probabilmente domani. La parata dei compagni di Renzi, che un tempo avevano dimostrato moderazione e realismo, è naufragata - come rischiava di naufragare la motovedetta della Finanza - davanti alle sconsiderate manovre di Carola Rackete. E quella che nelle loro intenzioni voleva essere un'operazione di salvataggio, si è convertita in un involontario soccorso a Salvini.
2 - NICOLA QUATRANO "CAROLA È UNA BULLA, SULLA PELLE DEI PROFUGHI"
Vincenzo Iurillo per il “Fatto quotidiano”
È una "toga rossa" in pensione e collabora con l' Osservatorio Internazionale offrendo assistenza legale gratuita ai perseguitati politici e religiosi del Nordafrica. Dunque, Nicola Quatrano non può certo essere tacciato di simpatie salviniane o sentimenti sovranisti. Eppure l'ex pm della Tangentopoli partenopea degli anni '90, non le manda a dire a Carola Rackete, a Sea Watch e a una sinistra che "non capisce niente di quel che sta accadendo e si riduce a fare il tifo pro o contro il personaggio del momento".
Hanno fatto bene ad arrestare la capitana?
In flagranza di reato, l'arresto ci può stare. Dubito che possano ravvisarsi esigenze cautelari che ne consentano la prosecuzione, ma non mi pare che Carola Rackete sia un'eroina.
Pd e sinistra l'hanno difesa, fino a salire sulla Sea Watch.
Da uomo di sinistra dico che è sconfortante l'incapacità della sinistra di proporre un ragionamento sensato sui temi della gestione dei flussi migratori, limitandosi a fare il tifo da stadio pro la capitana e contro Salvini, sulla pelle dei poveri 42 profughi.
Perché la capitana Rackete non è un' eroina?
Premessa: le Ong nella maggior parte dei casi sono organizzazioni che ricevono finanziamenti dai governi. Non è il caso della Sea Watch, della quale mi sono andato a leggere i bilanci. Però tutte le Ong hanno una loro agenda politica ben precisa e la capitana Rackete, in nome della sua Ong, ha deciso come una bulla di imporre l'agenda politica della sua Ong: costringere l'Italia ad accogliere i 42 profughi. Altrimenti non si spiega perché, pur sapendo che il porto di Lampedusa sarebbe stato chiuso per chissà quanto tempo, non si è diretta a Tunisi, in Grecia, in Turchia o in Israele. Nossignore: ha girato intorno all'isola per 14 giorni fino a quando gli eventi in qualche modo non l'avrebbero costretta a entrare in Italia. E anche questo è un reato.
Quale?
Dal punto di vista penalistico, si chiama violenza privata. È il reato che si commette quando si costringe qualcuno a fare qualcosa che non vuole fare. E secondo me dovrebbe rispondere anche di questo davanti al giudice.
Come giudica l' operato del ministro Salvini?
Anche lui si è mosso come un bullo, il capo ultrà di una curva. Al ricatto della capitana ha reagito animando un braccio di ferro, senza capire che un vero statista, come lui pretende di essere e non è, non gioca sulla pelle di 42 profughi e che ci sono ricatti ai quali bisogna cedere, quelli che riguardano la vita delle persone. Un comportamento irresponsabile.
Come invece giudica il comportamento della sinistra?
Non ha capito niente. Se bisogna accettare i ricatti quando in ballo ci sono vite umane, bisogna però chiamare le cose col loro nome. E un ricatto va chiamato ricatto. La sinistra ha sbagliato nell' ergere a ruolo di eroina una ragazza che ha compiuto un ricatto, compatibile con la mission della sua Ong e basta: prendere i profughi e portarli in Italia, e solo in Italia. Lo hanno deciso loro, quelli della Sea Watch, e basta. Contribuendo anche loro a mettere a repentaglio la vita dei 42 profughi.
Nessuno ne esce bene.
Tranne per fortuna i 42 profughi, finalmente al sicuro.
Politicamente chi ne esce meno peggio?
Temo che questa vicenda abbia fatto guadagnare a Salvini molti punti percentuali in più nei consensi.
E perché vanno peggio i tifosi della capitana?
Perché la risposta ai temi complessi della gestione dei flussi migratori non può essere l' accoglienza tout court e basta. Nessun Paese al mondo può dire "venite tutti qui", per la semplice ragione che non è possibile. Bisogna riaprire una vertenza con l' Ue, ridiscutere la redistribuzione dei migranti, e una trattativa seria non si può aprire attraverso ricatti e ricattini, forzando i blocchi tra gli applausi dei parlamentari Pd.
CAROLA RACKETE - MATTEO ORFINI - GRAZIANO DELRIO