Simone Canettieri e Valerio Valentini per “il Foglio”
Tempo scaduto. Il M5s non entrerà nel gruppo dei Socialisti e democratici ( S& D) nel Parlamento europeo in compagnia del Pd. Se ne riparlerà, ma chissà cosa sarà successo nel frattempo, dopo l'elezione del capo dello stato. A fine gennaio, insomma.
Giovedì a Strasburgo sono scaduti i termini per aderire ai nuovi gruppi e ieri sono iniziati, con il metodo D'hondt, i calcoli per assegnare le presidenze delle varie commissioni ai gruppi parlamentari. Alla fine dunque il grande matrimonio europeo in salsa rossogialla non si è visto. Per problemi tecnici, anzitutto.
Il M5s chiedeva di traslocare nel nuovo gruppo con tutto lo staff, ma dal Pd è arrivato un diniego in tal senso. Né sono potute arrivare, dai dem, le garanzie richieste di grillini sul mantenimento di incarichi e rappresentanze, a partire dalla vicepresidenza dell'aula ricoperta da Fabio Massimo Castaldo fino ad arrivare. Si attendeva poi una missione diplomatica di Giuseppe Conte a Bruxelles, e neppure quella c'è stata, per rassicurare gli scettici socialisti spagnoli sui nuovi assetti statutari del M5s.
E poi, forse, hanno pesato anche le recenti ruggini romane. Dal Pd negano e mettono le mani avanti, ma c'è chi dice che il "no" di Giuseppe Conte al collegio dem di Roma Centro abbia in qualche modo raffreddato i rapporti fra il capo politico del M5s e i vertici del Nazareno. E così intanto i grillini rimangono nel limbo dei "non iscritti", dopo aver bussato, a seconda della stagione, un po' a tutte le porte. Trovandole sempre chiuse e perdendo nel frattempo eurodeputati per strada.
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