Ilario Lombardo e Francesco Olivo per www.lastampa.it
Come sempre succede, arriva un punto in cui il silenzio si fa insostenibile e i politici tornano a rilasciare dichiarazioni. Giorgia Meloni ha compreso che sette giorni con la bocca cucita, o sbocconcellando qua e là mezze parole ai microfoni, sono troppi. I vuoti si riempiono comunque. Magari di sospetti, ansie e sussurri velenosi dei suoi alleati, che, come tutti, vogliono capire cosa abbia in mente la futura premier.
giorgia meloni e la madre anna paratore
L’accusano di essere «draghiana», nella forma e nei contenuti, perché si starebbe spendendo per un governo meno politico e più a trazione tecnica, e perché non fa che mantenere la linea dell’esecutivo uscente.
Una ricostruzione che non le piace e che forse è figlia del mutismo imposto a tutto lo staff e agli uomini di fiducia, perché veicolata da Lega e Forza Italia: «Cercare di organizzare una transazione ordinata nel rispetto delle istituzioni – risponde la premier in pectore - è una cosa normale, non è un inciucio». Normale, per Meloni, è sentirsi con Mario Draghi; normale è farlo anche con il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, per discutere di energia e saldare la battaglia sul price cap in Europa.
In realtà, le risposte di Meloni sono frutto del nervosismo che sta dilagando dentro la coalizione di centrodestra. Fuori dalla Camera afferma che non bisogna perdere tempo, che «fare in fretta» è necessario per le scadenze che attendono l’Italia, e che è probabile che alle consultazioni al Quirinale il centrodestra andrà assieme e non diviso. La squadra dei ministri da presentare a Sergio Mattarella però non è completa. Anzi, a sentire i vertici di Lega e FI, la leader di Fratelli d’Italia avrebbe qualche serio problema a incastrare tutte le caselle dei ministeri.
A partire dallo snodo fondamentale. Il Tesoro. Senza un nome all’altezza, in grado di rassicurare il Colle e l’Europa, il governo partirebbe zoppo. L’impasse sul ministero dell’Economia è dovuta al no insistito di Fabio Panetta. Il rappresentante italiano nel board della Banca centrale europea continua a opporre resistenza.
A 63 anni, il suo obiettivo rimane la carica da governatore di Bankitalia, che vedrebbe sfumare se dovesse accettare di guidare il Mef. Da come la descrivono alleati e amici di partito, Meloni è arrivata a sperare in una telefonata di Mattarella: l’unico a cui Panetta non potrebbe dire di no.
giorgia meloni da rinaldi al quirinale
C’è comunque un’ipotesi B, nel caso in cui Panetta s’impuntasse. E non è Domenico Siniscalco, su cui, a quanto pare, la presidente di FdI avrebbe qualche perplessità. Ma Daniele Franco. È il nome che piace a un pezzo di Lega e non dispiace a molti dei meloniani, che pure comprendono la portata simbolica di una riconferma dell’attuale ministro dell’Economia, in senso sia positivo sia negativo.
Avrebbe indubbiamente la forza di tranquillizzare Bruxelles e le cancellerie europee, ma sarebbe anche la prova che Meloni sta di fatto reimpostando il lavoro economico della squadra di Draghi. Il diretto interessato nicchia e fa sapere, pure lui, di non essere disponibile.
Nel futuro governo – è lo schema - sarebbe affiancato da due viceministri politici, con deleghe significative. Uno sarebbe Maurizio Leo, responsabile economico di FdI, l’altro Federico Freni, l’attuale sottosegretario, a cui l’ipotesi – parole sue - «fa venire gli occhi a cuoricino».
Per quanto il calendario imposto dal Quirinale sia molto serrato, è comunque al limite dell’impossibile che per il Consiglio europeo del 20-21 ottobre il nuovo governo abbia già giurato e che possa essere la nuova premier a a dare battaglia sul price cap.
E’ molto probabile che a rappresentare l’Italia al tavolo sarà ancora Draghi. Per questo Meloni tiene a precisare che «non c’è alcuna volontà di creare fratture tra l’attuale governo e quello che verrà» anche se, continuano fonti del suo partito «i documenti che arriveranno a Bruxelles saranno il frutto del lavoro dell’esecutivo ora in carica».
La formazione del governo è ancora un rebus, la dialettica con i partiti sul numero dei tecnici in squadra è accesa. Meloni ha letto le polemiche scatenate da Lega e FI e manda un avvertimento: «Consiglio prudenza, leggo cose surreali che poi dovrei smentire».
Il riferimento è al numero di ministri non politici, che i berlusconiani temono possa arrivare fino a dieci. L’insistere sui tecnici da parte della presidente di FdI, secondo alcune fonti azzurre, potrebbe essere una forma per mettere pressione agli alleati affinché forniscano nomi più adatti a circostanze così difficili.
Un tema che la leader e Salvini potrebbero trattare personalmente già oggi, in un incontro che nessuno conferma ufficialmente, ma che potrebbe tenersi a Roma. Di sicuro c’è che di ministri si parlerà al Consiglio federale della Lega di oggi. Mentre domani Meloni è attesa al direttivo nazionale di FdI.
daniele franco a cernobbio 2 daniele franco a cernobbio 3 il banchiere fabio panetta