1. LIBIA: SCONTRI A SUD TRIPOLI, SI ARRENDONO 34 COMBATTENTI DI HAFTAR. L'ISIS IN AZIONE NEL CENTRO DEL PAESE
La guerra civile di Libia continua a bassa intensità ma senza interruzioni. Il comando delle forze militari del governo di Tripoli ha appena comunicato di aver catturato altri 34 miliziani fedeli al generale Khalifa Haftar. Gli uomini si sono arresi nella zona dell’aeroporto internazionale di Tripoli, a circa 30 chilometri dalla città, dove si combatte ormai da giorni. I soldati del governo dicono di aver catturato anche alcuni mezzi blindati: “Molti erano senza carburante, segnale che i rifornimenti non arrivano e che le milizie di Haftar sono state abbandonate”.
LA SITUAZIONE IN LIBIA - aprile 2019
Su quello stesso aeroporto internazionale (chiuso dal 2014 perché era stato devastato) nella notte uno degli aerei del generale Haftar avrebbe fatto una incursione, segno che la zona sarebbe nelle mani del Governo di Tripoli. Alcuni media libici scrivono che le forze fedeli al governo di Fayez Serraj, e in particolare quelle di “Bunian al Marsis” di Misurata, si stanno preparando per attacchi massicci in diverse direzioni contro le forze del generale Haftar.
Ieri a Tripoli l’aeroporto di Mitiga, l’unico rimasto aperto in questi anni, è stato al centro di un altro bombardamento, con il lancio di due razzi che non hanno fatto nessun danno. Dopo poche ore, i dirigenti dell’aeroporto hanno deciso di riaprirlo, anche se con attività ridotta e nella notte è atterrato un primo volo da Istanbul.
La città oggi si è risvegliata ancora sotto choc per l’attacco di ieri, il primo segnale di guerra all’interno della capitale. Fino ad oggi gli scontri fra le truppe di Serraj e quelle fedeli a Khalifa Haftar si sono svolti sempre lontani dal centro cittadino. Le strade in mattinata sono ancora poco frequentate e le attività commerciali rallentate.
Il presidente Serraj è normalmente al lavoro: ieri pomeriggio ha ricevuto le telefonate di Giuseppe Conte e del presidente francese Emmanuel Macron. Conte e Serraj hanno discusso della situazione nel Paese in questi giorni dopo l’offensiva di Haftar. Il presidente libico ha anche ringraziato l’Italia per non aver ritirato i militari che sono impegnati nelle operazioni di assistenza a Tripoli e Misurata.
Nuova emergenza umanitaria
Le Nazioni Unite hanno comunicato che a causa degli scontri armati di questi giorni ci sono già 3.400 sfollati: l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) scrive che queste 3.400 persone hanno lasciato le loro case a Tariq Al-Matar, Wadi Al-Gharbi, Ain Zara e Qasr Ben Gashir per aree relativamente più sicure di Tripoli, Tarhouna, Bani Waleed e Tajoura. La maggior parte delle famiglie sfollate è ospitata da parenti e conoscenti, mentre circa 25 famiglie hanno raggiunto due rifugi collettivi a Tajoura e Ain Zara. Questo chiarisce anche che per il momento l’esodo da Tripoli non c’è stato, se non la partenza di persone che hanno deciso di lasciare la città a causa dell’incertezza: nelle strade della capitale non ci sono stati ancora scontri armati, né operazioni militari, anche se molti si attendono possibili azioni di gruppi fedeli al generale Haftar che potrebbero essere “cellule dormienti” oppure potrebbero infiltrarsi in città.
Sempre a proposito dei profughi dalle zone di guerra le Nazioni Unite scrivono che “continuiamo a ricevere conferma che la popolazione civile in alcune aree vicine alla linea del fronte non è in grado di scappare a causa dell'intensità dei combattimenti. In alcuni casi, le ostilità impediscono anche ai fornitori di servizi di soccorso di raggiungere la popolazione bisognosa. Le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per una tregua umanitaria temporanea in Libia che permetta il passaggio di civili che desiderano lasciare Tripoli e fornire assistenza umanitaria. Sono invece circa 1400 i rifugiati e migranti nei centri di detenzione, in prossimità delle aree colpite, in Ain Zara, Gharyan e Qasr Ben Gashir”.
Isis in azione al Sud
Un’ultima notizia dal Sud della Libia spiega quali siano i pericoli per il Paese di un nuovo periodo di instabilità che metta in difficoltà il sistema delle forze di sicurezza. Nella notte un gruppo di terroristi dell’Isis ha fatto un’incursione nel villaggio di Al Fuqaha, nel distretto di Kufra, nella Libia centrale. Gli assalitori sono arrivati poco dopo la mezzanotte a bordo di una quindicina di mezzi, hanno assassinato il presidente del Consiglio locale del villaggio mentre dormiva a casa sua.
È stato ucciso anche un altro cittadino che in passato era tenuto in ostaggio dai combattenti ed era stato liberato da alcune milizie affiliate al governo di Tripoli. L’incursione è durata alcune ore, e molte abitazioni sono state date alle fiamme. Una conferma non solo della presenza, ma anche della pericolosità dei gruppi terroristici dello stato Islamico in Libia; dopo essere stati sconfitti a Sirte dalle operazioni militari decise nell’estate del 2016, i militanti dell’Isis si sono dispersi e rifugiati nel Sud della Libia, dove potrebbero comunque riorganizzarsi.
2. HAFTAR BOMBARDA L' AEROPORTO MA SERRAJ NON MOLLA
Gabriele Carrer per “la Verità”
In Libia si combatte per il controllo degli aeroporti. Ieri un cacciabombardiere Mig-21 (un velivolo di fabbricazione sovietica anni Cinquanta) delle forze dell' Esercito nazionale libico guidato da Khalifa Haftar ha colpito con due missili l' aeroporto di Mitiga, a Est di Tripoli, l' unico attualmente operativo nella capitale. È la risposta alla controffensiva lanciata domenica dalle forze fedeli a Fayez Al Serraj che avevano riconquistato l' aeroporto internazionale di Tripoli e costretto alla ritirata dal Sud della della città i militari di Haftar.
L' attacco di ieri rappresenta per le forze della Cirenaica un tassello fondamentale nell' implementazione della «no fly zone» sulla Libia occidentale. Lo scalo di Mitiga è stato infatti evacuato e chiuso immediatamente dopo l' attacco.
L' aviazione dell' Esercito nazionale libico ha cercato più volte di evitare il bombardamento ma non è stato possibile, ha spiegato ieri il capo delle operazioni Mohammad Al Manfour: «I crimini delle milizie ci hanno portati a usare l' unica arma che loro sono in grado di comprendere», ha dichiarato Al Manfour rievocando la promessa di Haftar di sconfiggere il terrorismo, dietro alla quale però si nasconde la volontà di prendere il controllo della capitale. Le forze governative, invece, hanno accusato le autorità di Bengasi di aver colpito un aeroporto civile.
Tuttavia, ciò non corrisponde alla realtà: lo scalo è infatti spesso utilizzato anche come base militare ed è soprattutto il quartier generale delle milizie filogovernative e una prigione militare.
Intanto, il bilancio è salito ad almeno 32 morti e 50 feriti, secondo il ministro della Sanità tripolino Ahmed Omar. Quattordici, invece, le vittime tra le forze Haftar. Più di 2.800 gli sfollati secondo il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per la Libia, Maria Ribeiro.
Sempre ieri Haftar ha incassato un' importante vittoria a livello politico. Ali Al Qatrani, da sempre a lui vicino, si è dimesso da vicepresidente del consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale di Al Serraj, «controllato» a suo dire dalle milizie, per schierarsi al fianco del generale.
Mentre l' Onu continua a chiedere una tregua umanitaria rimbalzata da entrambe le fazioni in campo, Abd Hadi Houweish, ministro degli Esteri del governo di Tobruk (l' esecutivo che appoggia Haftar), ha chiesto il contributo della Russia a una soluzione per l' emergenza in Libia in un' intervista all' agenzia russa Sputnik. Il tutto dopo il mezzo passo indietro degli Stati Uniti. Washington ha infatti temporaneamente ritirato un contingente a sostegno del comando in Africa, offrendo un assist alle forze della Cirenaica.
al serraj haftar giuseppe conte
Per gli Usa è il tempo della politica più che degli eserciti. Ieri il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha chiesto ad Haftar di «fermare immediatamente» l' offensiva contro Tripoli: «Non c' è una soluzione militare al conflitto in Libia», ha spiegato richiamando «tutte le parti coinvolte» alla «responsabilità di ridurre urgentemente la tensione» per «tornare ai negoziati politici mediati dall' inviato Onu, Ghassan Salamé». Il quale potrebbe annunciare già oggi, al massimo domani, il rinvio della conferenza nazionale prevista per il 14 al 16 aprile, a Ghadames.
Non sembra entusiasta dell' avanzata del generale neppure la Francia, sua storica sostenitrice assieme a Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita e accusata da Al Serraj di aver contribuito all' offensiva di Haftar inviando consiglieri militari per coordinare l' attacco.
Per Le Monde Haftar con il suo tentativo sulla capitale libica avrebbe «degradato» il ruolo di Parigi puntando tutto sul via libera saudita e sull' appoggio del gruppo radicale salafita dei madkhalisti.
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L' Italia monitora la situazione in Tripolitania, dove ha, con Eni, i maggiori interessi. «Alcune aziende italiane operative a Tripoli, anche del settore Oil & Gas, sono rientrate» dopo gli scontri, ha spiegato all' Adnkronos il presidente della Camera di commercio italo-libica, Gianfranco Damiano, precisando che invece gli imprenditori italiani a Misurata e Bengasi sono rimasti in Libia. Ieri l' ambasciatore italiano Giuseppe Maria Buccino Grimaldi è stato ricevuto da Al Serraj, che ha espresso apprezzamento per la posizione dell' Italia. Secondo quanto riferito dall' ufficio stampa tripolino, il diplomatico italiano «ha espresso il rifiuto da parte di Roma dell' aggressione che minaccia la vita dei civili».
giuseppe conte incontra fayez al serraj 1
Fondamentale per l' Italia è l' asse con Misurata, dove è presente con un ospedale da campo situato nella base area della città-Stato. Ed è stata smentita la voce circolata nella mattinata di ieri sul ritiro dei circa 200 militari italiani a presidio dell' ospedale misuratino. Fonti della Verità spiegano che si trattava di una possibilità al vaglio della diplomazia italiana ma subito scartata dopo l' intervista rilasciata ieri alla Stampa da Ahmed Maiteeq, vice di Al Serraj in rappresentanza di Misurata (le cui forze si sono rivelate fondamentali per la riconquista di terreno da parte dei governativi), che chiedeva al nostro Paese di «fare di più» contro l' avanzata di Haftar.