Estratto dell’articolo di Sandro de Riccardis e Luca De Vito per “la Repubblica”
«C’è stato un incontro a Doha, nella primavera del 2019, con il ministro Al Marri, Francesco Giorgi, l’algerino (Boudjellal, ndr) e io, Andrea Cozzolino, Lara Comi. Penso che Eva Kaili fosse presente, ma la decisione presa, in termini di denaro per i deputati, includeva anche lei. Al termine, i qatarini hanno deciso di mettere a disposizione per le campagne elettorali dei tre, 250.000 euro ciascuno. Ed è stato fatto».
È il 13 febbraio scorso: l’ex europarlamentare Pd (poi di Articolo 1) Antonio Panzeri ricostruisce con i pm di Bruxelles Michael Claise e Raphael Malagnini la rete di politici a libro paga di Qatar, Marocco e Mauritania. Dove per la prima volta spunta l’eurodeputata di Forza Italia Lara Comi.
Ma Panzeri parla anche dei presunti finanziamenti qatarini per la campagna di Susanna Camusso a leader del sindacato mondiale, e delle presunte pressioni di Kaili sul capo del calcio mondiale, Gianni Infantino, per il problema dei visti. Panzeri ha partecipato all’accordo con cui Cozzolino, Comi e Kaili avrebbero accettato il denaro dal Qatar.
«È importante smentire l’idea che io sia il grande capo. Queste persone accettavano denaro in cambio della tutela degli interessi del Qatar come parte del loro lavoro parlamentare. Si stabilì che Giorgi assumesse il ruolo di assistente di Cozzolino. I soldi sono arrivati a casa sua, un milione e 250mila euro in contanti. C’erano anche 250mila euro per me e per lui».
«Nel 2019 Comi mi ha chiamato chiedendo un favore, se potevo ritirare una borsa dal suo appartamento a Bruxelles e metterla da parte». Panzeri riceve la telefonata a Milano, così chiede all’assistente Giuseppe Meroni di ritirare la borsa.
«Meroni cercava la borsa, che portò con sé».
Panzeri ricorda che poi Comi venne arrestata nell’inchiesta “Mensa dei poveri”. «A seguito della situazione, sono andato da Meroni e abbiamo aperto la borsa. Ho visto dei vestiti e dei libri vuoti all’interno, con contanti tra 60 e 70mila euro, non li ho contati. Quindi ho preso tutto, ho deciso di buttare via i soldi nella spazzatura. Meroni ha visto i soldi ma non ha preso niente».
Panzeri dice di aver parlato con Comi. «Le ho solo detto che i soldi non c’erano più. (...) Sulla borsa, le ho detto che il caso è chiuso e non mi ha chiesto altro. Non so da dove vengano i soldi di questa borsa». L’ex eurodeputato non è quindi in grado di ricostruire se si trattasse di parte dei 250mila euro derivanti dall’accordo col Qatar o di una somma legata ad altre vicende. L’avvocato di Comi, Gian Piero Biancolella, precisa che «Comi non ha mai accettato finanziamenti illeciti per la campagna 2019».
banconote sequestrate a pier antonio panzeri e eva kaili
Nel precedente interrogatorio del 2 febbraio, Panzeri parla dell’amicizia con Abderrahim Atmoun, ambasciatore marocchino a Varsavia. «Nel 2014 mi disse che voleva aiutarmi con la mia campagna elettorale. Suggerì di organizzare una festa alla quale fossero invitati i marocchini autoctoni che avevano votato in Italia». Panzeri racconta di aver affittato ilBlue Note , a Milano, pagato da Atmoun, «circa 50mila euro (...)». Nel 2014, dopo l’elezione, ho ricevuto una forma di Legione d’Onore a Rabat dal re del Marocco. Era la Festa del Trono. Mia figlia era lì».
[…] Il gruppo si occupa anche dell’elezione del presidente dell’Unione globale dei sindacati del 2018. Panzeri ricorda un incontro a Bruxelles. «Eravamo Giorgi, Al Marri, l’algerino e io. Mi è stato chiesto chi fosse l’italiana candidata. Dissi che conoscevo Camusso perché eravamo stati nello stesso sindacato (Cgil, ndr.). Mi dicono che l’avrebbero incontrata volentieri e l’avrebbero aiutata. Ho parlato con lei a Milano e mi dice di essere disponibile per questo incontro, che si è tenuto poche settimane dopo». Non si parlava di soldi ma di aiuti ai sindacati africani e al medio Oriente. «In precedenza, avevamo individuato una cifra di 600mila euro (…) che mi sono stati dati dall’algerino in una borsa e sono una buona parte dei soldi trovati nella mia casa. Poi ho saputo che bastavano solo 50mila. Mi restavano quindi 500mila che ho tenuto».
«Non mi è stato chiesto di supportare il Qatar in nessun modo, né si è parlato mai di denaro - replica Camusso - . So che alcune donazioni sono state ricevute da altri sindacati per le organizzazioni più povere. Non ero coinvolta direttamente e non conosco i dettagli».
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