DAGONOTA
“Matteo Renzi vuole Draghi premier”. Una fonte di “Italia Viva” conferma a Crispian Balmer di Reuters che il senatore semplice di Riad (pardon, Rignano) ha come obiettivo un governo guidato da Super-Mario. “Direi che è una delle nostre proposte”, ha detto la fonte interna al partito di Matteuccio.
Quindi che succede ora? Renzi chiederà a conte le teste di Arcuri, Bonafede, Azzolina, Gualtieri, Catalfo, Casalino e anche Benassi (come scrive oggi Repubblica). E se il “volpino di Palazzo Chigi mantiene il punto, si apre la porta al “governo del Presidente”, con Draghi premier di una maggioranza “Ursula” con Forza Italia e l’appoggio esterno della Lega
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MATTEO RENZI E GIUSEPPE CONTE COME LUKAKU E IBRA
MITO E LEGGENDE DI SUPER MARIO IL DEUS EX MACHINA
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Ma davvero Draghi? Nessuno è in grado di saperlo perché Draghi sta sopra a tutta questa crisi di governo; e per quanto ci si possa sforzare a tirarcelo dentro, egli appare - per natura e vocazione, ma ancor più come percezione - di gran lunga superiore a tutta questa faccenda di consultazioni, giochetti e indispensabili manfrine. Quindi Draghi non c' è; semmai sovrasta, aleggia, incombe. L' ombra di Draghi. Ma tempo verrà... Quando? Chi lo sa.
Nell' immaginario del Palazzo la sua figura appare tanto lontana dalla scena pubblica quanto legata al mistero di una volontà posta più in alto. Così, più che sul convitato di pietra (Moliere, Puskin), la nozione drammaturgica di Mario Draghi può farsi risalire all' antichità classica, ai macchinari di scena della tragedia, soprattutto Euripide, quando da una specie di gru calava sul palcoscenico il Deus ex machina, propedeutico ad ogni ragionevole catarsi.
E poi, senza esagerare, disse un giorno Giorgetti: «Chi glielo fa fare di finire in questo manicomio?». Anche questo argomento ha la sua forza. Eppure. Ha rivelato una volta D' Alema, che da premier l' avrebbe voluto a Mediobanca, il giudizio che ne diede Enrico Cuccia, tanto per restare agli arcani: «È un civil servant», dal che si potrebbe anche pensare...
Draghi, il cui solo nome vale cento punti di spread. Perché c' è sempre il guaio del debito pubblico, ma adesso anche il disastro Covid e il Recovery da pianificare. Draghi, che dove va, ogni occasione diventa più importante; Draghi ubiquo e multifunzionale, una quantità di lauree honoris causa, accademico pontificio, sintesi vivente di creatività italiana, rigore tedesco, understatement britannico; Draghi che Trump prima lo prese di petto, poi dovette fare marcia indietro, «ah, ci servirebbe un Draghi alla Federal Reserve!».
Draghi, che chi parla con lui prende a emanare una luce speciale. Vissuto come mito, a 360 gradi: viaggia in economy e in seconda ferroviaria, si nutre di barrette energetiche, non sente né caldo né freddo (il futuro suocero, temendo non potesse permetterselo, gli voleva comprare un cappotto), si organizza pure il sonno. Amen.
A tal punto irraggiungibile da far sembrare strano che faccia il tifo per la Roma, abbia telefonato per solidarietà a De Laurentiis per Juve-Napoli e si sia impanicato quando un' atletica ex femen e dimostrante anti-Bce con balzo a sorpresa gli atterrò sul tavolo a pochi centimetri dal naso. Sono anni che va avanti questa specie di implicita chiamata che si riverbera in una sorta di predestinazione trascendentale.
Gli impresari del suo coinvolgimento sono, in ordine di precedenza e insistenza, Berlusconi, Renzi e Giorgetti. Il Pd ci starebbe. I cinque stelle, che all' inizio l' avversavano, hanno quasi tutti cambiato idea. Ha suscitato un fracco di risate sui giornali, sui social e anche in chiesa (c' è spassosa video-omelia di un sacerdote sardo), il fatto che dopo aver voluto incontrare Draghi, Di Maio se n' è poi uscito, povero Giggino: «Mi ha fatto un' ottima impressione».
GIANCARLO GIORGETTI MATTEO SALVINI
Ma per dire quali folcloristici orizzonti abbiano lambito il consenso, vale la pena di rivelare che di lui ha parlato bene addirittura il generale Pappalardo, che durante le vacanze se l' è trovato davanti a Città della Pieve e gli ha chiesto: «Posso cominciare a far stampare nuove monete?»; al che Draghi, che probabilmente non lo conosceva o pensava a uno scherzo, gli ha detto sì, certo, faccia pure questa sua lira italica, conquistando in tal modo anche il cuore del capo dei Forconi.
Dice: ma chi l' ha mai eletto? Ecco, al di là della teoria e delle procedure lo sfacelo del presente e l' angoscia di un futuro ancora più spaventoso potrebbero surrogare la mancanza di legittimazione democratica.
Dopo l' esperienza di Mario Monti, sarebbe il definitivo commissariamento e il default di un' intera generazione. E tuttavia, rispetto alla figura e alla vicenda di Monti, Draghi, che non nasce professore ma funzionario dello Stato, appare vantaggiosamente priva di altezzosità accademica; così come, sul piano della gestione, aver pilotato per tanti anni la Bce, trattando con Merkel e respingendo gli attacchi della Bundesbank è qualcosa che rafforza il suo ruolo, o forse la sua missione di deus ex machina.
GIUSEPPE CONTE MARIO MONTI renzi conte
mario draghi al meeting di rimini 5