Maurizio Caprara per il “Corriere della Sera”
Contrassegnato dalla scritta «Riservato» il «Rapporto ispettivo» della Banca d' Italia sulla Banca Privata Finanziaria Spa è dell' aprile 1972. Riguarda controlli eseguiti dal settembre 1971 al marzo successivo, dunque un po' più di un anno prima rispetto a quando Giulio Andreotti avrebbe definito Michele Sindona un «salvatore della lira».
La Banca Privata era uno strumento della finanziaria Fasco di Sindona. Nel suo funzionamento gli ispettori dell' istituto centrale guidato dal governatore Guido Carli rilevavano «gravi e numerose irregolarità». Descrivevano la Banca Privata così: «Il sistema contabile era lacunoso poiché non offriva la possibilità di effettuare controlli concomitanti». Oppure: «Non erano appostate a "sofferenze" tutte le esposizioni verso clienti nei confronti dei quali erano in corso atti di rigore o che versavano in gravi e non transitorie difficoltà economiche». Uno dei dettagli: «Per favorire la clientela era diffuso il ricorso alla emissione di assegni circolari mediante accorgimenti (indicazioni di ordinari di fantasia (...))».
Sono elementi che risaltano tra le 2.300 pagine di atti della commissione parlamentare d' inchiesta sul caso Sindona, attiva al principio degli anni 80, desecretate su indicazione del presidente della Camera Roberto Fico. Da informative, fonogrammi e altri documenti riaffiora un lato dell' Italia da non rimuovere: esistevano nello Stato anticorpi che avrebbero potuto impedire danni prodotti da Sindona, ma non ebbero per tempo né i mezzi né la forza necessari per bloccare quel banchiere abile nello sfruttare vuoti normativi e agganci politici, in particolare nel versante andreottiano della Democrazia cristiana.
Colpisce, tra le carte sul futuro mandante dell' omicidio di Giorgio Ambrosoli, ucciso mentre esplorava la ragnatela degli affari di Sindona, rintracciare comunicazioni sull' estradizione del bancarottiere dagli Stati Uniti firmate da Girolamo Tartaglione nel 1976 e 1977 più un accenno a un' inchiesta di Giovanni Falcone.
Tartaglione e Falcone si occuparono di tanti casi, però in seguito sarebbero stati accomunati da come finirono le rispettive vite: nel sangue. Il primo, direttore generale degli Affari penali nel ministero della Giustizia, fu assassinato nel 1978 dalle Brigate rosse. Il secondo, giudice passato allo stesso ministero, dalla mafia nel 1992.
MICHELE SINDONA AL PROCESSO AMBROSOLI jpeg
Non è detto che documenti liberati dal segreto ribaltino la storia. Ma è bene che nell' Archivio storico della Camera dei deputati siano accessibili queste carte. Uno dei doveri di chi vive nel presente è evitare errori e orrori del passato.
MICHELE SINDONA giovanni falcone fotografato da mimmo chianura GIULIO ANDREOTTI giovanni falcone giovanni falcone paolo borsellino MICHELE SINDONA jpeg CARLO CALVI CON LA MADRE E MICHELE E RINA SINDONA ALLE BAHAMAS ENZO BIAGI E MICHELE SINDONA MICHELE SINDONA