Lorenzo Mottola per ''Libero Quotidiano''
Europeista, siciliana doc, volontaria nei centri per immigrati e componente dell' ufficio pastorale della Diocesi di Ragusa, oltre che collaboratrice di varie associazioni antimafia. È questo un breve ritratto della funzionaria che ha firmato la sanzione della professoressa Rosa Maria Dell' Aria.
Per chi non avesse seguito, parliamo del caso dell' insegnante di Palermo sospesa per due settimane (con paga dimezzata) per aver permesso ai suoi alunni di presentare di fronte a tutta la scuola un lavoro nel quale il decreto Salvini è stato accostato alle leggi razziali. La Lega paragonata al peggior fascismo, insomma. E così è arrivata la punizione, che ha scatenato le proteste di mezza Italia, a partire dal Partito Democratico per arrivare ai più autorevoli commentatori della nostra stampa, sempre più convinti che il Paese stia per finire sotto un regime filonazista.
«Purtroppo non sono autorizzata a parlare e mi spiace, è evidente che in questa vicenda è stata sentita una sola campana», spiega a Libero l' ispettrice, della quale omettiamo il nome per evitare che si ritrovi 2mila lettori del gruppo Espresso sotto le finestre di casa. C' è da chiedersi, tuttavia, come mai una persona così lontana dalle idee politiche del Carroccio, che occupa il suo tempo dando da mangiare gratuitamente ai profughi, sia arrivata a comminare una sanzione che il Pd considera una chiara intimidazione nei confronti di tutti gli insegnanti che non vogliono allinearsi alla linea dei "porti chiusi". La ragione: forse le cose non sono in effetti andate come qualcuno sostiene.
L' INDAGINE
Come già specificato dal ministro dell' Istruzione, Marco Bussetti, non c' è stato alcun contatto tra Roma e l' ufficio regionale che si è occupato del caso. Dopo la proiezione del video nell' istituto, durante un evento organizzato per il giorno della Memoria, sono partite le proteste delle famiglie. E qualcuno ha raccontato la vicenda su internet. Per questo è intervenuto il provveditorato agli studi. L' indagine ha rilevato che la Dell' Aria - come da lei stessa raccontato - ha animato in classe un dibattito che partiva dall' Olocausto per arrivare alle attuali politiche del governo.
Poi ha fatto realizzare dei filmati e apportato delle correzioni al testo di quello incriminato. Infine, avrebbe postato il video sul sito della scuola, come se si trattasse di materiale didattico. Insomma: agli atti che Salvini è come Mussolini. E a questo si aggiunge il fatto che l' insegnante - cui va riconosciuto un carattere di ferro - ha continuato a ripetere urbi et orbi che per lei quel parallelo è assolutamente azzeccato. Peccato che si tratti di una palese diffamazione.
Così l' ispettrice - per quanto cattolica e sicuramente contraria alle politiche migratorie di questo governo - ha ritenuto giusto fare qualcosa.
LE REAZIONI
In tutta Italia, intanto, continua la campagna per trasformare questa vicenda in un caso di Stato. A Palermo un centinaio di studenti ha improvvisato un sit-in di protesta. Il segretario democratico Nicola Zingaretti ha annunciato di aver già raccolto 50mila firme per chiedere l' immediato reintegro della signora. Una lunga serie di docenti ha scritto al ministero chiedendo di essere punito come la collega: «siamo tutti colpevoli».
Il migliore, però, è l' insegnante di Taranto che ha fatto tutto da solo: autosospensione (idea tutto sommato geniale: contesta il governo mettendosi in vacanza. Bisogna prendere appunti).
Ovviamente anche i grillini si sono accodati. Gigino Di Maio ha telefonato alla Dell' Aria e le ha promesso che farà "di tutto per farla tornare al lavoro". Roberto Fico le ha scritto: «Dovevo ringraziarla. Voglio dirle grazie per come è riuscita a fare il suo lavoro, permettendo ai suoi studenti di avere la libertà di elaborare, ragionare e riflettere». Gli unici che davvero vedranno la prof, però, alla fine saranno proprio Salvini e Bussetti: «Vogliamo incontrarla», ha detto ieri il secondo, «e sulla sospensione vedremo. Il ministro non è stato interessato né nell' avvio né nella conclusione dell' iter del caso specifico. Perciò evitiamo accuse di censura perché non hanno fondamento».