Fabio Amendolara per "La Verità"
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Mentre Mimmo Lucano mostrava il petto alla Marcia della pace Perugia-Assisi, dalla requisitoria che il pubblico ministero della Procura di Locri Michele Permunian ha fatto in udienza chiedendo la condanna a 7 anni e 11 mesi per l'ex reuccio di Riace (i giudici poi l'hanno condannato a 13 anni e 2 mesi) saltano fuori alcuni particolari inediti del processo.
L'incipit del magistrato è questo: il progetto Riace «è nato sano [...] e qui non si stigmatizza l'accoglienza bensì il mercimonio che viene fatto in nome dell'accoglienza». Con queste parole il magistrato ha fatto a pezzi tutti coloro i quali si sono smanacciati per difendere quello che qualcuno ancora definisce il Modello Riace.
«Mi sono chiesto qual è il tema chiave, l'elemento che accomuna tutti o quasi i capi d'imputazione», ha spiegato il pm, «e la risposta che mi sono dato è che il problema centrale è il potere che corrompe chi ce l'ha».
E Lucano, secondo il magistrato, «è innegabilmente il primo protagonista di questa vicenda». «Lo Sprar», spiega la toga, «ha come compito quello di emancipare il migrante, insegnandogli la lingua italiana, offrendogli l'educazione civica, dargli assistenza psicologica e la possibilità di entrare nel mondo del lavoro».
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Non come i tanto sbandierati laboratori di Lucano. «Erano lo specchietto per le allodole», spiega il pm, «funzionavano per le personalità, per gli ospiti, per i turisti, ma come si può leggere nelle intercettazioni venivano aperti e chiusi ad hoc».
Il magistrato ricorda una delle intercettazioni, captata nel giorno della visita di un ministro greco: «Fatti vedere che apri il laboratorio per la cioccolata e portati anche la bambina con te». Ma questa non è l'unica telefonata imbarazzante. C'è una telefonata di Fernando Capone, legale rappresentante di Città futura (condannato a 9 anni e 10 mesi), che il pm legge in aula: «Avanzano questi soldi, tu non preoccuparti, vai a comprare una cameretta per te e per i ragazzi».
E quando l'interlocutore chiede «ma si può fare?», Capone risponde: «No che non si può fare, ma che cazzo te ne frega, l'importante è che tu non debba restituire i soldi. Noi lo facciamo sempre».
E il pm riassume in poche parole quello che ha scoperto del Sistema Riace: «Dobbiamo restituire a un certo punto perché non abbiamo speso? Allora fatture false, prestazioni, compriamo qualcosa per noi. Questo è il metodo».
E Lucano, secondo il pm, lo fa «per un tornaconto politico elettorale. La prova? Nelle intercettazioni. Lucano conta i voti: "Dalla famiglia Tornese ci vengono 70-80 voti [...] la Taverniti si fotte i soldi, ma non posso allontanarla perché mi porta 20 voti [...]. A me è la politica che mi tiene"».
Ma probabilmente c'era pure qualche tornaconto economico. Il pm fa riferimento al falso contratto di Capone. «L'idea è quella di pagare Capone quale presidente dell'associazione e di dargli 10.000 euro». Capone dice: «Ma me li date veramente?». Lucano: «Sì, sì, te li diamo e poi ce li restituisci». Poi l'ex sindaco si avvicina a Capone e a bassa voce dice: «4.000 te li tieni tu e l'altra metà ce la ridai a noi».
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E per far crescere il tesoretto scroccato al ministero, il trucco era mantenere i migranti il più a lungo possibile. Come? Taroccando la banca dati delle presenze. La testimone Annalisa Maisto ha detto in udienza: «Noi sapevamo chi entrava ma l'irregolare tenuta della banca dati rendeva impossibile stabilire con certezza l'esatta permanenza».
Sulla distrazione dei fondi, perfino il figlio di Mimmo, Roberto, lo ammonisce in una intercettazione che il pm ricorda in aula: «Ma attento papà, guarda che quei fondi ti sono stati dati per gestire i migranti... sono fondi della Comunità europea».
E sono stati usati perfino per pagare le feste. In particolare i concerti estivi del 2015 e del 2017. Lucano si impegnò a portare a Riace una serie di personalità e si relazionò con tale Maurizio Senese, che è un organizzatore di concerti. Si parla di una cifra di oltre 60.000 euro, di cui solo 20.000 sono stati pagati con un contributo regionale.
Ecco la ricostruzione del pm: «Il comune di Riace non ha fondi per sostenere le spese dei concerti estivi, né ci sono fondi regionali, salvo quei 20.000 euro. Quindi, chi ha pagato questo residuo di 47.000 euro? Il comune no, don Giovanni Coniglio (parroco di Riace, ndr) no, la Regione no. Li ha pagati Lucano? Come? Con i fondi dello Sprar, con i fondi pubblici».
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E dalle intercettazioni «emerge», spiega il pm, «che Lucano teme che gli venga contestata una concussione per questo fatto, ovvero che è andato a fare la questua tra le varie associazioni, chiedendo di contribuire, perché d'altra parte sono feste dell'accoglienza, perché rientrano nel Festival dell'accoglienza, allora voi associazioni che campate con i fondi destinati all'accoglienza dovete contribuire. Chi con 3.000 euro, chi 5.000. Ecco come si crea la provvista con cui poi Lucano paga Senese».
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E Senese ha pagato gli artisti. Dai contratti, infatti, emerge che gli artisti bisognava pagarli in anticipo, con il bonifico che doveva arrivare il giorno prima o, almeno, due ore prima del concerto, altrimenti non si esibiscono. «Roberto Vecchioni si è esibito», ricorda il pm, «i Marvanza si sono esibiti e tutta quella serie di artisti...». Tutti pagati con i fondi dello Sprar. In nome dell'accoglienza.