Fabio Pozzo per "la Stampa"
James Spithill detto Jimmy, freddo e aggressivo, in piena azione mai oltre i 65 battiti cardiaci al minuto, ha festeggiato ieri la sua entrata nell' Olimpo dei timonieri dell' America' s Cup, per numero maggiore di regate vinte nei 170 anni di storia del Match, esclamando un prosaico «Co, boys» che si è sentito nella telecronaca della prima giornata della finalissima tra Emirates Team New Zealand e Luna Rossa Prada Pirelli.
È uno dei pochi termini italiani che il velista australiano ha imparato, essendosi rifiutato di prendere lezioni della nostra lingua e così facendo costringendo il resto dell' equipaggio ad adeguarsi al suo inglese. Idioma, quest' ultimo, forse più efficace nella comunicazione delle manovre in regata tra lui e l' altro timoniere di Luna Rossa,
il palermitano Checco Bruni, che subito dopo l' esclamazione di Jimmy lo si sente complimentarsi con un «I' m proud of you» (sono orgoglioso di te/voi), non si capisce se rivolto allo stesso Spithill per lo sprazzo di italianità o all' equipaggio per la vittoria della gara 2, che ha fermato il punteggio della "prima" dell' America' s Cup sull' 1 a 1, smentendo i pronostici pro Kiwi.
Spithill con 15 vittorie supera di un punto il kiwi Russell Coutts, cinque America' s Cup vinte e di due punti un' altra leggenda, lo statunitense Dennis Conner, quattro coppe vinte. Un traguardo, questo di quota 15, che Jimmy condivide col team di Luna Rossa, che festeggia la prima vittoria della sua storia nell' America' s Cup e con il compagno Bruni, il primo timoniere italiano a vincere una regata del Match, considerato che alla ruota del Moro di Venezia c' era il franco-americano Paul Cayard.
Un campione, Spithill, con una storia tutta da raccontare, e lui l' ha fatto con l' autobiografia 50 nodi (Tea). Classe 1979, nasce a Sydney e deve subito combattere a scuola, dov' è bullizzato per i suoi capelli rossi, le lentiggini e la gamba destra più corta della sinistra. Il rugby, la boxe e poi la vela lo aiutano a difendersi e a trovare una via d' uscita dagli eccessi di droga e alcol.
«Sul campo, in palestra non si facevano discriminazioni. Valeva chi lavorava più duramente e con più determinazione», dice. A nove anni la sua prima barca, condivisa con la sorella Katie, un anno dopo la prima regata: vince e non si ferma più. Poi le gare di match-racing, le regate d' altura, l' esordio nell' America' s Cup nel 2000 con Young America, dove a 19 anni è il più giovane timoniere della storia del trofeo.
Prosegue con Seattle One World, Luna Rossa nel 2007, Oracle Usa con cui vince nel 2010 e nel 2013, quando compie il suo capolavoro, la rimonta più grande dello sport: da 1-8 a 9-8 contro i kiwi. Nel 2017 perde il trofeo sempre con Oracle contro Team New Zealand e ora cerca la rivincita alla sua settima America' s Cup. «È bello essere competitivi, è bello vincere», ha detto ieri dopo la vittoria. Non male per un bambino di cui il medico curante aveva detto «Non credo riuscirà mai nello sport».
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