L’ITALIA DEL CURLING VA ALLE OLIMPIADI: PRIMA STORICA QUALIFICAZIONE DOPO TORINO 2006 (DOVE ERAVAMO DI CASA) – I PRIMI A PORTARE IL CERVOLLOTICO GIOCO IN UNA DIMENSIONE SONO STATI I BEATLES – POI SONO VENUTI JAMES BOND E I SIMPSON E LA MOSSA DEL PINGUINO DI AMENDOLA - RETORNAZ: “NON È UNO SPORT CHE CAPITA PER CASO, LO DEVI CERCARE E AMARE” – VIDEO
Giulia Zonca per la Stampa
Stretti sul ghiaccio di Plzen, in Repubblica Ceca, gli azzurri del curling scivolano dentro la prima Olimpiade conquistata senza inviti. Una partita storica che ricollega la nazionale al 2006: l' anno in cui l' Italia ha scoperto che esisteva uno sport mai considerato prima.
Allora siamo entrati nel tabellone a Cinque Cerchi per diritto dovuto, la legge degli ospiti, dodici anni dopo troviamo un posto fra i migliori dieci per merito acquisito, per la vittoria degli uomini nella gara decisiva del torneo di qualificazione contro la Danimarca: 6-5, negli extra end. Oltre l' ultimo gioco e oltre la paura. Era tutto previsto anche se tutto è diverso.
L' unico punto fermo della nazionale resta Joel Retornaz, ventitreenne con gli occhialini e i capelli a spazzola nel 2006 a Pinerolo (squadra per cui oggi gioca) ed esperto skip con la lunga barba da saggio oggi. La barba è stata pure più folta di così perché Retornaz ha accompagnato la nazionale «per un lungo viaggio». La federazione ha investito e il ct Marco Mariani ha creato una struttura intorno al quartetto. Le donne sono state più sfortunate, hanno perso l' ultimo playoff.
Riferimenti culturali Questi scacchi invernali hanno attirato 5 milioni di italiani davanti alle dirette del febbraio 2006 e continuano a esercitare uno strano fascino sul pubblico. Intermittente eppure deciso, tanto da creare quasi una letteratura di genere.
I primi a portare il cervellotico gioco in una dimensione pop sono stati i Beatles anche se forse tra «stone», la pietra di 18 chili da spingere per fare punteggio, e «stoned», voce del verbo sballare, hanno fatto un po' di confusione. Dopo le scene girate in Austria per «Help»non ricordavano più nulla.
Hanno raccontato che durante le riprese hanno fumato l' impossibile: l' effetto surreale comunque ha funzionato.
Poi c' è stato James Bond e i Simpson, che hanno anticipato il curling misto ormai diventato realtà. Persino un film italiano del 2014, «La mossa del pinguino» di Claudio Amendola, che sfrutta un po' di stereotipi sul tema, ma racconta di quanta sintonia si crea in un quartetto di curling.
Retornaz è rimasto ipnotizzato proprio da questa forza: «Non è uno sport che capita per caso, lo devi cercare e amare.
L' aspetto più difficile è proprio riuscire a praticarlo perché in Italia ci sono rari posti dove ti puoi allenare. Anche noi, in nazionale, abbiamo un solo professionista».
Amos Mosaner, l' uomo che ha segnato il punto decisivo contro la Danimarca è anche un atleta dell' Aeronautica, riceve lo stipendio da un gruppo militare. Il resto del gruppo lavora. Retornaz fa l' imprenditore a Lugano, Simone Gonin, altro elemento del club di Pinerolo, è un tecnico del ghiaccio e Daniele Ferrazza (Club Cembra, come Mosaner) fa il falegname. «Ci si arrangia, anche così siamo diventati una gruppo che può giocarsela con tutti, anche con i più forti».
Cambio di mentalità Non si offendono se qualcuno li paragona a chi si diverte con le bocce: «L' apparente semplicità è uno dei fattori che avvicinano altri mondi al curling, chiunque pensa di poter fare lo stesso nel vialetto di casa. E allora: "Giocate con le pentole a pressione?", "che fate con gli scopettoni?", un po' di sana ironia che aiuta». Invece quanta preparazione serve per andare ai Giochi? «Anni di allenamento, bisogna unire l' astuzia degli scacchisti e tutt' altra forza perché loro muovono un pedone, noi lanciamo un sasso a 40 metri». Per la tattica rivolgersi a Soren Gran, «tecnico svedese che ha cambiato la nostra filosofia: siamo diventati offensivi, non più attendisti». E siamo arrivati alle Olimpiadi. Non resta che preparare i pantaloni colorati come quelli dei norvegesi o magari anche solo sincronizzare le barbe che ci sono già: «Non mi ero neppure accorto che la portiamo tutti. Ora ci si ragiona, quando ci rendiamo conto che si va davvero in Corea». E senza inviti.